Ti vuo’ ben, non v’è bisogno
Ma stanotte ho fatto un sogno...
Mi pareva di esser teco...
a mangiare un bocconcello
e in quel mentre un bambinello:
«Mamma, mamma» e vuol poppar.
Me lo spiccio e a te ritorno...
Ma in quel mentre... il padron viene...
Presto, presto andar conviene
e a digiun convien restar.
ma il mio sogno mi spaventa.
Quando mangio, vuo’ mangiar. (Parte)
che son io che ve l’ha data.
vi saprà mortificar. (Parte)
Gli augelletti in lor favella
si fan noto il loro ardor.
Ci, ci, ciò, passera bella,
ci, ci, ciò, mio dolce amor.
Anche il gregge in sua favella
fa palese il proprio ardor
e l’agnello con l’agnella
Be, be, be, la pecorella,
be, be, be, mio dolce amor.
Anche i polli in lor favella
si fan noto il loro ardor
Co, co, co, la pollastrella,
co, co, de, mio dolce amor.
Ah venite, signorina, (A Lisetta che arriva)
Quegli occhietti, quel sembiante
han ferito il di lui cor. (Accenna Girardino)
(Come! Come!) (Piano a Tolomello)
con le donne siate audace). (Piano a Girardino)
ma ho un pochino di rossor). (Da sé)
Rispondete, graziosina. (A Lisetta)
(Ah nel cor mi sta Merlina). (Da sé)
Rispondete a un vero amor.
Mio signor, le chiedo scusa...
Non conosco... Non son usa...
E non merto un tanto onor.
Eh furbetta! (A Lisetta) Via, parlate (A Girardino)
della piaga e dell’ardor.
Mia signora... Mi perdoni...
Veggio anch’io le sue ragioni...
tutti due vi distruggete.
(Cosa sento!) (Da sé arrivando ed ascoltando)
di svegliarvi avrò l’onor.
degna sposa, amante saggio, (Ironica)
osin pur, si dian coraggio,
che mi unisco anch’io con lor.
(Qual incontro!) (Da sé con passione)
(Ha gelosia). (Da sé con piacere)
Ecco qui la sposa mia. (Accennando Merlina)
(La sua sposa!) (Da sé con passione)
(Fosse vero!... Ma ho timor). (Da sé)
(Voi vedete quel ch’io fo;
vostro amico e protettor). (Piano a Lisetta)
(Obbligata dell’onor). (A Tolomello e seguono a parlar piano)
(Di Lisetta?...) (Piano a Girardino)
Ma voi siete...) (Piano a Merlina)
Tolomello è mentitor). (Piano a Girardino)
Quel contento che ora sento
non può rendersi maggior.
Tutti quattro stiamo uniti;
seguitate i miei consigli;
Bravo, bravo, galantuomo! (A Tolomello)
E che crepi il maggiordomo;
e che schiatti l’impostor.
Bravo, bravo, galantuomo!
Quel contento ch’ora sento
non può rendersi maggior.
Io non son di que’ sguaiati,
che si struggon per le belle,
Il mio bene, il mio tesoro
La bellezza e la ricchezza
non eguaglio e non confondo
e non veggio in tutto il mondo
chi più bello sia di me. (Parte)
Quando levansi dal letto,
prendon tosto per le mani
Vuol Sempronio il primo posto?
Meco Tizio è mal disposto?
E le donne? Hanno le donne
mille baci, mille abbracci
e poi quando se n’è andata:
«Che superba! Che sguaiata!»
E poi lacci senza fin. (Parte)
Voi potreste farvi un merto.
E vi giuro e vi protesto...
Ha lo stesso mio pensier.
Oh che grazia! Oh che bontà!
(Speri pur, se n’avedrà).
Torno a dirvi: «Amante sono». (Eccetera, poi parte)
con le donne a trovar liti?
Guerra in casa e guerra in letto
Ci vuol poco a viver bene,
voler bene e sopportar. (Vuol partire ed incontra Girardino)
Belle Iris, mon espérance, (Verso una)
Mon amour et ma constance
Qui vois-je? Ma Glicère (Verso l’altra)
Sa beauté fut la première
qui d’un trait perça mon coeur.
Pardonnez-moi ce langage; (Verso la prima)
ne me ditez point volage;
j’obéis au dieu d’amour, (A tutte due)
je vous aîme, tour à tour.
in Citera ha avù la cuna,
l’ha nutrio e l’ha arlevà.
Son stà in Franza e son stà in Spagna,
son stà a Londra e in Alemagna
no se trova altro che qua.
Gh’è per tutto de’ vulcani
che fornisse amor d’archetti
ma in Venezia i bei occhietti
xe più forti e meggio i tra.
Son stà in Svezia e son stà in Prussia,
son stà in Grecia e son stà in Russia
non se trova altro che qua.
Oh che grazia! Oh che piacere!
Son qual naufrago nocchiere
che del mar fra l’onde assorto
trova un nume e trova il porto
Non volesse ch’ei restasse...
Converrebbe se n’andasse...
Che disgrazia! Che pietà! (Fingendo compassione)
Che disgrazia! Che pietà!
(Che volponi!) (A Girardino)
(Gente ingrata!) (A Merlina)
Non intendo, non comprendo,
tutto ancora è oscurità. (Con riflessione, con vivacità)
Ma vedremo, scopriremo...
Buona gente, me n’avvedo,
e vorreste, a quel ch’io credo,
se ne andasse via di qua.
Brava, brava, vero, vero.
Ci fa torto un tal pensiero,
Voi non siete buoni a nulla,
Se le piaccion le canzoni,
se le piacciono i buffoni,
il buffon anch’io so far.
Il mio canto accompagnate. (A Merlina)
Ancor noi sappiam cantar.
tirar l’acqua al suo mulino.
Bravi, bravi, viva, viva.
Che si rida e che si goda,
che si passi il tempo in festa.
Cuor allegro e buona testa
Buona testa. (Piano a Fabrizio)
E andar bel bello. (Piano a Tolomello)
E politica. (Piano a Lisetta)
E cervello. (Piano a Tolomello)
(E far quel che s’ha da far). (Fra loro)
Che si rida, che si goda,
che si passi il tempo in festa.
Cuor allegro e buona testa
La padrona è giovinetta...
La cognata non ci bada...
La padrona? È un’agnelletta.
Quel figliuolo? È un colombino;
ma col canto... e il chitarrino...
siam di pasta... Basta, basta...
Io non voglio mormorar. (Parte)
Io ingannarvi? Il ciel mi guardi
da tal colpa e da un tal vizio;
ma Fabrizio... Ma Lisetta...
Che volpone! Che fraschetta!
Maledetto sia quel ma. (Parte)
Ah qual stella sfortunata
se mi resta il vostro amor.
A soffrire anch’io son nata
della sorte i colpi amari
ma i miei danni mi son cari,
se con voi mi guida amor.
Sfortunati! Cieli ingrati!
Che ci pensi il dio d’amor.
Tocca a lui che ci ha legati,
a lui tocca a consigliarci.
A lui tocca a consolarci,
che ci siamo a lui donati.
Non si strugga il nostro cor.
Che ci pensi il dio d’amor.
«Zitto, zitto» egli mi dice
«non temer, sarai felice,
se per guida avrai l’onor».
«Senti, senti» egli favella
«l’innocenza è sempre bella,
Che ci pensi il dio d’amor.
Via parlate, dichiarate. (A Tolomello)
(Che ciascun pensi per sé). (Da sé)
Sì, l’ebb’io, confesso il vero
ma sparmiato ho al forestiero
La mia doppia dov’è andata? (A Tolomello)
Per piacervi l’ho intascata (A Fabrizio)
ma per renderla al padrone,
perché voi siete un volpone
ed io sono un uom d’onor.
Bravo, bravo, si comprende (A Tolomello)
Ed io sono un uom d’onor. (Pavoneggiandosi)
Disgraziato, son piccato. (A Tolomello)
Vada tutto e il ver si scopra.
È tutt’opra di costui (Alla contessa)
quel che accadde a quel meschin.
per il posto e per Merlina? (A Fabrizio)
Chi è l’autor dell’avania (A Tolomello)
con codesta signorina? (Accennando Lisetta)
(Son perduta). Ah mia signora, (Alla contessa)
se a mentir mi son ridotta,
tutti due m’hanno sedotta
Bravi, bravi, viva, viva!
Discoperta è l’innocenza.
Oda ognun la sua sentenza,
sappia ognuno il suo destin.
Grazia, grazia. (Al marchese)
Zitto, zitto; non parlate; (A tutti accennando la marchesina)
tutti quanti allegri state;
se qualcuno è malcontento,
che per base ha la prudenza,
la schiettezza e l’onestà.
presto o tardi alfin si sa.
la schiettezza e l’onestà.