Mi rallegro con voi, donna Lucrezia.
fanno giustizia al merito.
con chi vaga non è né spiritosa.
ch’una all’altra vorria cavar il cuore).
Siete sola così, senza un amante
Io non merto, signor, questi favori.
senza far torto al merito d’alcuna,
non vi mettete in apprension per lei.
di volerla servir, vel dico chiaro,
il signor conte Chicchera è il suo caro.
che non vi serva il conte?
che d’ogni cor posso accettare il dono.
(Ah, se non fosse qui donna Lucrezia,
(Solo procurerò tornar da lei).
(Non ci volea venir; già lo prevedo;
te li voglio levar, te lo prometto).
a madama Lindora. (Si alza)
ch’io bisogno non ho di compagnia.
incontrar non vorrei qualche disgrazia.
Io non son di Lucrezia innamorato.
Anzi al signore Ippolito dabbene.
della grazia di lei può star sicuro?
e se posso arrivar dove desio,
vuo’ principiare a innamorarmi anch’io.
Niuno può sospettar ch’egli ami voi. (Ironico)
so che d’essere amata io non ho merto.
ma dei cuor più gentili il sagrifizio.
offerendovi in don gli affetti miei,
volontieri per voi mi perderei.
Digli ch’ora non posso e se ne vada.
La padrona licenzia il signor conte.
E per chi, poverin, lo manda via?
Sol per amore di vossignoria. (Parte)
(Quanto è scaltra costei!)
quel ch’io faccio, signor, lo fo di core.
(Ah, nel seno aumentar sento l’ardore).
Signora, una parola. (A madama)
Con licenza. (Ad Ippolito accostandosi a Cavallina)
premura ha di partir). (Piano a madama)
Sì, vengo subito. (A Cavallina)
ed è venuto il mio procuratore.
Della vostra bontà sicuro io sono.
Mi farete piacere al maggior segno.
Sì, madama, il mio cor vi lascio in pegno.
Brava; introduci il conte.
Già lo sai; te lo dissi e tel ridico.
Di quanti son non me n’importa un fico.
trattarne cento e non amar veruno. (Parte)
Godo veder languire or quello, or questo.
Ma per innamorarmi è ancora presto. (Conte guardandosi nello specchio, accomodandosi la parucca e facendo poscia una pirolette)
je suì vostre très houmble servitour.
se vi sdegnate di parlar francese
farete mormorar tutto il paese.
Il parlar italiano è buono e bello,
l’intendo meglio e vuo’ parlar con quello.
Madam, tout que vous plaît.
o parlate italiano o andate via.
io vi consiglio a favellar lombardo.
per quel caro visin che mi vuol bene.
Perché ancora nessuno io non amai.
ma la donna talor cangia pensiero.
Ve ne volete andar? Quella è la strada.
Vi prendeste di me spasso e solazzo.
Sì, mi volete ben. (Saltando)
Voglio dir quel ch’io voglio e voi soffrite.
trova aperte le porte in ogni loco;
vuo’ sostenermi e insuperbirmi un poco.
A me si deve dir sempre di sì.
sì, da donna Lucrezia io tornerò.
Dove sarà costui? Gran sofferenza
che mi tocca di usar con questo sciocco!
Vieni subito qui dal tuo padrone.
Vieni, non mi far perder la pazienza.
ch’io mi mostri con lui grato e cortese,
perché principia a favellar francese).
Hanno un gusto i francesi esquisitissimo.
può sperarsi d’aver vino eccellente.
avevo accanto un mostaccin da re.
Ma con licenza di vossignoria
quella bella ragazza è robba mia.
si può facilitare. Alla francese
Dove sei Cavallina? (Chiamando)
(Fammi il piacer. Va’ via). (Piano a Cavallina)
(Per qual ragione?) (Piano a Mantecca)
Vattene e cedi il loco al tuo padrone. (A Mantecca)
Favorisca di darmi il mio salario.
Eh, lasciamo gli scherzi.
Cavallina ha piacer di star con me. (A Mantecca)
Una serva ha da star col servitore.
Ma vi vuole un tantin di discrizione.
So il mio dovere e non v’è male alcuno.
Perché adesso il suo cor non è per te.
ora il no pronunciando ed ora il sì.
Quando è il tempo de sì ritornerò;
e verrò a ritrovarti per la posta.
la grazia e la beltà che in voi risplende
non è degna d’un uom che non intende.
vi vuol felicitar. Il più famoso
cavalier generoso, il più gentile
per voi prova nel sen teneri amori.
Rivolgete lo sguardo al volto mio;
del vostro bello adorator son io.
vi burlate di me; d’una vil serva
un signor sì compito e sì galante
E ovunque la beltà sparge il fulgore
merta rispetto ed in tributo il cuore.
il buon cor di Mantecca ed il suo volto
che l’inutile amor di questo stolto.
con niuna il generoso e per noi donne
una di queste due. O che l’amante
sia liberale, e stitico non sia,
o ci sforzi ad amar per simpatia.
or con questo, or con quello, e passo i giorni
perché dell’avvenir non penso niente.
ogn’anno passa un anno e non vorrei,
restar senza marito e senz’amanti.
Oh signora padrona, in avvenire
che il signor conte Chiccara garbato
è delle mie bellezze innamorato.
e di lui, come va, mi presi gioco.
Ho piacer di saperlo. Quando viene,
mi voglio divertir. Ma tu in avanti
ed uniamoci insieme a disperarlo.
amo più del padrone il servitore.
Che ritorni da me non vedo l’ora.
se ritornato a incomodarvi io sono.
qualche forte ragion vi avrà guidato.
e mi ha fatto la scorta il dio d’amore.
con cui sono testé da voi partito.
in quel bel volto ed in quel core umano.
Qualche volta, signor, si spera invano.
finché mi pare a me lo vuo’ tenere).
Or vedrete s’io l’amo e s’io l’amai.
qualche grato favor conserva ancora
e non teme sdegnar la sua Lindora?
io sdegnata non sono e molto meno
perché siate di nuovo a lei tornato;
cosa mai si può far? Vi vuol pazienza.
Credetemi, di voi posso far senza.
quando poco vi cal dell’amor mio,
farò lo stesso anch’io. Fatemi grazia
di donarmi per sempre il mio congedo.
Volontieri, signor, ve lo concedo.
Grazie a tanta bontà. Fra quei favori,
questo mi piace più. Per ricompensa
vi prometto di voi scordarmi affatto.
farmi volea l’insulto e me l’ha fatto.
Vendicarmi saprò d’un simil tratto.
di perdita sì lieve. Io di Fabrizio
stata amante non sono; e più di lui
per cui serbo nel sen verace amore.
meco non crederei fosse cangiato.
son qui ad adempir. Voi da madama
alterata partiste ed io non ebbi
di servirvi il piacer. Se nel cuor vostro
di qualche inciviltà colpevol sono,
per rispetto e dover chiedo perdono.
Per rispetto e dover? Non avrà parte
nella scusa l’amor? Come! Tacete?
parlatemi sincero; avete in petto
qualche scintilla di novello affetto?
stimassi un’altra bella ed il mio volto
il mio dover non scordarei per voi.
Amor non vuol rispetto; o amar si deve
per genio, per piacere; o inutilmente
si sagrifica il cor. Non m’ingannate,
celando il vero un mentitor voi siete;
compatirvi saprò, se il ver direte.
vincolate il mio cor. Sì, lo confesso;
da novella passion mi scorgo oppresso.
Sì, traditor, sì, mentitor, andate.
sento qualche rimorso. Ma ella istessa
non esigge rispetto e quando s’ama
deesi amare di cor. Non è mia colpa
rese il mio cuore amante e se è delitto
per novella beltà cangiar desio,
ho diviso con cento il fallo mio.
vuol farmi disperar? Non son chi sono,
Son donna anch’io; so quel che far si aspetta.
e vorrebbe venire a favorirla.
Bravo; e chi è il tuo padrone?
solamente in sentirlo. Il mio padrone,
il signor conte Chiccara si chiama.
ed al merito suo vuol sprofondarsi.
di madama Lindora è innamorato.
a dir ben del padron; ma per sua gloria
ma fa il grazioso alla sua serva ancora.
Egli brama anche voi mettere in lista.
Che ho da dire al padron, se mel domanda?
La riverisco. (In atto di partire, poi torna indietro)
divertirsi procura il padron mio,
colla fantesca mi diverto anch’io.
tenga seco costui; non credo niente
delle sue scioccherie. S’ei da me viene,
di madama ho la via di vendicarmi.
Je suis vostre truiss hombre servitore.
Toujour françé noi parleremo insieme.
Sarà la mia parrucca immantecata
Oibò, non posso (Tira fuori il conte varie boccette, vasetti)
è il rimedio miglior contro gli odori.
Delle donne sedar suole i vapori.
Reguardé man parure. I manichetti
Volé vous du tabacc? Râpé d’Olande, (Mostra varie tabacchiere)
bon râpé de Paris. Voilà Siviglia.
da madama Lindora, io vuo’ trattarlo).
fra le labbra madama. Il vostro core
per madama Lindora arde d’amore.
Madame, si vous plaît, je suis pour vous.
Ah, se degna foss’io di tanto onore...
Vi giuro affetto e vi consacro il core.
No, non c’era nessuno e sono entrata.
per fare il mio dover. Da me veniste,
conoscon le mie pari i dover suoi.
strascinato da lei. Vuole che vuole).
(Sì sì, del conte vendicarmi io vo’).
Cara Lindora mia, chi può s’ingegna.
una donna che vi ama e si dispera?
senza voi non può star, che giorno e notte
pena e piange per voi, che ogni momento
e voi così l’abbandonate adesso?
non sapete soffrir? Sol per provarvi,
finse colei che vi vuol bene, allora.
Ma costante il suo cor vi ama e vi adora.
All’affetto primier che non tornate?
(Man fué, je suì confus).
questa giustizia a un vero amor si deve.
Ritornate ad amarla e vi riceve.
ritornar son forzato al primo amore.
E con me voi mancate al primo impegno?
Ite, che siete un cavaliere indegno. (Parte)
Madam, je suis pour vous. (A madama)
e in un punto così voi mi piantate?
Madama non vi vuol, vuol bene a me.
Quella che per voi piange e si dispera
Andate a consolar la Cavallina.
A consolar la cameriera andate.
Dormo? Veglio? Son vivo? O pur son morto?
sono balzato in mar. L’onda m’affoga,
e la terra mi scaglia un monte adosso.
Madama dove andò? Più non la veggio.
fermati, non partir; voglio ammazzarti,
Ah, mi sento stillar tutto in sudore.
in donna corteggiata è l’incostanza.
ma se spada feder, per mi scapato.
Ci ha fatto travestire e travestita
è dessa ancora ed il signor Fabrizio.
Io l’ho fatto per te ma la cagione
di questa mascherata ancor non so.
Io, se la vuoi saper, te la dirò.
non so se per l’amore o per la rabbia
Ella vuol divertirsi. Ha concertato
e lo conducan qui, senza ch’ei sappia
dove venga condotto e dove sia.
Crescere lo faran nella pazzia.
sano ritornerà. Noialtre donne
abbiam l’abilità quando ci pare
di far l’uomo impazzire e risanare.
E me la dice a me questa canzone?
Per le donne impazzir non mi vedranno.
s’una non mi vuol ben, ne cerco un’altra.
terminasse un sì bel divertimento.
(Il cor glielo predice). Io sono avvezza
essere amata senza alcun sospetto.
Ecco il conte bendato a noi sen viene.
Ditelo per pietà. Non si va innanzi?
aimè, non mi lasciate in abbandono.
Mi sciolgono la benda. Oh! Dove sono? (Sciolta la benda, vede le persone incognite e resta meravigliato. Tutti lo salutano con inchini)
star tatesche mi dito e non madame.
Ie star la baronessa d’Oherlafo;
Nix francioso parlar, parlar talian.
Per obbedir fostra singolaria.
Ie star tatesco de Tatescheria.
ho dovuto da voi venir bendato?
Non lo dirò mai più, ve lo prometto.
Domandate a mio fratello.
Vi domando perdon; nol dirò più.
né pietade né amor. So che ho mancato
or che torno da voi mesto e pentito,
con estremo rigor sarò punito.
Lo so perché temete. Alfin vedeste
quale stima di voi facea Lindora.
Lo sdegno mio non è contento ancora.
Signora, il mio padron...
L’ho deriso mai sempre e non amato.
Mi manda il mio padron...
Come comanda. (In atto di partire)
di’ a madama Lindora ch’io mi pento
d’averla vagheggiata un sol momento.
Che le fui sconoscente e che or l’adoro.
con Ippolito mio sdegnata io sono.
Ma che scuso il suo fallo e gli perdono.
Dille la gioia mia. (A Mantecca)
che in dolce amor si convertì lo sdegno.
quel che ha detto di dirvi il mio padrone.
Non mi preme saper quel che dir voglia,
Basta che voi seguite a perdonarmi.
Sul vostro cor ch’ogni bel core avvanza.
certa difficoltà. Voi siete libero,
Quando crediamo noi verrà quel dì?
non lo sapete voi né lo so io.
centomila demoni; ogni momento
per lei tremo e pavento. In questa guisa
un bel sì vuo’ sentire od un bel no.
ma se invano lo spera è pronto a tutto.
Donna Lucrezia ha fatto lo sproposito.
e credo che oramai l’abbia sposato.
Per questo? Ha fatto mal?
un sproposito vero e una pazzia.
io ne avea volontà più assai di lei
ma certi amici miei m’hanno insegnato
principiare bisogna a dir di no.
di dire a voi ed al padrone ancora
cento insolenze e ve lo dico or ora.
pensi venire e rinfacciarmi ardita.
che sospiran per lei la notte e il dì,
io son sposata e madamina è lì».
vuo’ maritarmi anch’io e per avere
meglio del conte Chiccara non c’è.
Voglio star su le mie ma come va;
e lo vuo’ consolar per carità.
Bene obbligato. (Come sopra)
Lucrezia a vagheggiar? Una mia pari
Ah ah ah. (Ridendo e passeggiando)
non si vede piegar). Pazienza! Ingrato
o non sa quant’io l’ami o non lo crede.
Voi mi rimproverate ed io non parlo.
Ed io seguito ancora ad adorarlo.
Sì sì, ho capito. (Come sopra)
Che bell’amore! (Come sopra)
Ah ah ah. (Ridendo e passeggiando)
io le perdonerei). Via madamina
Chi non cura l’amor provi lo sdegno.
per sapere da voi sinceramente
se volete esser mia sicuramente.
Via, mostratevi pur sereno in fronte,
che in questo punto mi ho sposata al conte.
Ah donne, donne, io non vi credo più.
povero disgraziato! Io resto senza.