io son maestra di filosofia
e sostegno che il vacuo non si dia.
perch’io la provo nella mia scarsella.
Io vi dico che gli alberi del sole,
si trovan della Persia in un giardino.
non gli alberi del sol ma della luna.
coll’opinion di genti buone e brave,
che si possa cantar senza la chiave.
che senza chiave non si canta bene.
ed è parente di Bartolomeo.
Io non vuo’ disputar delle nazioni
ma il Tasso sarà figlio del Tassoni.
Per qual ragione siete calefacti?
che variamente l’opinion si prova,
ergo il vacuo si trova o non si trova.
saprete il Tasso di qual patria sia. (A ser Saccente)
E saprete la sua cronologia.
nacque in Bergamo, altrove originato.
son divenuto un uomo letterato.
Leggo libri e volumi a precipizio
e quando voglio ricavar più frutto,
leggo l’indice ancora e imparo tutto.
Oh che caso funesto e doloroso!
l’amor per cui morì Paris e Vienna.
voi non avete a contradirmi. Io sono
una donna che mai non parla invano,
che parla ognor coll’istoria alla mano.
sol per cagion di questo libro io sento!
Per cagion di quel libro?
mi sento intenerir, piango a drittura.
Dunque siete di cor tenero assai.
E se v’intenerite per i morti...
Sarete anco pei vivi intenerita.
(Ferma il braccio, crudele).
È morta Vienna ed è Paris svenato.
Eh, che favole son; sono romanzi.
Che romanzi? Che favole? Ignorante!
e tanto più la verità si stima
quant’ella è scritta coll’ottava rima.
vi scaccierò, se mi contradirete.
La storia è scritta da sincera penna.
Sono due grandi eroi Paris e Vienna.
Son di casa fugiti e mentre l’uno
ammazza uno di loro e l’altro poi...
Basta; alfin sono morti tutti due.
una istoria più bella a’ giorni miei.
e se il core nel sen di carne avete
ascoltate il suo pianto e poi piangete.
e or piangerò con questa bella grazia?
ed ella è piena di filosofia.
basta, se voi volete innamorarla,
che sapiate con arte secondarla.
pazza per i romanzi; e per potere
le istorie di Bertoldo e Cacasenno.
ma sol, come far sogliono i scolari,
ho imparato a giocar i miei denari.
Io di filosofia non ne so punto;
de’ suoi termini ognor m’ho fatto beffe
e dirò dei spropositi a bizeffe.
spropositate pur senza riguardo;
che per troppo studiar han fatto il callo,
dicon spropositacci da cavallo.
Sì, perché all’apparenza il mondo crede.
quando qualche passion li porta via,
mandan da parte la filosofia.
Qualche cosa dirò... Ma qui si appressa
la mia vaga e gentil filosofessa.
Sol per scherzar con voi dissi il contrario.
L’ho studiata. (Non so che cosa sia).
che nasce a poco a poco in mezzo al core,
ch’or ci reca diletto, ora dolore.
(Son filosofo dunque e nol sapevo).
come introdur si può nel nostro cuore?
filosofia più bella. In voi diffuse
(Senza studiar filosofo già sono).
dimostrativa ed esperimentale.
dagli occhi vostri uscito è il dolce ardore
che nel mio seno è diventato amore.
ch’or la filosofia mi dà tormento.
le parole soavi d’Erideno.
Non contradite a quello che dich’io.
Saran tutt’uno il vostro labro e il mio.
Fatelo, che ancor io v’aiuterò.
che non han pane e fan gl’innamorati.
trattar di certe femine curiose
che sono brutte e fanno le graziose.
E pur le donne a me piacciono assai.
Sì ma fate anche voi per noi lo stesso.
Ecco In lode degl’uomini, sonetto.
In lode delle donne anch’io dirò
e i miei versi coi vostri intreccierò.
Tutti sono più bei, se sono uniti?
se in dolce matrimonio ci uniremo.
Oh che gentil poetico pensiero!
se non ho da’ poeti più valenti
una raccolta di componimenti.
questo e quello a pregar segretamente
e che dal nostro talamo fecondo
il terror nascerà di tutto il mondo.
la più bella raccolta è pane e vino,
una moglie di genio e andar bel bello.
Io, che di poesia son invaghita,
non voglio esser unita in matrimonio
se Apollo non invoco in testimonio.
Serva, signor Saccente senza sale.
Eh, se la poesia non possedete,
un virtuoso da dozzina siete.
A parlarmi latin siete venuto?
A me piace il volgare e vi saluto.
del numero, del genere, del caso,
i versi comporrà soltanto a caso.
andate via di qui, signor Saccente.
Fate il pedante e non sapete niente.
Io ne so più di voi. Che? Nol credete?
Perbacco vi vuo’ far meravigliare;
vi voglio in più linguaggi improvvisare.
È un’ignorante e fa la poetessa.
No no, non cambio la filosofessa.
(Anche questa non ha cattiva faccia).
mi resta d’imparar qualche cosetta.
per penetrar del canto in le midolle,
che cosa sia il bequadro ed il bemolle.
siete voi stata a scuola?
Per sei o sette mesi ho solfeggiato.
avete fatto del profitto assai.
Subito virtuosa io diventai.
Non mi faccio pregar; la canterò.
Quell’altra la potete metter via.
Ma di queste signor non so qual sia.
Oh questa è bella! E l’arie voi cantate?
A memoria mi son state insegnate.
Date qui, date qui. Che voce avete?
Cosa siete? Contralta ovver soprana?
ed ognun mi fa applauso, ognun mi loda.
Virtuosa davvero a tutta moda.
Il bemolle non so che cosa sia. (Ser Saccente suona il ritornello su la spinetta)
Ma quei son tre bemoli agli occhi miei.
Che importa a me, se fossero anche sei?
o le regole buone non sapete.
Ma voi stonate maledettamente.
Andate via, che non sapete niente. (Gli leva le carte dal cembalo)
basta che siate ardita ed arrogante. (Parte)
per acquistar di virtuosa il vanto,
si sa che a’ nostri dì non vi vuol tanto.
Un piacere più bel non ebbi mai.
Avete per nessuna amore in petto?
che per la stessa ho qualche amor anch’io.
e lei scelga chi vuol per suo consorte.
io la seconderò con tutto il cuore
farò con essa nella poesia.
Ed io da buon amico opererò.
E poi farò lo stesso anch’io per voi. (Si ritirano)
Son due belle virtù, due bei diletti
Son tutte due gustose in eccellenza.
Non so a quale di lor dar preminenza.
l’uno istorico e l’altro buon poeta,
avendo ciaschedun le virtù sue,
li sposerei, potendo, tutt’e due.
eccovi a’ piedi vostri don Chisciotte.
venite alle mie braccia! E voi chi siete? (A Pegasino)
ammirator di vostra padronanza,
compagno a don Chisciotte, Sancio Panza.
del carattere vero degli eroi.
Son cavaliero errante e son per voi.
se la filosofia davvero amate,
dunque i precetti suoi cauta osservate.
In che credete voi ch’io sia mancante?
che la natura di sé stessa amante
L’uomo e la donna col conubio uniti
della filosofia senton gl’inviti.
poiché filosofia mi scalda il seno.
si vis nubere, disse, nube pari.
E convien ch’Erideno e studi e impari.
che sol per voi, dottissima madama,
arde il mio cor che vi sospira ed ama.
che vi rende padron di questo core.
Siete giovine ancor; studiate. Addio.
mal si unirebbe a un tenero scolaro.
si vis nubere, disse, nube pari.
filosofico ardor m’infiamma il seno.
Oh benedetta la filosofia).
se la fede a serbar non hai imparato.
d’Affrodisia tacciar vuoi l’incostanza?
Già le femine sono in abbondanza.
amor nel di lei seno il mio diletto,
ora frenar non so l’ira nel petto.
Crediate a me che parlovi per pratica,
la femina non est bona grammatica.
Ciascun ne’ studi suoi trova ragione
d’adular, di seguir la sua passione.
allorch’apre coi studi l’intelletto
cerca giustificar il suo difetto.
inflessibil diviene ed ostinata.
colla bella invenzion del don Chisciotte
Un ritratto mi pone in gelosia. (Si ritira)
per il gran Marcantonio si perdeo,
abbi pazienza, caro Tolomeo.
come scrive un istorico vetusto,
ha fatto un non so che su questo gusto.
(Parla di Cleopatra. Non vi è male).
una raccolta di composizioni.
fatti sul stil del Tasso e dell’Ariosto,
del Petrarca, di Dante e del Marini,
con parole da Testi e d’Achillini.
Smorfia pastor? Oh sarà un bravo autore!
se non lo fai, no me n’importa... un corno».
Questo per nozze è un brutto madrigale.
Io ne leggerò dunque uno de’ miei
che dei vostri saran forse più bei.
pastor delle campagne immaginarie
dell’Arcadia dell’isole Canarie».
del caval pegaseo figlio diletto...»
Oh quel «bella e gentil» ci sta pur bene!
che ti possa venir la caccarella».
I nostri amici, ognun coi versi suoi,
con qualche idea poetica sposarmi. (Parte)
qualche idea troverò che buona sia,
per spiegar la poetica pazzia.
esporvi sulle scene? Non sapete
per aver lode o almen compatimento?
Pensate pria d’esporvi a un tal cimento.
non vuo’ la virtù mia resti sepolta.
che se poco ne so non mi confondo.
fatelo con modestia e con giudizio,
se non volete andare in precipizio.
Ma poi vi stancherete di abbadarmi.
Basta andar in cadenza qualche volta.
Già per lo più meno ne sa chi ascolta.
ma natural, composta e disinvolta
e movere le mani una alla volta.
riportatevi a quei che più ne sanno,
perché il troppo voler fa poi del danno.
di voi mi fiderò che siete onesto.
A me preme cantar, non bado al resto.
di proporvi al teatro certamente,
giacché senza di me non si fa niente.
e tutto quel che vi può far del bene,
se occasion di recitar vi viene.
tutto quel vi dirò che dir poss’io.
che farà da matrona e da regina.
di poter sostenerli ancora in casa.
È cosa che fa ridere i capponi
veder le smorfie ed il pavoneggiarsi
con cui crede la bella immortalarsi.
All’armi, all’armi, anch’io voglio provarmi
entro d’un elmo imprigionar il crine,
come un tempo faceano l’eroine.
amor destina colli strali suoi.
Presto all’armi, alle stragi, alla vendetta.
vestito da guerriero? Esser Gazzetta
certamente dovrebbe. All’armi, all’armi;
voglio seco provarmi. (Tira fuori la spada)
Con licenza, (Osservando la spada)
pugnate pure col furor coniuncta,
perché la vostra spada est sine puncta.
«Guerra e morte averai, io non rifiuto
darlati se la cerchi». (Si battono)
«Nostra sventura è ben che qui s’impieghi
tanto valor, dove silenzio il copra.
Ma poiché sorte rea vien che ci nieghi
e lode e testimon degno dell’opra,
pregoti, se fra l’armi han luogo i preghi,
ch’il tuo nome, il tuo stato a me tu scopra,
acciò ch’io sapia, o vinto o vincitore,
chi la mia morte o la vittoria onore».
quel ch’ho per uso di non far palese
ma, chiunque mi sia, tu innanzi vedi
un di que’ duo che la gran torre accese».
«Il tuo dir e il tacer al par mi alletta,
barbaro, discortese, alla vendetta». (Si battono e Melibea cade)
«Amico, hai vinto, io ti perdon, perdona».
passa la bella donna e par che dorma». (Parte)
ma l’eroine placide ed amanti.
più Tancredi non son ma son Rinaldo.
più Clorinda non son ma son Armida.
a me quegl’occhi, onde beata bei,
che son, se tu nol sai, ritratto vero
delle bellezze tue gl’incendi miei».
«Sarò, qual più vorrai, scudiero o scudo».
Vattene, passa il mar, pugna e travaglia».
invasa dal furor di gelosia!
Non so dove mi sia. Povero Orlando!
e l’ho perduto anch’io; ma mi consola
che se pazza son io non sarò sola.
sempre divien più bella. È questa casa,
in cui venuti siam per allegria,
il maggior arsenal della pazzia.
Chi è pazzo criminoso e chi giocondo
e de pazzi diversi è pieno il mondo.
grazie dei vostri generosi inviti.
Eccomi qui disposta a secondarvi
coll’istorico stile e i dolci carmi.
che vi sia stata un’alma più infedele
mi tratta da ignorante e da ragazzo.
Caro Erideno mio, la compatisco.
Ella ha molto saper e molta dote;
se dico il ver, sdegnarvi non vorrei.
Non siete, figliol mio, buono per lei.
e ciò che mi bisogna voi sapete.
siccome ser Saccente mi propose,
nell’accademia delle virtuose.
e la nostra patente vi daremo.
vi ricordate voi di avermi detto:
con qualche idea poetica sposarmi»?
Pazzo voi siete. (A Pegasino)
solo prova per me d’amore il caldo.
Ella è Armida amorosa ed io Rinaldo.
s’io son fra’ vati un inventor valente.
(Spero farà da uomo ser Saccente). (Da sé)
saprò favoleggiar meglio di te.
(Ser Saccente gentil farà per me). (Da sé)
Farò con l’uno e l’altro il matrimonio.
Ed io vi servirò di testimonio.
segua l’union filosofal fra noi?
fa d’uopo che mi dite a chiare note
come voi state di pecunia in dote.
Il filosofo vero odia il denaro.
dal filosofo ancor pecunia amatur;
sine pecunia nihil manducatur.
Ma io ricca non son che di scienza
se piena sono di filosofia.
filosofessa mia, salve, salvete.
Da voi medesma l’incostanza imparo.
che non sa che i principi e fa da maestro.
torneran le mie fiamme per ragione
di magnetica forza e d’attrazione.
Ah barbara! Ah crudele!...
è passato il fenomeno funesto
che mi fe’ delirar. Mi rese cieca
un cristallo convesso di catoprica;
ora ritorno a voi mediante l’optica.
Io non vuo’ essaminar per qual ragione
bastami che ad amarmi ritorniate
e che del vostro amor m’assicuriate.
Spiacemi il paragone e non vorrei,
siccome il sol cambia sovente aspetto,
Affrodisia nel sen cambiasse affetto.
il destin che sovrasta all’amor mio,
e soffrirò qualunque pena in pace.
contendiamo fra noi per una donna
che fra i romanzi e fra le poesie
ha il cervello ripieno di pazzie.
farla lasciar i versi e convertirla.
farla aderire alli consigli miei.
facciam prova di noi chi ha più potere.
A me, per ottener, basta volere.
(No; questa volta vuo’ principiar io). (A Gazzetta)
(Parlano tra di loro; io giocherei
van fra loro tessendo in lode mia).
Pastor, dove ten vai? (A Pegasino)
mi chiamate pastor. Son Pegasino;
avete da lasciar ogni pazzia.
Farò come volete. (Mortificata)
(Eh cosa dite? (Piano a Gazzetta)
Colle donne parlar così conviene).
(Un tantinin di gelosia mi viene).
Quel che vorrete voi vorrò ancor io.
obbedire, gradire e tralasciare
che non hanno a che far niente con noi.
Io farò quel che comandate voi.
(L’avete bravamente superata).
e vel confermerò con un sonetto.
Oh Eliconia schernito! Oh Apollo offeso!
Amico, come va? (A Pegasino)
M’avete inteso? (A Melibea)
vogl’essere obbedito e lo protesto.
In altro signorsì ma non in questo.
che anco le bestie dilettar solea;
delle bestie d’allor più bestia siete.
(Oh come è rassegnata?) (A Pegasino)
che rimedio non c’è. Vi lascio. Addio.
Se siete pazza voi, non lo son io.
ma quando poi mi deggio maritare...
Spero che qualche cosa ottenirò).
Io non curo gli amori o i sdegni suoi,
perché solo, Gazzetta, ardo per voi.
Ed io vostro sarò ma con un patto...
pensar dovremo a proveder la casa.
(Parmi che di far ben sia persuasa).
di quel che indispensabile mi pare.
Vi sarà biancheria, vestiti, argenti,
Leggete. (Gli dà un foglio)
utili, decorose e necessarie.
Semiramide, Ciro ed Ernelinda,
Gare de’ disperati e Rosalinda...»
O che donna economica e prudente!
il Roselli, Marianna e a mano a mano
e spagnole e francesi ed italiane
nel secolo presente e nel passato».
Oh che moglie di garbo! Ed io vi dico
che dovrete curar l’economia
e lasciar dei romanzi la pazzia.
a far quel che faceste sin ad ora,
voi non fate per me, bella signora.
Ma voi pur vi fingeste don Chisciotte
conviene aver quando si prende moglie.
di fare a modo vostro ognor m’impegno.
(D’averla ora mi par tirata a segno).