Le virtuose ridicole, Venezia, Bettinelli, 1752

Vignetta Frontespizio
 SCENA IX
 
 MELIBEA, poi ser SACCENTE
 
 Melibea
 Io, che di poesia son invaghita,
 non voglio esser unita in matrimonio
 se Apollo non invoco in testimonio.
355Ma ecco quel marmotta
 ch’io non posso vedere.
 ser Saccente
                                             Oh, mulier docta!
 Semper optime vale.
 Melibea
 Serva, signor Saccente senza sale.
 ser Saccente
 Come! A voi non è nota
360dunque la virtù mia?
 Melibea
 Eh, se la poesia non possedete,
 un virtuoso da dozzina siete.
 ser Saccente
 Poesis non dat panem.
 Melibea
 A parlarmi latin siete venuto?
365A me piace il volgare e vi saluto.
 ser Saccente
 E come mai può darsi
 che senza prosodia
 si sappia poesia?
 Qui nescit declinationes,
370qui nescit coniugationes,
 qui nescit concordantias
 del numero, del genere, del caso,
 i versi comporrà soltanto a caso.
 Melibea
 Orsù basta così,
375andate via di qui, signor Saccente.
 Fate il pedante e non sapete niente.
 Io ne so più di voi. Che? Nol credete?
 Ora mi sentirete
 qui qui sul vostro viso
380far versi all’improvviso.
 Perbacco vi vuo’ far meravigliare;
 vi voglio in più linguaggi improvvisare.
 
    A Bulogna no s’ dà
 un babbion como a sì vu.
385Tutt’al mond s’accorderà
 che vu siadi un turlulù.
 
    Ed a Napoli, bene mio,
 se ci vai, sarai frustato;
 e managgia chi t’ha figliato.
390Fosse anciso... Fosse ampiso;
 e vattene, vattene deccà.
 
    Via sier alocco, via sier baban.
 Via che ve mando in venezian.
 Dove no digo perché el se sa.
395Via che ve mando de là de Stra. (Parte)