Bella cosa gli è il vedere
spuntar l’alba in sul mattino;
ma se passa il mio Giannino,
fugge l’alba e spunta il sol.
Sorge l’alba e sto a vedere
far il sole il suo cammino
ma dagli occhi di Giannino
vinta è l’alba e vinto è il sol.
Pria ch’io vada al mio lavoro,
deh vedessi il mio tesoro,
deh venisse il mio bel sol.
principiato ho a governarmi,
son tre mesi che non gioco.
Son tre dì ch’io bevo poco,
ho lasciato ogni altro vizio
ci potremo accomodar. (Parte)
era tanto il buon figliuolo.
quell’ingrato mi ha rubato,
perché tutti vuol per sé.
Un’occhiata al mio lavoro.
Un’occhiata al mio tesoro.
Oh che gusto! Oh che piacer!
Sarò in faccia, caro bene.
E vedrò chi va, chi viene.
gelosia non potrò aver. (Parte)
Se al poter d’ignota stella
va soggetto il core umano,
ah resiste il cuore invano
La ragione in noi favella,
di seguirla a noi s’aspetta
ma quell’astro che diletta
la ragion supererà. (Parte)
Questo cuoio è duro duro,
non va ben se non si pesta.
Oh vi fosse qui una testa!
La vorrei assottigliar. (Battendo il cuoio sulla pietra)
Questo ferro è ancora grosso,
Oh vi fosse qui un cervello
da picchiare e da schizzar! (Battendo il ferro sull’incudine)
Per quest’asse, così toste,
questi chiodi non son buoni,
serviriano a conficar. (Battendo sopra d’un chiodo per conficarlo in una tavola)
Per dispetto vo’ picchiar. (Ciascheduno fa il suo lavoro picchiando)
Non le bado, lascio dire,
vo’ seguire a lavorar. (Battendo)
L’amorino graziosino (Seguono tutti a battere come sopra)
Al lavoro vo’ tornar. (Torna a lavorare battendo)
Il moscone a quel boccone
non vedrassi ad attaccar. (Lavorando come sopra)
Co le smanie e coi tormenti
Co le smanie e coi tormenti
Ma poi mangia il pan pentito
son cambiate in bastonate.
Ti ho voluto sempre bene,
te ne voglio piucché mai,
deh non siate sì tiranne,
non usate i vostri incanti
non usando carità. (Parte)
Quando veggo un bel visino
che sentendo la trombetta,
si risveglia il suo valor,
tuppe tappe gli fa il cor. (Parte)
Io non so di voi che fare. (A Bernardo)
E tu dei lasciarla stare. (A Bernardo)
Figlia mia non son per te.
colle donne in compagnia?
Tu l’avrai da far con me. (A Giannino)
Con tuo padre son venuto. (A Rosina)
Bell’esempio che gli date. (A Bernardo)
Ma Giannino ti ha ceduto,
T’ha ceduto, così è. (A Rosina)
Vieni o cara, vien da me.
Senza legge e senza fé. (In atto di partire)
Mi vien male. (Si getta sulla banca)
Cos’è stato? (S’accosta a lui)
Deh soccorri il tuo Giannino.
colle donne in compagnia?
L’Angiolina ha da sposare.
Mi ha la fé da mantenere.
Vecchio pazzo rimbambito.
Temerario, disgraziato. (A Tita)
Oh cospetto! Ad un par mio?
Ammazzare lo vogl’io. (Pone mano ad un’arma)
Vieni avanti. (Mette mano anch’esso)
Insolente. (Si vogliono offendere e sono tenuti)
Gente aiuto, in carità. (Vengono camerieri dell’osteria con bastoni a dividerli)
Hai ragion, ci troveremo.
Via parlate, via pregate, (A Rosina ed Agnolina)
tutto alfin si aggiusterà.
di buon cor vi supplichiamo.
ma per via di queste belle (Accennando i bastoni)
E la pace all’artigiana (Danno a tutti da bere)
Pace, pace e non più guerra
colla grazia e la beltà. (Parte)
Fino ai cento, se non più
Si principia dai quaranta
onde un uom che n’ha settanta
«Quell’è un uom di mezza età». (Parte)
Sì degli altri ne ho sentiti
vanno i pesci a bastonar. (Parte)
Tu lo sai che ti vo’ bene,
Prego il ciel che non ci sia
No, mio caro, non conviene
far l’amore come i gatti,
non son questi i nostri patti.
Sempre in pace si ha da star.
È pur bello il matrimonio,
se non v’entra quel demonio
La mia parte del danaro. (Chiede la borsa)
la porzion che tocca a te?
Vo’ comprare dei merletti,
delle cuffie e dei fioretti.
Pane, pane e non merletti,
pane e vino e non fioretti,
non conviene il far la pazza.
Mastro Tita a voi lo dico
Buon pro faccia al cameriere,
Noi ci siam sposati or ora
e contento è il nostro cor.
Viva viva il vecchiarello,
siamo qui marito e moglie
Cospettone... No non voglio
che consola i petti umani
e nel cor degli artigiani
è più schietto ed è miglior.