s’or io fossi quel bravone,
che fe’ il mondo spaventar.
Signor mio, con sua licenza,
tal follia non so provar.
Cheti un po’, che impertinenza!
Cosa c’è? Mi vuo’ sfogar.
So che corre in campo armato
per l’onore il fier guerriero;
so che solca il buon nocchiero
con la speme audace il mar.
So ch’a un core inamorato
l’ozio è solo d’alimento;
ma pur so ch’a me è tormento,
perché il ben sa dilungar. (Partono)
Non son tanto semplicetta
Or son furba ed or son schieta.
Or modesta ed or svegliata,
or mi fingo appassionata,
per poter qualche merlotto
sempliciotto spiumacchiar.
Fo da dama e da guerriera,
son quietina e son altera,
ora priego ed or minaccio,
D’un novello ardor nel petto
sento il cor tutto avvampar
e m’induce un bel diletto
spesso spesso a sospirar.
ch’io per me capir nol so.
(Se lo crede il sciaccarello).
e riposo in sen non ho. (Parte)
Al valor di mia fortezza,
al chiaror di mia bellezza
Un guerriero, un cavaliero
Più non penso al campo, all’armi
s’io rimiro quell’occhietto...
Pasquariello oimè che ’l petto
Mio tesor... Mio sol... Mio bene...
vorrei dir... ma non so che,
di’ ch’io l’amo, ch’io l’adoro,
ch’ella è sola il mio tesoro,
prendi prendi questa borsa,
che la donna è un diavolino,
«Eh tua moglie è fedelona».
Voi direte: «Quella è buona».
Se colui... Non so che dire.
Essa poi... Sia maledetto.
Sento proprio il mio cervello
che mi pare un mollinello
che girando se ne va. (Parte)
sarà fido a te il mio cuore
e se manco il giusto amore
sfoghi in me sua crudeltà.
Sempre ad onta del rio fatto
sol per te mio bene amato
il mio cuor fedel sarà. (Parte)
Tal funesto e rio pensiero
d’esser bravo e gran campione
Qui leggiamo o non leggiamo?
Abbi flemma, aspetta un po’.
Per tuo amore sento il cuore
che mi balza e batte qui.
Lascia lascia un po’ senti’.
che facciamo vuoi tu dir.
Taci ollà; non tanto ardir.
(Che sciroppo ho da inghiottir).
Leggi un corno, che ti pare?
Questo è il modo di trattare?
Là ti volti e non m’ascolti,
non abbadi ai versi miei.
e non starmi più a secar.
M’hai stordito, non lo sai?
Voglio far quel che mi pare.
Tu che vuoi? Che impertinenza?
S’io ti dico ch’al bel foco
del tuo sguardo avvampo ed ardo,
perché caro prendi a gioco
Non burlar, che un giorno poi
ben farà pentir amor. (Parte)
Come appunto in ciel sereno,
quando il sol ne spunta grato,
ride il fior nel prato ameno,
l’augel canta al bosco, al prato,
scherza il fonte e brilla il mar.
Non temer, son tuo campione,
Idol mio, mia bella Venere
non ricuso andar in cenere
Vanne via, non far più strepito
o ti faccio dare un crepito
o la testa in aria va. (Parte)
Serbar vo’ per quella ingrata,
che ostinata a me fa guerra,
tanto sdegno entro al mio petto
quanto affetto ebbi nel cor.
E per pena al mio rossore
vo’ ch’alberghi nel mio core
ch’alle nubi il volto oscura,
più nel ciel serena e bella
e co’ raggi il sol si vede
Dopo il duol, affanni e pene,
spero anch’io col caro bene
Oh che imbroi int’al cervel
ch’am fa el codiz e Giasson
che n’al pos più suportar.
A v’ho intes, mo sbrighem prest
Il decreto è pronto e lesto,
cum Flaminio»; ah che dicite?
a chi l’ave mo in possesso».
Ferme là; fé errur, adie.
Zi... Zilentium, frustigetur
Parla, parla io scrissi già.
Mo am da dire imbestialis,
mo am infad e am instichis,
decretavi e s’ha da fare,
cheste cosse no se fanno,
siente sie’ ntintì, ntintì.
Io ridebo; ah ah che gusto,
pien di foco artificiale,