Metrica: interrogazione
237 endecasillabi (recitativo) in La cantarina Roma, Puccinelli, 1756 
chiamasi in Inghilterra una pazzia;
fui degli amanti miei nel mio paese;
e da che in Londra a recitare andai
di simil pregiudizio io mi spogliai.
dell’antico amor mio noia averete.
e se saprete far vi sposerò.
Averà della robba e le vuo’ bene!
Qualche cosa soffrir dunque conviene). (Da sé)
                                         La creanza
Non si vien senza fare l’ambasciata.
                                                   E ben, chi siete?
Avvanzate, parlate ed esponete.
del marchese di Capra. Egli mi manda
la vorrebbe venir a riverire.
Ditegli che or non puole. (A Castagna)
                                               Eh, signor no, (A Lorino)
dite al marchese che il riceverò. (A Castagna)
(Eh, che non voglio usare inciviltà). (A Lorino)
Ditegli che è padrone. (A Castagna)
                                           Sì signore
È un signor ricco e se gli parlo io...
                                    L’obbligo mio.
Ma! Signora... madama... c’intendiamo,
ma una man lava l’altra...
                                                Eh, v’ho capito.
con questa frase di lavar le mani?
Ella non ha bisogno di mezzani.
teme che usurpi a lui quel che gli va). (Da sé)
Ehi, zitto, che potrem fare a metà. (A Lorino che mostra adirarsi)
trattamento sì turpe e sì villano?
                         Mi ha dato del mezzano.
                                 Vi prego di restare.
Marito? Non lo sono e non conviene.
Servitor? Non vorrei che mi credesse
Fingere vi potete mio fratello.
non è certo per voi picciol decoro.
Se replicate più su quel ch’io dico,
vi ripudio fratel, vi scaccio amico.
a vedere starò quel che succede!
Per carità; mi raccomando a voi.
Mi piace; e un giorno lo vogl’io sposare;
ma una donna mia pari ha da trattare.
voglio trattarlo alla maniera inglese.
                                       Ossequiosissima. (Sempre inchinandosi)
                        Farà grazia.
                                                In altra stanza
più calda andrem, se si compiace.
                                                               Oibò;
Dov’è madama, vi è per tutto il foco.
scherza il signor marchese gentilissimo. (S’inchina)
Servitor umilissimo. (S’inchina)
                                         Si degna
                                      Mi dispiace
che non sarà da paro suo di lei.
Troppa bontà. (S’inchina)
                             Servitor umilissimo. (S’inchina)
Se vuol così. (Inchinandosi siede)
                          Servitor umilissimo. (S’inchina e siede)
giro l’Italia in questo luogo, in quello;
e d’Italia ho veduto oggi il più bello.
                  Dico davvero.
                                             Molto tempo
Sino ch’io viva io restarei con voi.
Ho libera la man ma non il cuore.
                                         Il vostro viso
Troppo onore, signor. (S’inchina)
                                          Servo umilissimo.
Quando vuol favorir, signor marchese
                                Sarà frequentata
                                     Non signore;
(Principio a creder meno). (Da sé)
                                                   Se voluto
avessi in casa mia conversazione,
                                           Sì certo.
S’ella sapesse esibizion che ho avute?
                                M’han voluto dare
diamanti grossi come noci. Io no;
                                    Brava davvero.
con signori di rango principali.
chi sappia agli occhi miei rendersi grato.
Niuno lo può sperar meglio di lei.
Sono a’ comandi suoi. (Inchinandosi)
                                           Servo umilissimo.
(Eh si va innamorando a quel ch’io vedo). (Da sé)
(Mi piace, a dir il ver, ma non le credo). (Da sé)
(Voglio, se mi vuol ben, darle una prova). (Da sé)
Grazie, signor marchese; oh com’è bello!
de’ grossi come noci, io non ardisco...
E pur dalle sue mani io lo gradisco.
presto ritornerò con un migliore.
(Voglio prima scoprire il di lei cuore). (Da sé)
Tornerà, porterà; ma non saprei...
Si potrebbe pentir da qui a domani.
                                         E lungamente
non potete già dir che ci sia stato.
Vorrei che prima se ne fosse andato.
                                           Eh l’ho veduto.
E per vostra cagion non l’ho voluto.
                  Certo per voi; perché non dite
e non facciate poi meco una lite.
                                       Eh, che c’è male?
Ha detto ed ha voluto far la prova,
che un ditin come il mio non si ritrova. (Viene il paggio colla cioccolata)
Per me la cioccolata? (A madama)
                                         Oh non signore.
Eh si può risparmiar. Portate via. (Al paggio che va via)
ma veggio che con me siete un’ingrata.
fa sì che a me non ne possiate dare,
aiutatemi almen a risparmiare.
Sempre per me non anderà così.
che ricca forse potrò farvi ancora.
Io v’amo adesso e vi amerò più allora;
la grazia di madama cantarina.
che mi tocca soffrir? Soffrir conviene
per la ragione che le voglio bene;
non so de’ fatti miei come l’andasse.
In questa casa sempre gente nuova;
ed aperta la porta ogniun ritrova.
                                          Riverisco.
                                            Non signore.
(Se gli dico di no, se n’anderà). (Da sé)
(Costui non mi vuol dir la verità!) (Da sé)
Mi dir dove madama star andata.
Tar Taifle? Doperar per mio bastone.
(Ora sto ben). Se non lo so davvero.
                                       No, mio signore;
Star amante di lei? Mi dir star quello?
Stare, signore mio, star suo fratello.
                               Se voi parlate
foler ie regalar per cortesia.
col grado ch’io sostegno di germano
alla sorella mia fare il mezzano.
e foler mi pacar con tagliar testa.
Star, madama, per voi, star disarmato.
star generale de cavalleria.
Graziosa! Che foler? (Voltandosi a Lorino che lo guarda)
                                        Non voler niente. (Con timore)
(Ora faccio di lei l’esperimento). (Da sé)
(Molto c’è da sperare). (Da sé)
                                            (Oh che spavento). (Da sé)
ancora è ritirata. Aspetterò,
che un piacere sì bel perder non vuo’.
Voglio che ci prendiamo un po’ di spasso
ha un’arte soprafina. Io l’ho provata;
e una burla gentil le ho preparata.
perché so il fatto mio quanto mi basta;
quelle che vivon di conversazione.
da sostenere un finto personaggio?
Farò quel che comanda il mio padrone.
Frattanto ch’io l’aspetto in queste soglie
da guascon caricato alla francese,
vatti a vestir con qualche strano arnese.
                           Ritornerò e m’impegno
che vedrete, signor, se ho dell’ingegno.
impunemente non si dee così;
                                           Signorsì.
insegnino alle donne che san fare
la convenienza e il modo di trattare.
Dice bene Castagna. È un servitore
ha cervello e ne sa più del padrone.
Eccola ch’ella viene. Vuo’ vedere
quel che fe’ col tedesco e col marchese.
Non mi conoscerà. (Si mette un naso posticcio)
                                     Chi è che mi vuole?
très humble de madam de tu mon cor.
                                       Monsieur Guascon.
Et è ma baronie dan la Burgogne.
Come piace a madam je parleré.
votre rara beltà tre volte bella.
Monsieur votre servan. (Come sopra)
                                             De tu mon cor. (Come sopra)
lasciar ch’egli mi vinca non conviene). (Da sé)
(Affé mi pare di portarmi bene). (Da sé)
                                          Oh non signore,
di venire da me, son sempre sola.
Starò contenta in compagnia con lei.
                       Sì, con monsieur Guascone.
                         (La solita lezione). (Da sé)
Gradirò tutto quel che vien da lei.
le di lei grazie ricusar non so.
Non, attandé; vu doneré un plu gro.
                                           Je doneré
un plu grosse a madam cattre fué.
(S’han tutti uniti a regalar così). (Da sé)
                                  San du; m’impegno.
Mi potrebbe lasciar l’anello in pegno.
                                                    Cande vu plé.
m’hanno profusamente regalata.
m’han donato un anel per ciascheduno;
ma nelle dita non ne tengo alcuno.
esser potrei sicura ma... non so...
Miserabile è ancor. Ci penserò.
                                     Che vuol dire
codesta gravità, Lorino mio?
Metter mi voglio in cerimonie anch’io.
farò a tutti veder la mia braura.
                                               Eh suora mia,
                                   Ne averò fra poco.
Sperate forse guadagnarli al gioco?
un giovine, un ragazzo ancora sono
ma non senza il perché parlo e ragiono.
                                           Ho fino ad ora
sofferto di costoro l’insolenza.
                                        Sì, aspettate,
Eccone la ragione in questo foglio.
                  Date qui. Mi batte il cuore.
delle sue facoltà siete l’erede».
(Ora mi voglio vendicare anch’io). (Da sé)
Or che siete padron, ricco sarete
e la vostra Geltruda or sposarete.
                                   Forse sì.
                                                     Perché?
Vuo’ consigliarmi un poccolin da me.
                                     Me lo ricordo,
che non son mica sordo, e mi sovviene
che mi faceste sospirar ben bene.
del general tedesco e del marchese.
(Fortuna che non sa dell’altro ancora). (Da sé)
che in avvenir non tratterà che voi.
Dell’avvenir ci parleremo poi.
mi avete tormentato fieramente;
ed ora non ne vuo’ saper più niente.
                               Lorino mio
                                               Madama, addio. (In atto di partire)
(Possibile che ei vada!) (Da sé)
                                             (Oh non ho cuore
                                         Che voi Geltruda?
                                       Ci penserò.
che vuol meco passar per ritirata,
le voglio dar un regalin più bello.
Oh della casa. Vi è nessun? Madama.
madamina gentil, bella e cortese.
Serva divota del signor marchese. (S’inchina)
                                     Troppo onore
che vuol fare a una serva il suo signore. (S’inchina)
(Già non vede Lorin, Lorin non sente). (Da sé)
sii dell’altro più bello?
                                          Certamente.
ma non ho cuore di lasciarlo andare). (Da sé)
(È bello, anch’io lo so, ma non per lei...) (Da sé)
(Se tu credi d’averlo, affé sei stolta). (Da sé)
                                             Andrà benissimo.
s’altri ne aveste dai rivali miei.
Se me l’offrisser, li ricuserei.
voglio farmelo dir dall’indovino.
                                   Ben, mi contento.
                                      Eccolo qui.
ve lo darò dopo l’astrologia.
guardatemi la mano. (A Castagna)
                                         Eccomi a lei.
(Parlate in mio favor. Vi donerò
una mancia badial). (Piano a Castagna)
                                        Vi servirò.
Come! Siamo da capo? Oh questa è bella.
Voglio far strologar vostra sorella.
                                      Caro tacete;
forse l’astrologia finirà bene.
                                            A voi, signore. (A Castagna)
il vatticinio dell’astrologia.

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