Metrica: interrogazione
249 endecasillabi (recitativo) in Monsieur Petiton Venezia, Valvasense, [1736] 
perdonate a mué man presontion.
Lei è sempre padron. Sol mi dispiace
che m’ha trovata in abito indecente.
Sans façon, sans façon in tutte mode
m’ha fatt innanzi dì levar dal lett.
Lustrissimo monsiù, che la s’accomodi,
                                       Eh non è tempo
sto signor ha da far i so interessi
perder con vu, signora simunzina.
                                           Eh lei perdoni;
per mia somma disgrazia è mio marito.
Votre marito? Oh mio patrono e amico,
je son votre très humble servitor,
monsieur, votre vallé de tou mon cour.
No so complimentar, vagh alla bona,
se no ghe digh de più la me perdona.
                                       A gh’ vui portar
adess adess a ghe farò el sportella.
Nanì, nanì madam, che diable fatte?
Io, io la prandré. (Portano una sedia per uno e siedono)
                                  Oh non s’incomodi,
Giust ancor quest ghe vorria da nov,
Voi state bien galant man car madama.
Cossa hoia mo da far? S’a resto qua
el complimento pol andar più innanzi.
Quel che comanda lei. Signor Petronio
Che in casa mi no vui de ste ctà.
se veder no volete un precipizio.
A tas perché l’è qui quel forastir
Nanì, nanì madam non date in colra,
Custù l’è un barador senz’alcun dubbi.
Nou jocheron all’hombre, vollé vou?
                                               E bien monsieur
Signor, la me perdona, in sto paies
se in Francia i fa cussì, mi la consei
in Francia de tornar par el so mei.
Che mi ha dite monsieur? Je non antende. (A Graziosa)
                                  (Sia maledetto!)
Non pa, non pa madam, c’et à mué.
Voi siete la metres, voi comandate.
Mi perdoni monsù, so el dover mio;
in casa mia so che non tocca a io.
Che cosa? Una pistolla? Eh lei mi burla.
Une pistolle, un luì d’or, coman
s’appell’an Italì? Un dupple d’or.
lei vuol dir una doppia per partita.
                            Sarà servita.
Oh che diavol sarà! Graziosa oimè.
Tacete, voglio far quel che mi piace.
Il marito prudente osserva e tace.
Coss’hoia fatt a tor sta donna in cà?
la me manda in aruina. Un gran torment
l’è la muir cativa; e no gh’è al mond
anemal più crudel, bestia più fiera.
Senti quel sior che me respond: «L’è vera».
E bien madama vou j’avé gagné.
                                Oibò mi maraviglio,
un’altra volta, poi faremo pace.
Tola, tola, non far la scamoffiosa.
Quando lei vuol così dunque la prendo.
Fin che la va cusì non la va mal.
lei canta meglio d’una serenata.
Madama vollé vou ch’andiamo a spasso?
Mi rincresce ch’io son così spogliata
e che la testa ancor non ho conciata.
Io, io v’abilieré, io, io la tête
la polvere di Cipro e la mantecca,
la scatola dei nei, quella dei fiori,
il fiocco, il cortelin con il buffetto,
l’acqua nanfa, le agucchie e il mio rossetto.
Io, io v’approntré la tabelette,
quest’è de mon peì la vera usanzia.
Sia benedetto pur l’uso di Francia. (Intanto che Petronio canta l’aria monsieur Petiton tira fuori di scarsela tutto il bisogno per la tavoletta)
E che dice votr’om così infierato?
Compatitelo pur, ch’egl’è insensato.
Voi state bella assai ma bella molto.
Oh monsù Petiton lei mi confonde.
le votre belle man je baseré. (Gli baccia la mano)
vou l’usanzia françé no savé pa,
a le madam nou fon tousour com sa. (Viene Lindora)
                                           Che imbroi è quest?
è entrata in casa mia senza creanza.
                                                Son so muggier.
Xe quattr’anni fenii che l’ho sposà
e adesso sto baron m’ha abbandonà.
con vu, con vu che con sta bella rasa
savé tirarve i forestieri in casa.
                                    In casa mia?
no me la fé saltar che squasi squasi...
Via caveve de qua sior papa e tasi.
che de quel che disì mi son a scur.
ch’al crepa con el mal del so paies.
                                  Dico ch’io sono
io non chiamo nessun, nessun ricuso;
della moda civil già questo è l’uso.
                                       Anzi malissimo.
Andemo via de qua, ch’el sior clarissimo
Vu me trompé; et il pa vré monsieur?
che col so chiachiarar la m’ha stuffà.
Voleu fenirla e vegnir via, dixé?
Monsiù vostra servan. (A monsieur Petiton)
                                           Votre vallé. (A Graziosa)
Monsiù vostra servan. (A monsieur Petiton)
                                           Votre vallé. (A Graziosa)
Oh poveretta mi, l’ho fatta grossa!
perché nol ghe n’ha altre el resta in letto.
e in casa, se ghe n’è, farina zala.
Oh quante volte l’apparenza inganna.
le vede un pareggin vestio all’usanza
e po doppo le magna el pan pentio.
Come sarave a dir? Che! M’aveu tolto
                                           E chi volete
l’intrae no se consuma al zogo e al ballo,
tante conversazion no se frequenta
se pol farse servir e no se stenta.
senzia conversation viver potrebbe?
Vivo pur anca mi! Son pur de pelle
                        L’è ver ma siete nata
Oh che gran nobiltà! No se sa ancora
chi sié, dove sié nato e gh’ho paura
ch’el vostro capital sia la fegura.
sentite mio parlar, mia bella grazia,
mia virtù, mia belté; da tutte queste
voi parlate for bien: «Ghe n’ho magnao».
che no pronunzia mai parole schiette,
fin alla testa ghe dixé la tette.
une donne de vou più male grazie!
da far altro che inchini e che scamofie
suspirar per l’amor e per la fame.
Orsù stuffe je son de votre chiacole,
e in casa tornerò de mio sior pare.
                                        Eh che deboto
che no ve voggio dir el vostro nome,
se me faré saltar la mosca al naso...
Ch’es che volé vu dir? Oh sciarne diable,
sciarneblò, cher mon cour tutt’è infierato,
je prandré un baston... (In questo Graziosa) Madam, madame,
                                         Lei mi perdoni
se con soverchio ardir qui son venuta.
                                     Toco de sporco
                                      Son alterata
                                   L’è instizzada,
no gh’avé mandà a casa la sportella.
                                    Non sono stanca.
                                         Con mi?
                                                           Sicuro,
voi mi rendiate conto del mal detto.
Vegnir a far da brava in casa mia!
                            Son una... Seguite,
                                     Nanì madame.
                                  Non strapazzate.
                                            Eh perdonate.
                                          Voglio ammazzarti. (S’attaccano, monsieur Petiton busca)
Oh diable che sarà! Ma tutt’il male
                                     Tiò su...
                                                      Ricevi...
Via s’ett assé; voi mi maccate il grugno.
Che diavol de rumor! Ma cossa vedi!
Me muir dal frances! Menar le man!
                                    Oibò fermeu, (A Graziosa)
A tempo sé vegnù, via sior Petronio
castighé la muggier, no la gh’ha inzegno.
Senz’aver discrezion doperé un legno.
                                         Un legn? Adasi,
s’ogni marì ch’ha la muier cativa
usa qualche prudenza; osserva e tas.
lassé che la muggier fazza a so modo?
Vualtre femene a sì tante bestiole
che no vul supportar fren né cavezza,
sol a ve pol dumar qualche carezza.
ve la giusté sui dei colla muggier
mi no voi far cussì con mio mario.
                                   Voi non sapete
                                  Oh bielle mode
                                    Come s’intende?
chi sa ch’a no me vegna int’al pensir
l’impegno a me del loro disinganno.
usa qualche finezza a un pariggino?
Forse ch’ella di lui sia innamorata?
                                        Purtroppo è vera.
È un miracol trovar donna sincera.
il pretesto troviam per impiantarli.
supposte malatie, sospiri e pianti
sono con i merlotti i nostri incanti.
                                     E infin a tanto
che il cicisbeo vuol far a modo nostro
la guardia ci vuol far di notte e giorno
con bizzaria se lo leviam d’attorno.
Eh je credo madam che voi per gioco
ditte questo; però de man persona
Monsieur Petronio pardoné, vu prego,
                                    Povero scioco!
Pensate voi col perucchin cipriato,
colle vostre scamoffie e i vostri vezzi
obligarmi ad amarvi? Eh v’ingannate,
stomaccata già sono, ite in malora.
                                        Parlo con voi.
Se volete creppar poco m’importa.
Scarne diable diablon, scarne cotton.
                                        Uh miserable.
                                             Più non v’ascolto,
vi derisi finor, siete uno stolto.
stolt’a mué? Dir bien, stolto io sono
lusinghiera infedel, mal costumata.
                                          Vostro merto
je souì tutte per vu. (A Lindora)
                                       Certo seguro!
Adesso che culia v’ha minchionà
ve voggio maltrattar senza pietà.
Monsù, quest al è un mal ch’a ’l meritè.

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