Metrica: interrogazione
517 endecasillabi (recitativo) in I volponi Venezia, Zatta, 1794 
              So il mio dover. Vedrà qual zelo,
qual ardor, qual premura... Al solo annunzio
di giubbilo mi sento il cor ripieno.
(Ma volentieri ne farei di meno). (Parte)
Maggiordomo, che dite, che pensate
della sposa che ho scelto?
                                               Oh mio signore,
scegliere non potea sposa migliore.
                                            Eh, ciò non preme;
quanto giovine è più, fia più innocente.
(Meglio per me, se sa poco o niente).
si trovasse Lavinia mia germana.
M’ha promesso venire e non la veggio;
era indisposta e dubito stia peggio.
(Ci mancherebbe affé, per compir l’opra,
                                             Un uomo apposta
miglior di quel che licenziar dovetti,
                                       Oh mio signore,
io sono al suo servigio e mi fa onore.
(Un impiccio di più; ma non importa,
so che i travagli miei non saran vani
e pagarmi saprò con le mie mani).
Oggi da me la marchesina aspettasi
e voi, che foste di tai nozze pronuba,
la sposa, voi, non guiderete al talamo?»
di lontano il corrier che della dama
precede e annunzia il non lontano arrivo.
Presto, presto finiam. «Deh! Se il permettono
i sofferti da voi leggieri incomodi...»
(Fabrizio, maggiordomo e segretario?
Sarà sempre più fiero ed orgoglioso).
(Guardami Tolomello... invidioso!)
«Incomodi». (Ripetendo)
                           «Venite, ve ne supplico;
aumentate il piacer che il core inondami».
                                         Giorno felice
di mia felicità. Che a tutto sia
provveduto a dover. Voi, maggiordomo,
dirigete, ordinate. In voi confido.
Volo dove mi chiama il dio Cupido.
Intendeste il padron? Via, che ognun vada
                                    Sì, mio signore.
che dagli ordini suoi dipender voglio.
(Spero non durerà quel folle orgoglio).
(Tolomello m’incanta. Io nol credeva
                                     Continuate (A Tolomello)
ad avere per me tai sentimenti.
Forse un giorno... Chi sa? Siete ancor giovine.
(Ti conosco, briccon, ma non ti temo). (Parte)
del maggiordomo ritornato amico.
nato nel fango e a forza d’impostura
giunto a far lo smargiasso ed il padrone!
Vorrei vederlo fuori d’un cannone.
                                                Eh scioccherella,
tu se’ giovane ancora; ma col tempo,
co’ maestri vivendo veterani,
lo stile apprenderai de’ cortigiani.
L’arte è lunga ed ancor non la so tutta;
il poter di far male e di far bene,
l’avversion che ho per lui celar conviene.
                            L’abborro.
                                                  E seco fingi?...
Fingo, di lui mi burlo e lo secondo.
Va’, tu farai de’ gran progressi al mondo.
Il mio amor tu lo sai. (Guardandolo con tenerezza)
                                         Posso esser certo?
quando unita all’amore è la fortuna.
Brava, brava! Capisco e siam d’accordo.
Anch’io ti sposerò, se non ritrovo
occasione miglior... Ma chi è colui
che domanda di entrar? Venga, signore.
                                          Per servirla.
Cameriere d’onor, per ubbidirla.
                                          (Qualche spiantato
                                            C’è il suo padrone?
                            Nol merita il mio stato.
                                             (Quant’è garbato!)
gente onesta, sincera e di buon core.
se servirla poss’io, non mi risparmi
(Vorrei pure saper che cosa vuole!)
Poich’ella si esibisce...
                                          Sì, signore,
Utile in qualche cosa esserle io spero;
e si fidi di me, son uom sincero.
(Ti ringrazio, fortuna. Ho ritrovato
alfine un galantuom). Le mie vicende...
Vicende! (Con riso affettato)
                    Sì, signor.
                                         (Principiam male).
                                           Bravo! È venuto
Le nozze del padrone... Favorisca,
                                              Bramerei,
presso la dama o presso il cavaliere,
posto di segretario o di scudiere.
Segretario o scudier! Bravo, bravissimo.
(Due posti ch’io sospiro). Lasci fare.
                                              Se la cosa
Ho lettere, attestati e protezioni.
                                    Mi meraviglio.
Vedo che con bontà mi favorisce,
(Non mi conosce ancor. Vedrà chi sono).
Vada e torni domani e saprà tutto;
per la sorella del signor marchese.
Per la contessa?... No, non la presenti.
È un poco pazzarella ed il padrone
                                  Raccomandato
sono con un biglietto al maggiordomo...
gli parlerò io stesso ma si guardi
a parlargli da sé. So quel che io dico;
son uom di corte e di riuscir confido;
                              Di lei mi fido.
vede il padron, la dama o il maggiordomo,
che di farle del ben la cura è mia.
Che degno galantuom! Che uom da bene!
amicizia di cuor meco ha contratta.
Contento i’ son. La mia fortuna è fatta.
                                        Come! Merlina?
in qualità di governante.
                                               Oh quanto
ch’eravate bambina e vi amo ancora.
che di Milano vi partiste e sento
che conservo per voi l’affetto istesso.
Ma come in questo loco?...
                                                 Avremo il tempo
delle nostre avventure il corso intero.
                                             Almen lo spero.
                                     Il camerier d’onore.
Cameriere d’onor? Chi? Tolomello? (Ridendo)
                                     Senz’altro è quello. (Ridendo)
                                 Sì... Ma egli stesso (Guardando fra le scene)
non voglio che mi vedano con voi.
Ci parleremo poi. Per or vi lascio
fidatevi di tutti e di nessuno. (Parte)
Oh mi ha posto una pulce nell’orecchio...
Vado incontro al padrone. Ecco la nota
del vin che vi consegno e se vi manca
(Colui non è partito). (Osservando Girardino)
                                          E se ne avvanza...
(Che diancine dirò?) (Da sé)
                                         Che vuol? Chi cerca?
                               (Servir? Non mi dispiace.
Qualche cosa di buon si scopre in lui). (A Tolomello)
(Sarà sempre migliore di costui). (Da sé)
                                         (Se, per esempio,
Ch’egli aspiri credete?... (Piano a Tolomello)
                                               (Io vi consiglio
                                       (Come?)
                                                          (Egli chiede
impiego in questa casa o qualche aiuto
                                              (È un birbantaccio.
                                         (Ha qualche lettera
                                         (Mi par che trovi
delle difficoltà). (Da sé con timore)
                                (Di liberarmene
Dategli questa doppia e che sen vada).
(Bravo! Se n’anderà). (Piano a Fabrizio e s’accosta a Girardino)
                                          (Non voglio in casa
faccie nuove e sospette). (Da sé)
                                               (Avete udito?) (Piano a Girardino)
                                        (Siete servito). (Mettendosi in tasca la doppia)
e un amico di più vi ho procurato).
                                        (Partir potete
                                    (Vuo’ ringraziare
                                              (No, non serve).
Vi ringrazia... (A Fabrizio perché Girardino non parli)
                            Non vuo’ ringraziamenti. (Parte)
                                           Lasciate almeno
Inutile fatica. Andate via. (Vuol farlo sortire)
ma talor la coscienza mi rimorde.
Ecco il padron, la sposa e la germana.
Non vorrei che colui... Convien badare
e trovare la via di farlo andare. (Parte)
di quest’albergo e del mio cor.
                                                        Vorrei (Timida)
tutti i pensieri miei spiegarvi appieno...
Basta. Vi dirà il resto questa sera. (Al marchese)
parlano gli occhi vostri!... (Alla marchesina)
                                                Orsù, noi siamo
se non vuol davantaggio affaticarci,
permetterà che andiamo a ritirarci.
Germana, almen lasciate...
                                                  Poverino!
Temete che vi scappi? Eccola qui;
Lasciate che riposi e riflettete
chi va piano va sano e va lontano.
È cara, è deliziosa. Io l’amo tanto...
Non amo altri che lei. (Ridente)
                                          Lei sola amate? (Un po’ sospeso)
dee i confini passar del nostro sesso.
                 Bella domanda!
                                                (La contessa
m’imbroglia e mi confonde). (Da sé)
                                                       Il vostro sposo
ora dovete amar. (La marchesina abbassa gli occhi per modestia) A monte a monte
Non mi amerete voi? (Con passione)
                                          Con tutto il core. (Guardando il marchese con espressione; indi parte correndo, facendo rimarcare l’imbarazzo della modestia)
Seguitela, servitela. Ciascuno (Ai servitori)
badi di non mancar. (Bella innocenza!)
Ebben, siete contento? Vi ho trovato
                                  Non so abbastanza
                                           Voi l’amate?...
Dal primo dì che la mirai, m’accesi
del suo volto egualmente e del suo cuore.
Ma quanto durerà codesto amore?
conosco il mondo e sono moglie anch’io.
ella è il vostro bel sole, è il vostro nume;
ma degli uomini so qual è il costume.
                                        Signor, permette
ch’io faccia il mio dover? (Gli vuol baciar la mano)
                                                Vedeste ancora
                             No signor.
                                                  Merlina. (Chiama)
                                              Della sposa
                                        Me l’immagino
La raccomando a voi. Siatele amica. (Parte)
(Se non mi parla, io non le guardo in faccia).
Serva, signora mia. (Con sostegno)
                                      Posso servirla?
(Che sciocca affettazion!)
                                                (Fa la signora).
                          Lisetta.
                                          È molto tempo
l’ha allattata e allevata. La padrona,
m’ama come s’io fossi sua sorella.
(Che ti venga la rabbia!) Favorisca,
vuol mangiar sola o in compagnia?
                                                                Non so,
a tavola con gli altri io non ci sto.
la vorran forse a tavola con loro.
de’ padroni a burlar la favorita.
e meco far la dottoressa ardisce?
fuori di questa casa od essa od io.
                                 Non lo so.
                                                     Mi fa piacere.
Forse ricanterà. Stiamo a vedere.
                                     Per ubbidirla...
ho l’onor di parlar? (Con timidezza e rispetto)
                                      Che il vostro spirto (Con allegria)
Siam forestier, siam forestier noi pure.
(Non gli diam soggezione). (Piano al marchese)
                                                    (Oimè! Respiro.
Il padrone temea). (Da sé)
                                     (Lavinia ammiro). (Alla marchesa ridendo)
Fate che canti ancor. (Piano alla contessa)
                                        Via, seguitate.
                                        No no, cantate. (Sopraggiunge Tolomello e resta indietro con dispetto maravigliandosi)
(Son confuso... stordito... Oh che accidente!) (Da sé lontano)
                                           (Ci vuol politica.
La contessa e il padron son per costui.
Farsi merto convien presso di lui). (Da sé)
Signore, i contadin, le villanelle,
in segno di rispetto e d’esultanza,
son qui venuti e intrecciano una danza.
A ballar, a ballar. (Parte correndo e saltando)
                                  Vi seguo anch’io. (Parte velocemente)
parleranno di me). (Allegro e contento)
                                      Ah, che ne dite? (In aria ridente)
                                   Come?
                                                   Al padrone
                                 Dov’è il padrone?
Non vi ha inteso e lodato?
                                                 Chi?
                                                             Il padrone.
Frutto dell’amicizia e del mio zelo.
Oh amico! Oh amico mio... Ma mi hanno detto
per veder, per sentire e esaminarvi.
ne’ misteri più occulti e imparerete.
Stiamo uniti e d’accordo e non temete.
                    Amicizia.
                                        E soda.
                                                        E vera.
secondatemi bene e siate ardito.
Animo, camerata. Adesso è il tempo
di pigliar la fortuna per lo ciuffo
e condurla e fissarla. I gran signori
aman le novità, fan festa a tutto
e malgrado lo spirto ed il talento,
tutto perde chi perde il buon momento.
Io mi ripporto a voi; ditemi voi
quello ch’io deggio far.
                                           Prima di tutto
convien che fra di noi pensiamo al modo
                                         Mi spiacerebbe
                                    Con questi scrupoli
non sperate avvanzar. Ciascun pensare
O Fabrizio perisca o periam noi.
Non capisco... Non so... Che stile è questo!
a far fortuna e a migliorar suo stato.
Non si pensa così dov’io son nato.
Lisetta ha dello spirto e a voi unita
                                   Posso parlarvi
                                        Non dubitate.
                                     Cosa importa?
mi credete per questo innamorato?
io non faccio l’amor che alla fortuna.
                                       Comandate,
siamo amici e dobbiamo esser sinceri.
                                     Volentieri.
Se Merlina vi piace e vi diletta,
Fo caso dell’astuzia e non del sesso.
Dove mai son venuto? A questo prezzo
la fortuna cercar non sono avvezzo.
                                      Anch’io bramava
                         Non è dunque vero
                           No certo. Tolomello
posto mi aveva nel più grande imbroglio...
Ma se voi mi volete, altra non voglio.
Sa ch’io v’amo e vi cede.
                                              Oh maledetto!
vi amo ancora e ho per voi la stessa stima;
ma voleva a piantarlo esser la prima.
che piaccia ancor a voi politicare.
Chi convive col lupo apprende a urlare.
(Girardin con Merlina?) (Da sé)
                                               (Anderò via). (Piano a Merlina)
(Che parlan fra di lor?) (Da sé)
                                             Venga, signora,
noi non abbiam timor né soggezione.
Soggezione! Timor! Pare, a sentirla,
                                        Chi sa? Può darsi...
Son pressato d’andar... (A Lisetta)
                                            Povero pazzo!
non dipendo da lei ma da Merlina?»
Il mio resto m’aspetto).
                                             Sì, signora.
la sposa abbia diritto. Ha forse a lei
Girardino la fé, l’amor giurato?
Io... (mentitore!) io non ci ho mai pensato.
Povero Girardino, mi dispiace
                                        I suoi dispregi
mi fann’anzi piacer. Peggio sarebbe
                                Mi fate ridere.
Credete che non vi ami e che non soffra
ira ambiziosa e gelosia nel petto?
Io credo a quel ch’ha detto.
                                                   Eh poverino,
siete ancor novellino. In questa casa,
vivesi con lo stil dei cortigiani.
La menzogna si traffica e dispensa
e non si dice mai quel che si pensa.
Questo nobil paese, a quel ch’io vedo,
non è fatto per me. Qui per virtudi
passano le finzioni ed io son schietto
e amo più di lor scienza il mio difetto.
acceso piucché mai. Cortese il fato
né vorrei di bel nuovo abbandonarla.
(Eccolo qui il birbante; e mi hanno detto
                                               Oh mio signore,
                                        Sì. (Con affettata amicizia)
                                                Gli ha parlato
Se ho la sua protezion, d’altro non curo.
son contento e mi sembra...
                                                    Al vostro merto
                                    No no, signore.
                                    Con tutto il core.
                                            Ditemi... Io spero
                                    Oh glielo giuro.
Mai la mia lingua di mentir non osa.
Ah la sincerità è una bella cosa!
L’unico capital di cui mi vanto.
che per meglio fissarvi qui con noi...
                          Certo.
                                        Inclinereste
                         Mio signor... dirò...
                                            E perché no? (Ridente e modesto)
che qui sono raccolte, ve n’è alcuna
                                          Ve n’è una... (Come sopra)
                                     Vi dico il vero.
sposa, impiego, fortuna, onori e stato;
gli darem, se comanda, il marchesato.
                   Mio signor.
                                          Vi ho qui veduto
parlare a uno stranier. Lo conoscete?
divertite si sono e s’ei n’è degno
per piacere alle dame, io m’impegnai.
Nol conosco, signor, ma temo assai.
qualche cosa di buono, arrossirebbe
L’elemosina chiese? E come e quando?
una doppia per lui mi ha domandata.
E l’ha presa? (Con meraviglia)
                           L’ha presa e l’ha intascata.
                                         Ah, mio signore,
non conviene arrestarsi all’esteriore.
prova contro di lui. Se onesto fosse,
quanto sembra nel canto abile, esperto,
un migliore cammin si avrebbe aperto.
Sì, lo farò partir. Ma Tolomello
suo amico e protettor? Di lui parlommi
testé con amicizia e non mi disse
della doppia donata... È qualche tempo
che osservo Tolomello e mi è sospetto,
Procuro i servi miei render felici
e ne abusano e sono miei nemici.
                                           Mi permetta
ch’io le presenti un uomo che fra gli uomini
pieno d’abilità, pieno d’onore.
Un uom come son io schietto di core.
incogniti accettar. (Con qualche austerità ed allontanandosi)
                                    Signor, perdoni.
Di chi? Di Tolomello? Le comprendo
Dal marchesato mio parta costui. (Parte)
(Politica e giudizio). (Da sé)
                                        Tolomello...
non so che cosa farvi; è colpa vostra.
Se voi immediatamente... Orsù, alle corte;
vi consiglio sortir da queste porte.
                                           Che amicizia!
il padrone vi scaccia. Uscite e andate.
Che azion nera, inumana!... Ah mio signore,
dal padrone). (Piano a Fabrizio e con gioia)
                            (Lo so). (Piano a Tolomello)
                                             (Non ve l’ho detto?) (Piano a Fabrizio)
Quell’uom che là vedete è destinato
a condurvi doman fuori di stato.
Come! A me un tal affronto?
                                                     (Andiam, lasciamo
che si sfoghi da sé del colpo amaro). (Piano a Fabrizio ridendo e parte)
(Ridi, ridi; lo stesso io ti preparo). (Da sé e parte)
Son confuso, avvilito e disperato.
Ah politica rea! Nei dì felici
tutti diconsi amici; e in un momento
cangiano, se per noi si cangia il fato.
Oh politica! Oh stile! Oh mondo ingrato!
Che farò? Dove andrò? Ma in tasca ho ancora
il foglio per la dama. Tolomello
ed a tempo ancor son di presentarlo.
coraggio e non temer. Chi sa? Fortuna
potria far un prodigio e far valere
a fronte dell’inganno e la malizia.
Perché canta sì ben, perché mi pare
Perché rider mi fa più ch’altri al mondo.
Marchesina mia cara, a quel ch’io sento,
voi non pensate che al divertimento.
                                            Pensar dovete
che ora sposa voi siete e che vi passa
fra lo stato di sposa e di fanciulla
differenza solenne e manifesta...
Lo so, lo so, la differenza è questa:
Mi fa rider davver. Par semplicetta
che l’assiduo marito la molesta
e che fare vorrebbe di sua testa.
amo il consorte mio; ma s’ei volesse
assediarmi, seccarmi, criticarmi,
il modo troverei di snamorarmi.
                                                Poveruomo,
                                           Ah mia signora,
l’affronto è grande e un uom d’onor lo sente
                                     Ma alfin chi siete?
                                     Da questo foglio...
                                            Sì, signora;
Legga e vedrà chi sono e chi non sono.
Perché prima non darlo? (Aprendo il foglio)
                                                Le dirò...
                                        Aspetterò.
L’amo quanto me stessa. È un uom di merto.
e quel ch’importa più, saggio e onorato.
atto a ben regolar gli affari sui,
non potrebbe trovar meglio di lui».
Come! Come! Perché tardaste tanto
far del mal a nessuno). È colpa mia...
                                       Ancora è qua? (Con gioia)
Sì, certo, e credo che ci resterà. (Come sopra)
ma ho girato, ho viaggiato e ultimamente
                        Di Parigi?
                                             Si, signore;
Su via, su via, cantateci in francese.
(Coraggio). Obbedirò. La canzonetta
che cantarle destino è fatta apposta
l’incostanza francese e la franchezza.
Permettino ch’io possa sceneggiarla.
Bravo, bravo. (Battendo le mani)
                            Perdoni.
                                              Un’altra volta. (Battendo le mani)
                                          Sì signora.
Canterò, cercherò di farmi onore.
Son dieci anni ch’io manco e l’ho nel core.
e mi piace e conosco il buono e il bello.
                     (Politica).
                                          (E cervello). (Piano fra loro)
                                    Certo, è un peccato. (Avvanzandosi)
                             L’ha scacciato.
                                                         E nonostante
le sue belle virtù, se n’anderà.
                                               E resterà.
Parli allo sposo suo. (Alla marchesina) Parli al fratello. (Alla contessa)
                     (Politica).
                                          (E cervello). (Piano fra loro)
piacemi dire il vero. Certamente,
a quello che ho veduto e che ho scoperto,
                                             Sì signore;
è un giovine di garbo, è un uom civile.
                             È un incanto.
                                                        Ognun l’ammira.
                             E a possederlo aspira.
fate l’elogio suo, convien ch’io ceda
e che alla sposa e alla germana io creda.
La verità è una sola e convien dirla
Quel giovine ha del merto ma...
                                                           Quel ma
                                     Non è tale (Con aria maligna)
                                            Sì signore
            Parlate. (A Lisetta)
                             Convien esser prudenti.
Si potrebbe passar per maldicenti.
Sarebbe un impostore? Un menzognero?
vuo’ sapere il sospetto e le ragioni.
                   Dite voi. (A Lisetta)
                                     Signor, perdoni. (Con una riverenza)
                                         Signor, quel giovine
                                               Fabrizio.
e che d’ordine mio, d’ordine espresso,
pentir lo faccia nel momento istesso.
                         Obbedite.
                                              Obbedirò.
Che spirito ha Lisetta sopraffino.
All’onor di mia sposa io la destino).
(La marchesina... La contessa... Oh cieli!
                                                  Signor, mi spiace
di vedervi così... Ma saggio siete...
                                           Olà, tacete.
Povero mio padron, me ne dispiace.
Quasi quasi... vorrei... Ma il dado è tratto.
Ci vuol coraggio e quel ch’è fatto è fatto.
buon amico sincer, buon camerata,
Voi non sapete nulla? Non vi è noto
che partir son forzato immantinente?
Nol sapea e me ne duol sinceramente.
voi mi avete in sospetto e v’ingannate.
quel che ho detto di voi. Sian testimoni
se con vera amicizia e caldo impegno
                                 Siete un indegno.
E prima di partir... (In aria minacciosa)
                                      Ehi, rispettate
Posso farvi tremar; posso un esempio
dar a tutti color che, qual voi, sono
perfidi, menzogner... Ma vi perdono.
che coraggio e prudenza in core aduna,
può per tutto trovar la sua fortuna.
Tolomello, perché? Perché ingannarmi?
è lo stesso per me. Partir conviene
e sostenere, di coraggio armato,
gl’insulti delle genti e quei del fato.
ma che si acquista ad essere imprudente?
Nulla. Ma vien Merlina. Oh la sua vista
chi sa quale per me sarà il suo cuore?
                                             Tutto è perduto.
                        A momenti.
                                                E di lasciarmi
                                    Giuro e protesto;
il solo mal che mi spaventa è questo.
Povero Girardin!... No, non andrete
                                            Lo stato vostro,
pur che uniti viviamo, io son contenta.
                                      Ah no, mio caro,
La politica mia cede all’amore.
Teneri, è ver, noi ci amavamo un tempo
la ragione e l’amor congiunti ancora.
In età son cresciuta, in merto, in senno;
or ragion mi consiglia, or sento il foco;
e i vostri mali e le sventure istesse
fan ch’io senta ancor più le piaghe impresse.
Sia prospera od avversa a noi la sorte,
fida in vita sarò, fedele in morte.
                                       Un uomo saggio
                                            Ah sì, mia vita,
coraggio avrò, se voi mi siete unita.
Voi ridete, germana, e al vostro solito
quel che v’è di più grave e di più serio.
Serio e grave? Davver? Volete voi
ch’io vi parli sul serio e gravemente?
che una sposa, una dama, un cuor ch’è ancora
non penetri, non sappia un tal sospetto
che un ingiusto sospetto insulta e sdegna
e chi, a torto corregge, il male insegna.
Come! Lisetta anch’essa? Orsù capisco;
tutti sono d’accordo a rovinarvi,
a tradirvi, a ingannarvi. A me, fratello,
d’esaminare e di scoprire il tutto;
vedrete or or delle mie cure il frutto.
Voglia il ciel che si sappia...
                                                   Presto, presto;
pria che la marchesina ne sia istrutta,
fate che si raguni e venir fate
spettatori di quel che ho immaginato
anche gli abitator del marchesato.
tutti ancora raccolti. Olà, ciascuno
Voglio essere a lor feste anch’io presente.
quando vi si dirà, voi danzerete.
(Fatelo richiamar. Fate a mio modo.
Sarà peggio per lui se averà il torto). (Piano al marchese)
Girardino si cerchi e qui sia scorto. (Ad un servitore che parte)

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