son rimasta soletta e quel ch’è peggio
in occasion che siamo circondati
da cannoni, da bombe e da soldati.
tutto mi fa spavento e già m’aspetto
che con tutte le mie calde preghiere,
anco di casa mia faccian quartiere.
Oimè! Chi è questi? Chi è di là? Lesbino,
dove sei? Chi domanda? (A Roccaforte che viene)
Scusi. Venite avanti. (Entrano alcuni soldati col bagaglio di Roccaforte)
offiziale di rango e cavaliere;
ed è la vostra casa il mio quartiere.
Non ho che una cucina ed una stanza.
Per il bisogno mio sono abbastanza.
vi servirete dello stesso foco.
Ma... la camera è quella che mi preme.
L’abitarem, se ciò v’aggrada, insieme.
Via, scaricate. (Ai soldati)
Ponete in quella stanza i miei bauli,
se non trovate stalla apparecchiata,
disponete i cavalli nell’entrata. (I soldati col bagaglio entrano in una stanza)
(Misera me! Sto fresca). (Da sé)
Voglio andar a veder per mio diletto
se la camera è bella e buono il letto.
Ma signor, mi perdoni... Io non intendo...
Informatevi ben chi è Roccaforte.
distinguere non sanno le persone.
ha da tener un offiziale in casa?
dirò la mia ragion senza malizia
e il generale mi farà giustizia.
Prudente da fanciulla sono stata
Or che vedova sono, ah non vorrei...
Basta... Voglio sperar... Non crederei.
Morbidissimo letto! Io son contento.
dovrò andarmene fuor di casa mia?
dovete star con me. Vi fo a drittura
passar in poco tempo la paura.
Cosa il mondo briccon diria di me?
Eh che ciascuno ha da pensar per sé.
con alcun dell’armata e fanno a gara
d’avere un offizial, sian belle o brutte.
toccandomi una casa sì polita
e una bella padrona assai compita.
Ella troppo m’onora. Io mi confondo.
ve lo giuro, mio ben, su questa mano. (Le bacia la mano)
L’uomo non s’innamora in un momento.
abbiam la sorte dolorosa e trista
di sempre innamorarci a prima vista.
che nasce a poco a poco...
Così suol far l’amor la gente stolta;
ma noi tutto facciamo in una volta.
vi chiedo in grazia un tantinin d’amore.
Un uomo che per voi di già sospira
Movetevi a pietà di chi v’adora.
Caro signore, è troppo presto ancora.
è il mestiere più bel di questo mondo,
trar a gradi sublimi il valoroso,
che dispensa all’eroe palme ed allori.
che ognun deve morir che nasce al mondo.
e meglio muor chi è coraggioso e forte.
che dell’uomo è comun, tolto quel poco
che in suo grado ciascun dee sostenere,
il mestier della guerra è un bel mestiere.
si trovan quelle donne... Oh bella cosa!
che mi fa tanta buona compagnia,
che non ebbi l’eguale in vita mia. (Viene un soldato e gli presenta un piccolo foglio)
presto, dammi il cappello e la mia spada. (Il soldato eseguisce)
ma conviene obbedir, non so che farti. (S’incammina)
S’io vivo, tornerò lieto e giocondo;
se moro, ci vedremo all’altro mondo.
d’esser fedele e non abbandonarmi.
vi ho serbato l’amor, la fede mia;
ora vuole il dover ch’io vada via.
Ah perché mai mi avete innamorata?
non posso dir di no; m’avete cotta
deh fermatevi meco ancora un poco.
me l’hanno al certo intenerito assai.
l’obbedienza dovuta a chi comanda?
prima la gloria e poscia la bellezza.
vantar di fedeltà, se ogni momento
v’aspettate chiamati alla partenza
e partite con tanta indifferenza?
La nostra fedeltà dura sintanto
quel si dice fedel che un solo foco
coltiva in seno nel medesmo loco.
struggersi da lontano è una pazzia.
potea da dirvi ciò, se il vostro sesso
da per tutto con noi suol far lo stesso.
dalla cittade i reggimenti nostri,
amar tornate i paesani vostri;
di profittar di vostra cortesia
si scordan la passata gelosia.
non farò mai così; non ebbi amanti,
v’amerò benché lungi e ancor crudele.
No, crudel, non mi amate.
Voi siete il mio tesoro ed ho timore
mi tormenti lontan col vostro affetto.
Fosse almeno così per mio conforto.
Il tamburo suonò; Bellinda, addio.
Amante, è ver, ma buon soldato io sono.
Oimè, respiro alfine; alfin sedati
potrò in pace goder de’ nostri amori.
lo spirito guerrier nel cuor di donna;
e direi quasi vi sconvien la gonna.
Se vi piaccio succinta, ecco ritorno
Mi piacete assai più con la gonella.
perché graziosa siete in ogni forma.
L’abito e non il volto si trasforma.
Ora potrò sperar che stiate meco?
O presto o tardi converrà partire.
non mi è lecito ancor di prender moglie.
A vestir tornerò virili spoglie.
tremille nello scrigno e gioie e argenti
e mobili preziosi io venderò;
e con voi, se v’aggrada, io venirò.
(È ottimo il negozio... Oh se potessi...
Facciam segretamente il matrimonio.
(Questo è un altro demonio).
concepire non deve un tal disegno.
se sposi non potiam, fedeli amici.
Andiamole a contar, se nol credete.
con la dispensa me l’ha data in morte.
(Buon negozio per me. Sovente s’ode
che quel che lascia il morto il vivo gode).
Tutto vostro sarà, se vi degnate;
il mio core, il mio ben sarà per voi.
Bellinda, vi dirò... Che cosa vuoi? (Viene un soldato e gli parla nell’orecchio)
(Costui che mai dirà?) (Da sé)
mi chiama il general, Bellinda, addio.
Converrebbe partire e aver pazienza.
che ha di bella virtù l’animo adorno:
«Roccaforte» diria «ti do il buongiorno».
Oimè... Mi chiama il generale.
al suo cor dalla gloria alfin si diede;
ei non cura il mio duolo o non lo crede.
ho d’avere un tormento? Il men sarebbe
la morte paventar fra mille spade;
di perdere il mio ben che tanto amai
è di morte un dolor peggiore assai.
libero e vedovil fossi restata,
meglio ch’io non mi fossi innamorata.
Si va accendendo il foco e allora solo
quando che al nostro mal non v’è rimedio.
È venuto un dispaccio dalla corte.
e la pace testé fu pubblicata.
or che ho adempito il mio dover fra l’armi,
la licenza ottener di maritarmi.
La mia destra, il mio cor e tutto il resto.
Voglio, Bellinda mia, la libertà.
né di moglie gelosa i’ vuo’ la pena.
ama la moglie sua sia brutta o bella
ma vuol poi conversar con questa e quella.
perch’essere professo un uom leale,
acciò che poi non ve n’abbiate a male.