Metrica: interrogazione
456 endecasillabi (recitativo) in Il signor dottore Venezia, Fenzo, 1758 
poco può guadagnar; se vi è qualcuno
manda alle spezierie della città.
e poi se per disgrazia han qualche male
l’orto, il pozzo e la dieta è il suo speziale.
e ho una sorella che domanda stato.
E quel che è peggio sono innamorato.
per l’avvenir non voglio del messere.
merita del signore; e poi mio figlio,
che ha pigliato la laurea dottorale,
se lo sentisse, se n’avria per male.
                                           Il mio figliuolo
                                        Me ne consolo.
                                        Eh non signore,
egli è un strepitosissimo legale.
ma la sorella sua mi sta nel cuore).
Lo conoscete mio figliuol dottore?
                                             Se verrete
un atto a esercitar di civiltà
                           Bene obbligato.
deggio badare alla bottega mia;
spero che lo vedremo in spezieria.
a ricever del borgo i complimenti.
che pigliare vorebbe il cioccolato.
Voi che siete spezial lo conoscete?
Io io lo servirò quando volete,
fatto cred’io saran dieci anni almeno.
servite presto mio figliuol dottore.
la bottega consegno e vengo via.
Vado a pigliar la cioccolata e poi
dal signore dottor verrò con voi.
                                             È ritornato
il signor Bernardino addottorato.
So pur che un giorno ei mi voleva bene.
dopo che colla laurea si è sposato.
                                                    Poverina!
ha sposato la laurea dottorale.
                                      Sapete pure
Il signor Bernardin non è lo stesso.
Voi mi fareste dir. Così si tratta?
Ei mi diede parola e alfine poi
un speziale qualcosa è più di voi.
onde messer Beltrame ha da sapere...
Che messer? Che messer. Seco ho il messere.
e con una sua par vuo’ maritarlo.
per un poco di ben si è insuperbito.
ho consacrato a lui gli affetti miei,
di lui peraltro non mi degnerei.
benché donna son io, non mi confondo,
Bernardin sarà mio se casca il mondo.
                                            Io non lo so.
Credo che a casa sua lo troverò.
                                         Per qual ragione?
prima che voi veniste in questo loco
mentre la madre mia viveva ancora,
e il padre suo vuol ch’ei mi manchi adesso.
Non si degna di me quell’animale,
nobili in casa sua tutti son fatti,
padre, madre, sorella e i cani e i gatti.
se quest’uomo bestial non vi acconsente.
mi seguiti ad amar; sì a questo vecchio
Sarò sua nuora e gli vo’ dir messere.
È un diavolo costei, se in questa guisa
perde il signor dottor la sua dottrina
s’ella parla così, resta avvilito.
so che indegno son io del vostro amore;
ardir mi ho fatto e vi ho svelato il cuore.
d’amor, di stima. Il grado vostro, è vero,
pari del mio non è; ma vil non siete
e il pregio in sen di una bell’alma avete.
le mie speranze lusingar cessate.
Nobile siete nata. Il chiaro sangue
fregio maggiore al sangue vostro aggiunse,
io son nel borgo a vivere costretto,
curial ministro al superior soggetto.
posso voler, posso dispor del mio.
                                               Ai miei congiunti
bramo non dispiacer. Fia noto ad essi
il novello amor mio; d’un uom bennato,
non disaprovi la famiglia il nodo
e troverem di convenirci il modo.
lo scoglio a superar. Pien di speranza
ma il mio timor non mi abbandona ancora.
Povero don Alberto, io compatisco
ma scherzar cogli amanti è il mio diletto.
lo conosco, lo so, l’intendo appieno.
Ma vo’ il piacer di lusingarlo almeno.
                                      In questa guisa
senza imbasciata nelle stanze entrate?
                                    Qual nuova è questa?
che agradirà della contessa il cuore,
tornato è al borgo il mio figliuol dottore.
                                     Non ve l’ho detto?
(Il mio piacer da questo pazzo aspetto).
dopo ch’ebbe la laurea dottorale
non va più da nessun ma da una dama
Sarà un effetto della sua bontà.
son venuto a avvisarvi, son venuto
la visita a appuntar, perché sappiamo
Bravo, bravo davver messer Beltrame.
                                               Or che è dottore
                                        Trovar la sposa.
io lascio fare a lui; verrà a vedervi,
Basta, vi agiusterete fra di voi.
                                           Compatite,
contessa mia, se parlo franco e sciolto,
questo messere non mi piace molto.
                                  Sapete bene
al padre di un dottor quel che conviene.
                                        Sapete voi
mille ducati mi averà costato?
ve lo lascio qua solo in confidenza.
Vi avvezzerete a darmi del signore
quando vedrete il mio figliuol dottore. (Parte)
È ridicolo invero e mi consolo
che sarà come il padre anche il figliuolo.
                                             Serva, signore.
Mi consolo con voi signor dottore.
Sono, domina mea, son laureato,
penitus, penitusque discrepante.
Si presenta un dottore al bel sembiante.
Comitissa gentil vi compatisco.
                              Parlatemi italiano.
il parlare volgar me l’ho scordato.
parlar col padre e colle genti in casa?
e degl’altri dottori etiam creare.
Farò dottor mio signor padre e poi
vi farò dottoressa ancora voi.
starei senza pranzare e senza cena.
abbia avuta la laurea? Io non lo credo).
E in fralle facoltà del dottorato
codesta autorità non vi hanno dato.
nec pulchritudo tua careat pietate.
scoprire un dì la verità m’impegno.
Parla meco d’amor con tal franchezza
differenza fra noi. Alberto almeno
conosce il suo dover; merta il suo cuore
pietade almen, se non ottiene amore.
il signor Bernardino mio fratello
                                       Il cioccolato
Che torni aspetterò. Con voi frattanto,
goderò questo tempo in compagnia.
No no Fabrizio, andatevene pure.
se mi trovan con voi faran rumore.
Quel Fabrizio non son che sempre fui?
Ora il signor dottor comanda lui.
qualche cosa di buon vorrà trovarmi.
Qualche cosa di tristo e scelerato?
Voi non siete per anche adottorato.
l’uguaglianza cercar nei matrimoni.
colla nostra famiglia dottorale.
È giunta ad impazzir fin la sorella.
di diventar quando ha un dottore in casa
qualche cosa di grande è persuasa.
                                   Che inciviltà!
Il signor Bernardino ora verrà.
riverirlo potrete e fargli onore.
Ecco il signor dottor; che onore è il mio!
                                     Con lei si dice.
                                                  Sempre latino.
Agradite il buon cuor di questa gente. (A Bernardino)
                          Per voi messer Beltrame?
del dottore mio figlio alla presenza.
                                             Se voi lo dite,
sarà così ma almeno è di dovere
che mi dicano poi signor messere.
                                      Sì sì l’ho inteso.
Oh benedetti quei danar che ho speso!
Comanda il ciocolato? (A Bernardino)
                                           E perché no?
Subito mio signor la servirò. (Parte)
Ditemi, figlio mio, colla contessa
                                      Perpetuamente.
il pelo delle ciglia avea inarcato.
                                   Chi vien?
                                                       Mi pare
                               Non le badare.
se non si sazia mai di starmi allato.
ch’ei mi suole mostrar. Ma qualche volta
per un semplice mio divertimento.
se nuovamente a importunarvi io torno.
Voi siete qui tre o quattro volte al giorno.
mi passa il cor. Non mi credea, il protesto,
dover essere a voi così molesto.
                                    Da voi tornato
                                      Quando si spera
                                         Innanzi sera.
che ho piacer della vostra compagnia.
                                 Ah no, vi accerto,
                                         Oh me felice
                         Il dubitar non lice.
                                              Tornate presto.
senza di voi, vedrò di passar l’ore
ch’è arrivato testé bello e giocondo,
ch’è il più amabile uom di questo mondo.
Se verrete ancor voi staremo insieme.
Compatite signora, io non son uso
cogli sciocchi trattare e mi stupisco
                                    Sciocco il dottore?
egli è un uomo gentil, vago e sapiente.
                                                (Smania il meschino).
Ah comprendo purtroppo il mio destino.
meglio di me può meritar. Mi veggo
se un indegno rival mi è prefferito.
che lo sciocco dottor conosco anch’io
e che inclina a lui solo il genio mio.
                         Chi è là?
                                            Son io signora.
pria di venire nella vostra stanza,
perché non dite che non ho creanza.
voi principiate a divenir signore.
oggi v’invita al suo primier banchetto
e l’invito vi manda in un viglietto.
le carte presentar col ferraiuolo. (Presenta il viglietto sopra un lembo del suo tabaro)
Credo sia un complimento dottorale.
perché poi me lo reca il genitore?
chi lo avea da portar? Non è dovere
per non mandare un semplice lacchè,
quest’invito pensai portar da me.
Sogliono scriver mal tutti i dottori.
                          Ah, cosa dite?
                                                      «Bernardino
                                      «Stamane aspetta
                                                   Ah? Che vi pare?
Non v’invita a mangiar riso o lasagne.
la contessa Clarice». Obbligatissima.
Ma! Vuol essere anch’ei titoleggiato.
che mi fa onore e le sue grazie accetto.
Oh fareste con lui la bella razza!
non vi siano comedie? Assai più vagliono
e finch’ei dura a delirar così...
Ma don Alberto un’altra volta è qui.
di vedermi schernir dall’idol mio,
onde vi vengo a dar l’estremo addio.
con quella autorità che su quel core
voi mi donaste e mi concede amore.
Basta. Ritornerò. Fidarmi io voglio
Quello che si desia si crede e spera. (Parte)
parlargli a modo mio. Venir lo vedo
voglio aspettarlo e vo’ sentire un poco.
                                          Addio ragazza. (Con sprezatura)
(Vo colle buone e poi verrà la mia).
e la deggio trattar con sprezzatura).
                                    Me ne ricordo.
Sì mi sovvien dei giovanili errori.
Ora è tempo di glorie e non di amori.
né giustizia né onor né convenienza
Un dottore non bada a ragazzate.
                                                Eh parliam d’altro.
Sì, prendete una presa di rapé.
ci parleremo poi. (In atto di partire)
                                  Fermati ingrato, (Arrestandolo con forza)
che ti parean sì belli? E il mio bocchino
che ti piaceva un dì non è più tale?
oimè non posso più! Ah sventurata... (Mostra svenire)
Ei Rosina, Rosina; oh cieli! È andata.
apri quei begl’occhieti e quel bocchino.
                                 Son io, sono il tuo caro,
che perdon ti domanda ai propri errori.
Vanne, è tempo di gloria e non di amori. (Lo rispinge con forza)
Hai ragion, lo confesso, ho fatto male,
tutte le mie pazzie son terminate.
Eh non bada un dottore a ragazzate.
nel sentirti parlar sì dolcemente,
mi sentivo morir né so il perché.
Si servi d’una presa di gingè. (Gl’offre tabaco)
vendica i torti tuoi, merito peggio;
                                 Barbaro ingrato.
che soffrir non si può. Par che le gambe
non mi reggano più. Gli occhi si abbagliano.
sentomi venir male; aiuto, aiuto.
                                      Un caldo grande.
                                     Dove signore?
Vorrei la confezion della Rosina.
s’ella mi medicasse, io guarirei.
Non scherzo no, mi ha corbellato amore.
non si vergogna dir ch’è innamorato?
Non rispetta Cupido il dottorato.
colle dolci parole e i dolci sguardi...
più non posso parlar, mi manca il cuore.
ch’io patisco per voi. Se a lui potrebbe
non si adopra un egual medicamento.
che alla mia malatia son necessarie.
di mio fratello il grado dottorale,
ma so quel che mi ha detto il signor padre
a un dottore di legge o medicina.
avesse mai questi pensieri insani,
la vorrei schiaffeggiar colle mie mani.
che il signor Bernardino è di buon gusto.
Egli dee star nel mezzo. Ignorantacci,
il seggiolon coi poggi. Un laureato
è ben giusto che sia differenziato.
Andatelo a comprar fuori di qui.
Bianco e fresco trovatelo ogni dì.
Per il dottore ne ho comprato sei.
Arrabiarmi per questo io non vorrei.
che s’ingegni di far di buon sapore
qualche piatto distinto al mio dottore.
poco si può sperar. Non hanno niente
un dottore non san che cosa sia.
                                      Bernardino
                                   Salve, pater.
D’imparare il latin mi casca il cuore.
                                            Come dicesi
                               Dicesi prandium.
                                                                         Bene,
ma la contessa non si vede ancora.
                                       Per dir il vero
Le creanze costei dov’ha imparate?
Presto figliuoli in tavola portate. (Ai servitori)
Come c’entra Fabrizio e la Rosina?
Porto al signor dottor la medicina.
venir la medicina in questo loco
ho preso fiato e ho respirato un poco.
si vorrebbe pranzar. (A Fabrizio e Rosina)
                                        Via signor padre,
in grazia di quel ben che mi hanno fatto
fate che stiano a desinar con noi?
ti contenti di lor? (A Bernardino)
                                   Sì padre mio
                               Ben; mi contento anch’io.
l’ore sen vanno e non mi bada alcuno?
col mio figlio dottore ha disputato.
non ne mancano mai. Testé m’han detto
che vi fu in casa vostra una rovina,
perché il dottor volea sposar Rosina.
rovinarmi pretende il mio dottore.
un uom che si può dir spettacoloso!
Non sa quel che so io). Non crederei,
mi facesse un’azion sì impertinente.
(Il divertirmi non mi costa niente). (Da sé)
                                     Sì, ad ogni costo
perder non vo’ sì amabile tesoro.
saprò ben io rimeritarvi allora.
mandiamolo a chiamare. Ehi chi è di là?
signor dottor, digli, se si contenta,
che da me favorisca immantinente.
Faccio per insegnare a questa gente.
Se sarete mia nuora... Eccolo qua.
vi vuol dare un salvete in su la testa.
ella per te sospira e si martella
                                   Oh bella, oh bella!
scherzai colla ragazza ed ha creduto
ch’io facessi da vero, oh bella, oh bella!
                                       Dico di no.
Se vuoi ch’io creda e che non pensi male,
Ah ti credo, ti credo; or son contento.
e che ancor non si sa, se il padre irrito,
il buon tempo per me sarà finito).
dopo del suo ritorno il cancelliere
e mi voglio cavar doppio piacere).
e chi aver non mi può lo soffra in pace.
                                       Oh se sapeste!
coi tamburi e le trombe e col bidello
e mi dicean tutte le donne: «Oh bello!»
Datemi dell’amore un testimonio.
Non si potrebbe fare un matrimonio?
                   Fra voi e me.
                                             Dite davvero?
(Vo’ con tutti costor prendermi gioco).
ma per questa ragione io non vorrei
mio padre a strepitar e se potessi
la contessa Clarice aver in sposa,
                                 Su via sorella
                                      E chi è costei?
Una che è degna degli affetti miei.
per sempre dal mio cuor l’ho discacciata.
Se voi dite da ver son consolata.
mi permette signor ch’io gli domandi?
La contessa Clarice, ai suoi comandi. (Parte)
Capperi! Questo sì ch’è un buon partito.
Nobile anch’io ritroverò il marito.
Tempo vi par di tormentarmi ancora.
è sposo, è ver, ma non della Rosina,
una che del suo cuor sarà più degna.
E chi è costei che ha meriti sì grandi.
La contessa Clarice, ai suoi comandi.
                                            Questo ma
Oh il ma vuol dire delle cose assai.
ora è cosa cattiva ed ora è buona.
l’ho capita da me. Vuol dire: «Io v’amo
«Ho promesso, egli è ver, ma cangio tuono,
non vi vorrei mancar ma donna io sono».
Evviva il mio dottore. La contessa
e le nozze si fanno in questo dì.
Bravo, bravo davvero. Oh benedetti
eccoti un bacio e te lo do di cuore.
Acciò impari da noi la servitù.
                                        Cosa volete
                                    Lo sa che avete
da sposar la contessa? (A Bernardino)
                                           Sì lo so.
                              Che bel contento avrò!
Vo con rispetto ad incontrar mia nuora. (S’avvia verso la scena)
Quello che s’ha da far faciamlo a un tratto.
                                 Sedete qui
Ma che piacer, ma che piacere è il mio!
(Ecco Fabrizio, ecco Rosina affé,
della commedia il fin lungi non è).
                                         E che volete?
(Ah Rosina mi vuol perseguitare).
le nozze a disturbar di lor signori.
posso servire anch’io di testimonio.
Se volete restar dunque restate. (A Fabrizio e Rosina)
(Meglio sarà che principiate voi). (Piano a Rosina)
dottorato non già ma un impostore.
alle case, ai ridotti, alle botteghe
l’autentica legal del dottorato.
il privileggio mio, perché vi mancano
e l’arma nostra ricamata in oro.
L’arma, l’oro, i sigilli! Oh che tesoro!
è informato di tutto e lo dirà.
                                 Portata ho meco
la copia del diploma autenticata,
Via legetela un po’ già che siam qui.
fede facciam con nostro giuramento
non fu, non è né sarà mai dottore».
                         Dirò la verità.
rispetto al mio saper; mancami solo
replicare il danaro un dì sborsato,
Ah cane! Ah manigoldo! In tal maniera
assassini tuo padre? Io io senz’altro
con un pezzo di legno. Ah disgraziato,
tu tornasti un sommaro ed io un messere.
Non ho cuor di mirar nessuno in viso. (Parte)
ella ha speso assai bene i suoi denari.
Imparate a mentir con le mie pari. (Parte)
Imparate a usurpar con tal dispregio
del degno alloro il venerabil fregio. (Parte)
anderò a prepararvi una pozione. (Parte)
(Povero Bernardin! Son disperato). (Da sé)
(Mi voglio vendicar di questo ingrato).
la laurea dottoral che gli si aspetta
è la zappa, il badile e la vanghetta... (Gli presenta tutti questi strumenti rusticali)
ho pigliato l’allor matrimoniale,
                                           Va’ disgraziato,

Notice: Undefined index: metrica in /home/apostolo/domains/carlogoldoni.it/public_html/library/opera/controllers/Metrica/queryAction.php on line 8

Notice: Trying to access array offset on value of type null in /home/apostolo/domains/carlogoldoni.it/public_html/library/opera/controllers/Metrica/queryAction.php on line 8