Dolce amor, te solo invoco
testimon del nostro foco.
questo cuore e questa mano
Bravo, bravo, brava, brava.
ma l’avrete a far con me.
Ehi, signore, una parola. (A Xanto)
La padrona... non vorrei...
tutti i schiavi vuol per lei...
Non mi state a palesar. (Piano a Xanto)
(Gli dicevo della schiava
che Leonzio vuol amar). (Piano a Menalippe)
collo schiavo amoreggiar). (Piano a Xanto)
Questi amori miei signori
voi dovete rimediar. (Forte)
(Non mi state a palesar). (Piano a Xanto, indi parte)
suol domarsi collo sprone
la perfidia suol cangiar.
Non vi state a riscaldar. (A Menalippe)
Delle triste sol ragiono;
l’un per cento non si dà. (Parte)
Sono schiava, son venduta
e ho imparato dalla gente
se non foste sì cattiva...
Non gridate, non mi date,
e mi piace a far l’amor. (Parte)
Oh guardate il bel soggetto
Non crediate ch’io ci pensi,
che di voi non so che far. (A Leonzio)
Quel bel fusto voi amate?
vi consiglio di star sola
se di meglio non si dà. (A Cloridea)
Sguaiatello via di qua. (A Leonzio e parte)
Dalle nubi il sol lucente
qualche volta si scolora;
l’innocenza alfin provata,
merta fede, acquista onor. (Parte)
che s’inoltra a poco a poco
ed accende il nostro cor.
se ad estinguerlo si attende
sul principio dell’ardor.
Bravo, bravo, mi contento,
caro Esopo a quel ch’io sento
Sì signor, con questa mia
mi ho diretto fino ad or.
Son con voi signor padrone.
Le passion con noi son nate
Padron mio con sua licenza.
Via di qua, che impertinenza?
Voglio dirvi, vo’ avvertirvi
che Merlina, innocentina,
Io dicea che la ragione...
Questo schiavo, così bravo
di Corina graziosina (Acenna Esopo)
ha d’amore acceso il cor.
Via di qua, sei mentitor.
La lezion vo’ seguitar...
La ragione che è perfetta...
La ragione io vi dicea...
La ragion comanda al core.
Con Leonzio fa all’amore.
La ragione chi ha perduta...
E la schiava ch’è venuta...
State zitta. La ragione...
Non è ver signor padrone.
Tutti quanti son birbanti,
Che dispetto, che martire!
No, non posso più soffrire,
Ascoltate quel che io dico.
Non v’ascolto, non m’intrico.
Voglio dir la mia ragione.
Vo’ finir la mia lezione.
più non giova la ragione.
qualche volta divien stolta
Frema pure il mar sdegnato,
minacciando straggi e morte;
le tempeste ad incontrar.
Colla speme e col consiglio
voi mi fate ardito e forte
né saravvi alcun periglio
che mi faccia paventar. (Parte)
«Bella testa certo è questa,
Bella bocca ed occhio bello;
ma cervello in sé non ha».
colle donne far gli amanti
Qualche volta in allegria:
sempre più ti voglio amar».
E poi dopo s’alza il grugno
e alla sposa con un pugno
le carezze soglion far. (Parte)
Venga presto il dì bramato
Venga il giorno sospirato
Tu m’hai fatto innamorar.
(Sì davver, non vedo l’ora
di potermi maritar). (Da sé)
(Non ho fretta, è presto ancora.
Non mi vuo’ precipitar). (Da sé)
Presto, presto il dì verrà
della mia felicità. (Partono)
il salasso e le coppette,
vesciccanti e le sanguette,
il mercurio e l’antimonio
lo vogliamo risanar. (Parte)
Ah purtroppo al cor mi sento
una smania ed un tormento
nutre in sen l’infedeltà.
No, mi sento a dir dal core,
d’altra fiamma e d’altro amore
Fra i pensieri titubando,
Cieli, stelle, oh dei pietà! (Parte con Esopo)
Colà entrate, lo vedrete.
Vuo’ sapere... Vuo’ vedere...
Me ne voglio assicurar. (Entrano nella stanza)
Più non vive, siamo prive
(Oh che donna di buon cor).
Questo è quel che dovrà far.
si ha da stare in allegria,
Facciam presto il matrimonio,
Facciam pure il matrimonio,
È un maliardo. (Ad Esopo)
quel bricon ci fa provar?
Che diletto provo in petto
Mondo, mondo! Mi confondo.
Che grazioso aggiustamento!
(L’innocenza ho già capito).
C’intendiam. Dirò di sì. (Accenando Corina che sarà suo)
La mia mano a lei presento. (A Merlina e dà la mano a Corina)
Sono allegra, son sposata,
Che piacere, che diletto,
altro amor te lo prometto
nel mio cor non arderà. (Fra loro due)
Il mio sposo è questo qui.
La mia sposa è questa qui. (A Corina, partono)
Sposa infida, sposa ingrata
ho scoperto il vostro cor.
e fia giusto il mio rigor.
Mi ha tradita un mentitor.
Son da tutti assassinata,
non resisto al mio dolor.
Vostro danno, il meritate.
che sugli occhi vien dal cor.
(Ahi quel pianto mi tormenta,
par ch’io senta un batticor). (Esopo di lontano incoragisce Xanto)
(All’incanto di un bel pianto
chi resistere potrà). (Ognun da sé)
Ah purtroppo indegna sono
della grazia, del perdono
ma la man vi vuo’ bacciar.
La mia mano?... (Esopo li fa cenno di no) No, non voglio.
(Ahi nel sen mi sento un foco.
che mi dai troppo martir.
Sarai mia. (Esopo lo rimprovera)
se comanda il dio d’amor). (Verso Esopo)
d’una femmina il valor). (Da sé)
che mi dice: «Sei felice»,
quel ch’è stato, stato sia,
tu m’hai fatto giubilar. (Partono)
la disgrazia del padrone,
Gran disgrazia, poverino!
Viva, viva il dio d’amore
che i filosofi, i dottori,
che i sapienti, che gli eroi