e mangiando non s’invecchia;
quand’è buono, non fa male
né la pinta né il boccale.
e che creppino gli avari.
Nostro è sol quel che si gode
senza vizi e senza frode.
Donne belle che pigliate,
Via piangete, via pregate,
«Io vi voglio tanto bene».
«Per voi caro vivo in pene».
«Ahi che moro mio tesoro!
Quanto affetto mio diletto».
non mi state a corbellar. (Parte)
Donne belle che pigliate,
Via piangete, via pregate,
non mi state a corbellar.
«Ahi che moro, mio tesoro.
Quanto affetto! Mio diletto!»
Birboncelli, disgraziati,
e poi quando siam cascate
ve n’andate e ci piantate
La mia grazia chi la vuole
Non vi cerco, non vi chiamo;
non vi curo, non vi bramo.
Ma poi quando voi volete,
e trattar con civiltà. (Parte)
Vi diè vita donna amante,
e di donna il bel sembiante
più crudel già mai s’udì.
onde a quel che può succedere
una dona e l’altra prende;
una piglia e l’altra rende.
Or la bella si fa brutta,
or con questa ed or con quella
parla, gira, fugi, torna,
sempre, sempre si sta bene;
si rallegra sempre il cor.
Presto andate via di qua.
Più per voi non v’è pietà.
Se n’è andato il scelerato
Se n’è andato ed io son qua. (Escono)
«Ahi, ch’io moro mio tesoro» (Canta in falsetto)
Da quel viso prendo un vezzo,
da quei lumi prendo un sguardo,
da quel labro prendo un dardo,
prendo i lacci dal bel crin.
che bei vezzi! Oh che bel sguardo!
Mi dan forza, prendo fiato,
vado al campo, sono armato.
Mi consola un dolce ardore,
pien ho il core di furor. (Parte)
quanto fido è questo core,
deh risveglia, o caro amore,
qualche fiamma anche per me.
Ma tacete, io già v’intendo.
Da quei lumi ben comprendo
quel che cela il vostro cor.
Voi d’amor parlar volete...
Ah! Che troppo ho detto anch’io
Ah! L’ardor ch’è acceso in petto
più ristretto star non sa.
che languite, che penate,
invidiate il bel contento
ch’io già sento nel mio sen.
Chi la gioia altrui non vede
men risente il proprio male
ma l’invidia allor prevale
colla idea dell’altrui ben.
quel che ognun risponderà.
Sono ingrate? «Signorsì».
Nissun v’è che dica no. (Parte)
o qualch’altro regaletto;
io mi scordo anco l’amore
e il timore mi fa andar. (Parte)
Dove son quei tanti amanti
che venian tre o quattro il giorno,
a servirmi e starmi intorno?
chi diceva: «A voi m’inchino».
Chi porgeva un regaletto,
un stucchietto, un anelletto.
Eh! Verranno, torneranno;
che furbetto fa d’occhietto
Sono in terra, sono in terra.
Sono in guerra, sono in guerra.
Chi vuol niente venga a me.
Sono in terra, sono in terra.
Sono in guerra, sono in guerra.
Chi vuol niente venga a me.
Bel sentir da un viril labro
alle donne dir: «Mi pento!»
Bel piacere, bel contento,
quando chiede a noi pietà!
esser suol di sua vittoria,
così noi per questa gloria
Largo, largo, è qui la brava
che ha difeso il nobil sesso.
Tutti adesso avran timor.
Chi m’inchina ed io non bado.
Chi mi chiama ed io men vado.
ma rispondere anch’io so;
Chiedo, o bella, a voi perdono.
Quanto posso v’offro in dono,
State salda e non temete,
voi da me gioielli avrete
(Mi vien voglia con costui
Ah con me così si tratta?
No, per te non v’è pietà.
Questo core è tutto mio. (Verso Eleonora)
Via ti dico. (A Roccaforte)
Ah con me così si tratta?
No, per voi non v’è pietà.
Donne, donne, ecco il nemico,
Roccaforte a voi guidollo;
Roccaforte a noi guidollo;