sì vezzoso bucché legarmi al petto.
Madama, ecco le spille. (Cava un astuccio)
Ecco al vostro comando uno specchietto. (Cava una scatola in cui vi è lo specchio)
siete tutti cortesi. In voi ravviso
Adone, Ganimede, Aci e Narciso.
fu tramutato in cristallino umore.
E Narciso, meschin, divenne un fiore.
sien da me rinovate. Al mio Narciso
che si cambi in un fiore io gli prescrivo
ma sia per l’amor mio fior semprevivo.
sia da questo mio core. Aci divenga
di nettare amoroso amabil fonte
si trasformi fedele in can barbino.
la contessa Gingè. Deh favorite
Tosto vi servirò. (Si alza)
per quegli occhi sì bei che m’han piagato?
Sul dorso io volerò del nume alato.
non consacrar, non offerir divoto
a cotanta bellezza il core in voto?
A servirvi col tè verrò fra poco.
Ah che per voi mi getterei nel foco.
pascolo gli occhi e mi nutrisco il petto.
della vostra bellezza, io vi concedo
il mio povero cor cotto allo spiedo.
vi farò del mio core una polpetta.
Le metafore intendo e le aggradisco.
priegovi d’informarvi del suo stato.
madama, se l’onore ho d’obbedirvi.
Salgo nella carrozza e vo a servirvi.
Sì cortese bontà, prontezza tanta
Monsieur Côterôti, voi v’ingannate. (Si alza)
nell’onor d’obbedirvi. Oh stelle! Oh dei!
Monsieur siete gentil, siete galante
ma poco penetrante; i cenni miei
dati a quel, dati a questo, han per obietto
star con voi sola a ragionar d’affetto.
Oh fortuna! Oh destino! Oh sorte! Oh fato!
Sono fuori di me. Son fortunato.
accordare poss’io qualche favore.
Ma il cor non già, che di voi solo è il cuore.
Ah non dite di più ch’io casco, io moro.
Ah s’io v’amo di cor, di core amatemi.
che al merto e alla beltà Cupido appresta
a caratteri d’or scriva ancor questa.
madama è delirante ed io pietoso
prodigo dispensar la grazia mia.
solo non sono mai. Ho sempre meco
una donna volante e un giovin cieco.
che mi siedono sempre al fianco e in cuore,
voglio dir la fortuna e il dio d’amore.
ma la volubil dea cangia sovente.
Stabile è in favor mio perpetuamente.
si presenta al mio sguardo una più bella.
mantenere nel sen saria un portento.
Basterebbe il mio cor diviso in cento.
Scaldi pure chi vuol, ch’io son di ghiaccio.
fa con tutte il Cupido, io per mia parte
Venere non sarei, s’ei fosse Marte.
No non sono per voi gli affetti miei.
ma il mio povero cor non disperate.
Io non posso adular. Parlar sincera
che se più seguitate a tormentarmi
qualche via cercherò per liberarmi.
quella fiamma crudel che mi tormenta;
barbara morirò; sarai contenta.
qualche brama d’amor nel seno io provo.
Cerco un bel che mi piaccia e non lo trovo.
ma non ha quella grazia che dich’io.
di venire a veder come voi state.
che sarò a riverirla e a incomodarla.
e accoppiando al suo bel vostra bellezza
voi farete un gilè di gentilezza. (Parte)
ma la sua affettazion mi reca noia.
Da madam di Cracché son qui mandato.
di venire ancor io... perché... vel giuro
dalla vostra beltà son reso estatico.
(Io non posso soffrir questo flemmatico).
Vorrei dir... ma non so... ma non ardisco.
tollerare non so chi si confonde,
chi col gel del timor l’amor nasconde.
essere necessario un po’ d’ardire.
siete, lo giuro al ciel, siete un incanto.
mi danno un gran piacere.
il sapere cambiar frase e dialetto.
e l’inglese e il tedesco e lo spagnuolo
e le lingue imparai tutte di volo.
ho il calepin di sette lingue in mente.
Essi non san parlar che italiano.
Sì, facciamoli un poco svergognare.
Rispondo in italian; non so il francese.
sta ben, vi riverisce e quanto prima
Povero cavalier, lo compatisco. (A monsieur Côterôti)
Rien de tout, rien de tout. (A madama)
Toujours à vos servì, monsieur petit.
eccolo qui di novo. Quasi quasi
disposta in suo favore a dichiararmi).
(Della sua crudeltà vo’ vendicarmi).
qualche prova d’amor richiedo e bramo.
Perdonate, signora, io più non v’amo.
se troppo v’annoiai, chiedo perdono,
da voi venuto a congedarmi or sono.
vo’ che pace facciam. (Per verità
con troppa crudeltà trattai finora.
Non mi piace, egli è ver, ma alfin mi adora).
arde, more per me. Scoperto ho il foco.
Ma scaltro anch’io vo’ tormentarla un poco).
con sì amabile oggetto in compagnia.
(Voglio farla crepar di gelosia). (Accenando la baronessa)
ha per me una bontà non meritata.
Da tutta la città siete invidiata.
fossevi ch’io non so, la baronessa
mi lascia in libertà, deh compatite
quanto son, quanto vaglio io vi offerisco. (Alla contessa)
di sì egregio favore. Accetterei
Ch’io lo dica, signor, mi permettete?
ch’io scherzava con lei, sa che il mio core
arde solo per voi. (Alla baronessa)
ch’egli abbia nell’ardore a consumarsi,
senza un po’ di pietà da rinfrescarsi.
con essa il vostro amor. (Accennando la contessa)
Deh contessina... (Alla contessa)
Quella è del vostro mal la medicina. (Accennando la baronessa)
ah di sdegno e d’amor mi cruccia il foco.
Ma non basta il buon cor per far l’amore.
un bel volto nel fior di gioventù.
Io lo spirito in uom stimo assai più.
il debole conosce e spesso spesso
incomodo si rende al nostro sesso.
vano per giovinezza e per beltà,
par che ci accordi amor per carità.
vi è il suo male e il suo ben ma, se lo sposo
tutti i danni compensa un sol diletto.
ad un uom gentile e disinvolto.
con l’arte e la virtù stima ed affetto
desta amore nel sen saggio e perfetto.
A me una limonata. (Come sopra)
No, non è ver, non è sonato ancora.
non si dà una mentita. Ecco mirate,
diciannove passate. (Mostra l’orologio)
non va bene montato all’italiana.
Più sicura è la mostra oltramontana.
segnando il mezzodì, la mezzanotte,
la regola è costante e sempre vera.
Ma mai si sa quanto vi manchi a sera.
Io sostengo il contrario. (S’alza)
regolati allo stil del mio paese. (S’alza)
Io vi risponderò con questa spada. (Mette mano alla spada)
Non mi fate timor. (Mette mano)
vivano gli orologi oltramontani. (Mette mano)
Deh per l’onor degli orologi, andate.
serfa star di madame di Cracché.
Tar Tifel, Tratritrogano mi dir,
Jo, mi dito monsieur Chichirichì.
Policastro, tedesca, è il nome mio.
nomi de cafalier spropositati.
caffalieri caffè quattro figlietti.
Anz, zoà, train, fir. (Dà a ciascheduno il suo viglietto, numerandoli uno, due, tre e quattro)
Ihr seyd gar zu hoflich, ihr obligieret.
Lassen wir die Ceremonien bey Seits.
Ah star furbe talian; foi mi purlate.
Ah l’oggetto son io de’ suoi languori.
Arde per me soavemente in petto.
«Amabil cavaliere». (Leggendo) Oh caro foglio! (Bacia la lettera)
«Conte mio». Conte mio! Se suo mi chiama
mia sarà per giustizia anche madama.
che mi palpita il cor per il contento.
State attenti, signori, e poi crepate.
vuol ch’io sia preferito. Sa ch’io sono
un uomo accorto e di sottile ingegno
e mi mette perciò nel grande impegno.
so quant’io vaglio e trionfar confido.
se non vinco costor sarà mio danno.
Per dir la verità, so che madama
più d’ogni altro mi ama e so che aspetta
dalla mia tenerezza il più bel segno
ma mi dà del pensiere un tale impegno.
questi rivali miei? Davver non so.
Basta, ci penserò. Tu scaltro amore
fa’ ch’io riesca con gloria e con valore.
nettare prezioso e delicato,
benedetto colui che ti ha inventato.
il sorbetto gelato e il caldo amore.
ora all’altra m’invio. Se vuol madama
quel che più le sa dar d’amore un segno,
io superare ogni rival m’impegno.
Amiche, così è, solo per gioco
scherzo d’amor col foco e non m’accendo.
La libertà per un piacer non vendo.
non si trova nel mondo un ben maggiore.
Tutte, tutte pazzie. Finché noi siamo
siam servite e adorate e allora quando
cadute siam degli uomini in possesso,
il suo tenero cor non è lo stesso.
E questo gran piacer, questo gran bene
svanisce a un tratto e si converte in pene.
ed intorno di voi ne avete tanti?
e i cuor ferite e seminate ardori?
vedermi ad adorar ma non per questo
mi lascio innamorar, ve lo protesto.
ma poi verrà quel dì che cederete.
E d’amore anche voi sospirerete.
Non penso all’avvenire; or me la godo,
se piangerò di consolarmi ho il modo.
di recarmi ciascun d’amore un pegno.
qualche cosa godrem di caricato.
Davver ve la godete come va.
Mi piace in verità sì bel talento.
Voglio che ci prendiam divertimento.
Rispettoso a madama io mi presento.
chi di voi sa mostrar miglior affetto
e da me il vincitor sarà l’eletto.
una prova d’amor. (Dà una carta a madama)
Ecco un segno d’amor che val per cento. (Come sopra)
(Son curiosa davver). (Piano alla contessa)
La giustizia a chi merta or si farà.
Sentiam di questi fogli il contenuto.
(Legge il mio per il primo, amore aiuto). (Da sé)
per prova singolar di vero affetto
che madama Cracché bella e vezzosa
marchesina sarà, sarà mia sposa».
Ecco la mano e la vittoria è mia.
(Il mio core in amor spera e confida).
Che vuol dir questo rosso? (Aprendo il foglio)
per prova dell’amor scritto ha col sangue».
a ferirvi per me l’amor vi ha spinto?
Ah madama pietosa, ho vinto, ho vinto.
Tempo a leggere gli altri io vi domando.
(Amore, al tuo favor mi raccomando).
di madama Cracché davvero io sono
a lei tutti i miei beni io cedo e dono».
Grazie, grazie ad amor son vittorioso.
leggiam quest’altro e terminiamo il gioco.
Madama al buonumor so ch’è inclinata).
giochi, feste, teatri e pransi e cene
perch’ella si diverta e rida e goda,
come vuole il gran mondo e la gran moda».
La pugna ho vinto e la corona io spero.
Oda ogniuno di voi la mia sentenza.
Mi rallegro di cor con lor signori.
Son tutti gloriosi e vincitori. (Parte)
Signori che in amor sono rivali
or non v’è più che dir, son tutti eguali. (Parte)
Ciascun di voi mi renderà ragione.
di battermi non sfuggo a diritura.
Vedrete il bracio mio quel che sa fare.
favorite, vi prego in cortesia,
dell’amabile vostra compagnia.
Troppo gentil, madama di Cracché.
Sans façon, sans façon, à la françé,
e se un vero piacer volete farmi
priegovi di restare ad onorarmi.
il cavaliere e il solito francese.
Scegliere il più diletto e maritarvi.
Ma non voglio parlar di matrimonio. (Parte)
Godiam la libertà fin che possiamo.
Nel fior di gioventù non ci leghiamo.
diedemi permission né crederei...
Lasciatemi parlar, non vi adirate,
vengo a prender congedo. Addio.
più non vi rivedrò. Da questo suolo
Vado al paese mio, torno in Savoia.
A lei m’inchino. (Inchinandosi)
Cavaliere, monsieur padroni miei. (Con vari inchini)
Ah, che vous jêt joli. (Come sopra)
Serva umilissima. (Come sopra e stranuta)
tutti vi aspetto a favorirmi al ballo.
À la danse, à la danse. (Saltando)
quel che piace a madama e quel che vuole.
vostro amante e vassallo e servitore. (Con inchini)
verran delle bellezze più di una
e potrete sperar qualche fortuna.
nella vostra bellezza il bel di tutte.
In paragon di voi tutte son brutte.
So che il vostro parlar non è verace
ma il sentirmi lodar non mi dispiace.
voi avete negli occhi il nume arciero.
vada a sollecitar di là il mio cuoco.
Vado e un piatto ancor io vo’ far per gioco.
con quanta cortesia stupenda e rara
dai cavalier son favorita a gara.
fa che il merito in voi non sia perfetto.
il difetto che avete ognun lo sa.
Siete senza pietà con chi vi adora.
Non seppe alcuno innamorarmi ancora.
Come si può sperar grazia ed amore?
vo’ il mio genio svelar bizzaro e strano.
fatta sono dell’altre. Hanno le donne
dei vezzi e le carezze; io, che le credo
vo’ che gridi, minacci e mi maltratti.
le soavi parole e i vezzi e i pianti,
se sprezzarmi saprete io vi amerò.
(Per divertirsi ben vi vuol ingegno).
Chi più ardito sarà, sarà più amato.
Godere io spero. (Viene madama coi quattro cavalieri)