Metrica: interrogazione
293 endecasillabi (recitativo) in Li uccellatori Venezia, Fenzo, 1759 
Qual è quello dei tre che voi amate?
per qual di questi tre serbo più stima,
voglio sapere il genio vostro in prima.
                                 Signora no.
                                          Dirlo non voglio.
ve ne farò pentir, ve lo prometto.
Giovinette gentili io vi saluto.
                                     Credo stia bene.
Ditele che Riccardo a lei sen viene.
                                             E lo sappiamo
(Promette sempre e non attende mai). (Parte)
posso anch’io qualche cosa.
                                                   A voi non meno
                                              Io vi prometto
ma qualcosa per me farete poi?
                                        Patisco anch’io
protezione ed aiuto io vi domando.
or la pena produce, ora il diletto.
che per me bramerei. Se la contessa
conseguire in isposa un dì mi lice
sarò nell’amor mio, sarò felice.
                                    Incomodarvi
di venire da voi più non son degno?
godo l’aria pigliar sui primi albori.
né può essere il suo maggior del mio.
                                               E che ciò sia
sento abbrucciarmi anch’io padrona mia.
temprar le fiamme e moderar l’affanno.
Il rimedio è talor peggior del danno.
consolazion con i favori suoi?
Sì mi può consolar ma non con voi.
                                        Per dir il vero
che non siate con lui così scortese.
ed ei se il mio contegno non gli piace
che vada altrove e che mi lasci in pace.
grata mercede al mio sincero affetto
ed io voglio adorarla a suo dispetto.
                                          Purtroppo il sento.
per cagione d’amor mi cruccia il core
ma lo devo celar per mio rossore.
                                  Lo chiedi invano.
dove del vostro cor tenda il desio,
anch’io mi scopro e vi confido il mio.
anche il tuo core a sospirare è avezzo?
Eh ho principiato a sospirar ch’è un pezzo.
che non faccia arrossir chi è dissuguale.
ma all’interna passion ressisto invano.
Questa mane davver son sfortunato;
colla civetta mia brava e valente
e pure ancora non ho preso niente,
non mi voglia più bene e che per questo,
non sperando da lei finezza alcuna,
mi abbandoni l’amore e la fortuna.
esser solea degl’uccelletti il loco.
i vimini dispor vo’ qui d’intorno,
pria che si avanzi e si riscaldi il giorno. (Va distribuendo ed attaccando le bacchettine vischiate ai rami degl’alberi della scena e vicino pianta il bastone colla civetta. La fa gioccare e si senton gl’uccelletti cantare e si vedono volare d’intorno)
Io sono stato a faticarmi un’ora
ed una quaglia non ho preso ancora.
tese ho le reti ad una sciepe intorno,
poiché col frutto dei sudori miei
regalar la mia bella anch’io vorrei.
voi amaste colei che piace a me,
diventiamo nemici immantinente.
se non siete Toniolo amico mio,
se celate l’amor, lo celo anch’io.
Se non importa a voi, che importa a me?
Ritorno a quagliottar, poi si vedremo,
abitan queste selve io son geloso.
Son di tutti il più bello e il più grazioso.
io le sgrido; esse restan incantate,
tutte di mia beltade innamorate.
che lo burlino tutte a una maniera;
questa sua presunzion poco m’importa.
d’una sola mi basta aver il cuore.
la fatica per oggi è terminata.
che la sorte sul fin mi ha un po’ aiutato,
dieci quaglie ho pigliato in un momento,
di tal preda per oggi io mi contento.
e son tutti gentili e grossi e belli.
                                              Io vo’ donarli
                                     Ed io destino
regalar le mie quaglie a un bel visino.
ho trovato gli augei che qui vedete. (Mostrando il suo canestro)
Trateniamoci un poco e riposiamo.
Publichiamo una volta i nostri ardori.
                                                 Ed io né meno.
a svelare primier sarei ben scioco.
Chi dee primo parlar giochiamo al tocco.
                      Son qui.
                                        Conterò io.
                                     L’impegno è mio. (Facendosi il ritornello pensano prima di gettar i punti colle dita, poi Cecco getta due, Toniolo tre e Pierotto quattro tutti nel medesimo tempo. Dopo di che Pierotto conta principiando uno da Cecco, due da Toniolo e tre da lui, così che verebbe a cadere in lui medesimo il numero nove e toccherebbe a lui parlar primo)
                                       Né io ricuso
se cessate sturbar la pace mia.
mai più vi parlerò. Ma posso almeno
da voi sapere a chi donaste il cuore?
                                        È dunque indegna
di voi la fiamma che vi accende il petto?
Cedei forzata a un violento affetto.
                                            Dirlo non so.
Nascondetelo pur, lo scoprirò.
Basta signora mia, basta, ho capito.
di Cecco è il vostro cuor. Ma quell’indegno
dovrà pentirsi e proverà il mio sdegno.
lungamente l’amor rinchiuso in petto
ma vuo’ amar chi mi piace a suo dispetto).
Se sapere lo vuoi tel spiegherò.
                                 Sappi Cecchino
                                     Sin qui mi pare
                                            Ed il marchese
Questa poi mi rassembra una pazzia.
                                    Io lo sarei
quando alcun disturbasse i fatti miei.
                                    Per qual ragione?
disturbare in amor gli affari suoi.
                                      Anzi al contrario
E s’egli arde per voi, che c’entro io?
                                                Oh questa è bella!
La spiegazion di questa cosa io bramo.
Cecco non posso più, sappi ch’io t’amo.
                                   Te lo protesto.
In verità maravigliato io resto.
trasse lo stral che mi ha ferito il petto
e in mercede il mio cuor ti chiede affetto.
francamente dirò la mia oppinione.
merta lo veggo un trattamento ingrato.
che a lusingarmi ed a sperar m’invita.
Oh Mariannina è qui. Vo’ ritirarmi
in presenza di lei non vo’ svelarmi. (Entra in una cappana)
Subito in questo dì vo’ dichiararmi.
voglio stare a veder da questo loco. (Entra in un’altra cappana)
che la femina ognor si attacca al peggio.
                                                 Veramente
ch’ella ami un contadin male non è
ma in tal caso dovria farlo con me.
                                             Ad un mio pari
si offeriscon denari? Cospettone,
Ricusare il denar non ti consiglio.
                                                 Ti darò
                                            Un galantuomo
                                  Se tu non vuoi
Via contate il denaro e si vedrà.
sarà pronto il denar quando tu vuoi.
Cecco per le mie mani ha da morire
che non sono dell’or tanto goloso,
ma perché sono anch’io di lui geloso.
meco si sdegnerà. Ma cosa importa?
nulla ottener poss’io; quando egli mora
posso sperar ch’ella si cangi ancora. (Parte)
Lo vogliono ammazzare? Manco male
vo’ stare attenta ed avvisarlo io voglio).
lo vorrei avvertir... Ma qui costei?
Ch’ella fosse la prima io non vorrei).
Non vorrei prevenisse il parlar mio).
                            Ci son venuta or ora.
                                            Io no al presente.
(Dunque ho piacer, non avrà inteso niente).
                                     Sì poc’anzi.
                                    Non ho sentito.
(Dunque la trama lor non ha capito).
                                       Vo a lavorare.
Quando è così ve ne potreste andare.
                                       Via dunque andate.
                      Vi do pena?
                                              Andate voi.
Partite prima, io partirò da poi.
                                      (Finger saprò).
(Vo’ mostrar di partir, poi tornerò).
                    Buongiorno.
                                             Addio.
                                                            Addio. (Partino)
far l’amore con me! Non son sì pazzo.
e non voglio in amor tali pasticci.
Quasi quasi davver l’ammazzerei). (Si avanza verso Cecco e all’arrivo di Mariannina si ritira)
chi è mai quello che vuole assassinarmi?
Ora ch’è andata via quella fraschetta
del torto che mi fa vo’ far vendetta. (Si avanza verso Cecco)
Poverino senz’altro io morirò.
Che ho da far di quest’armi? Or più che mai
ed ancora il nemico è a me celato.
ammazzare colui ch’è mio nemico,
sì lo vo’ trucidar. (S’imposta collo schioppo)
                                  Ferma ti dico. (Trattiene il colpo e Pierotto si lascia cadere per paura lo schioppo e diverse armi bianche che avea preparato e si ritira)
Oh briccone sei tu. (A Toniolo)
                                     Son io Cecchino,
No, quel tu sei che di ammazzarmi intende.
voglio cavarti il core. (Minacciandolo)
                                        Aiuto, aiuto.
Son qui, non ho paura. (Prende un’arma da terra)
                                            In due venite
                                                Io non so niente.
Siano presi e legati tutti tre.
di scherzar coll’amico ebbi pensiero.
chi è innocente, chi è reo si scoprirà.
giudice della causa un laureato.
non li posso soffrir; son di buon core
e posso dire anch’io la canzonzina
d’una bella e gentil venezianina.
Andiam; povero me! Non so che dire,
meco sia disgustata e che non voglia
del mio disprezzo vendicar le offese. (Parte con alcuni villani)
Io mi confido nel signor marchese. (Parte con alcuni villani)
son con gl’altri compreso e processato?
voglia per salvar lui precipitarmi.
Donne, donne con voi voglio sfogarmi.
mi diè l’autorità di giudicare
prevalere mi vo’ d’una finzione;
che Cecco fosse suo per mia sentenza
ma se resta gabbata avrà pazienza.
i tre rei processati al mio cospetto.
L’arrivo lor nell’altra stanza aspetto. (Parte e il servo ancora)
di giudicare a modo suo destina,
che del giudice finto alla presenza
mi opporrò qual notaro alla sentenza.
alfin si è discoperta e a Cecco mio
serbo l’affetto anch’io. Vengono affé,
eccoli tutti tre; starò in un canto,
ad osservar quello che siegue intanto. (Parte)
Non so quel ch’abbia fatto. Ah non vorrei
che da lui fosse il cenno mio eseguito.
Del comando crudel son già pentito. (In atto di partire)
(Qualche cosa vogl’io trargli di mano).
                                          L’ho trovato.
                                     Eh! L’ho ammazzato.
è morto sulla botta e son venuto
il danaro a pigliar ch’è convenuto.
traditor mercenario. Il mio comando
non dovevi eseguir. Pensar dovevi
che bollivami allora in sen lo sdegno.
                                       Vattene indegno.
che non fosse il meschin di vita privo.
Eh! Si potrebbe dar ch’ei fosse vivo.
                                              Oh non signore.
(Ti ringrazio fortuna). Eccolo qua.
Bondì a vossignoria. (Al marchese passando)
                                        Dove ten vai?
e ad uccellar fra queste siepi io torno.
                                           Son qui signore.
Di grazia una parola. (Al marchese)
                                         E cosa vuoi?
cento doppie di Spagna avreste dato.
Egli è vivo signor per mia cagione.
morto o vivo ch’ei sia, tu sei mendace.
                               Vatene audace.
                                         Sapete voi
                                     No padron mio
                                    Sono stat’io.
Grazie alla sua bontà. Cosa gl’ho fatto
di lei non me ne curo. E se sapete
ch’io accetti mai della sua grazia il dono
fattemi scorticar, ch’io vel perdono.
Fate il vostro dover, vi sarò amico.
non fa per me. Sol Roccolina adoro,
ella sola è il mio bene, è il mio tesoro.
                                    Ho rissoluto.
D’esser la sposa tua sperar potrò?
Vuoi ch’io parli sincer. Madonna no.
                                                Dirti potrei
Ma in mendicar le scuse io non m’imbroglio.
Non mi piace il tuo volto e non ti voglio. (Parte)
a me parli così? Mai più lo giuro,
                                            Di’ Mariannina,
                                      Io non lo so.
E sapendolo ancor non tel dirò.
                                    Son io l’amato?
Sì non lo sai? Non lo conosci ingrato?
io sospiro per te che son degl’anni.
e che la mia passion si prenda a gioco.
sarà meglio che anch’io m’attacchi a lei.
                                         Cecco, signora,
Sarà dove il suo cor d’essere inclina,
sarà forse dappresso a Roccolina.
                                            Oh sì signora.
Ma Roccolina non mel disse ancora.
                                         Roccolina
e mi farebbe un trattamento indegno.
la gentil barzelletta e in quell’instante
ella di Cecco si è scoperta amante.
                                    Ma compatite,
un consorte incivil mirarvi appresso?
Una contessa avvilirebbe il sesso.
Costui non dice male; è qualche tempo
che vo facendo il precipizio mio.
soffrir simili torti e se il marchese
forse all’affetto suo vorrei piegarmi.
una spina crudel al cor mi sento.
e a Roccolina tua non pensi mai?
                                                 Crudellaccio!
Lo vederei se tu pensasti a me.
che per te Roccolina mia diletta
                                      Non è poco,
si vede che di me fai capitale
mettendomi al confronto un animale.
compatirmi dovrai. Quella bestiola
ma quel caro visin val più di lei.
Credete pur, che il sospettare è vano.
Sì vi credo ed in prova ecco la mano.
Signora compatite... (Alla contessa)
                                        A me dinanzi
                                           Non vi adirate
No, se sposa sei tu, son sposa anch’io.
                       Ed io pure.
                                              Ed io meschino
son restato signori un babuino.
voglio darvi di uccelli una spedata.

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