Ah mi querelo e mi tormento invano.
Don Ippolito certo ha del villano.
Appena appena si vedea stamane
lo scortese balzò fuor delle piume.
sarà al solito stanco e affaticato.
ora al monte, ora al piano, a sol scoperto!
Per la sua moglie nol farebbe al certo.
Oh bel piacere! Oh bel piacer la caccia!
Prendete avanti dì sì bel concento
e andate sempre a contrastar col vento!
ci sto sino alle dieci; e vi par poco?
Ma chi puole alle due cacciarsi in letto?
Chi può starci qual voi, fin mezzodì?
Vien la conversazione e fin che dura
farle conviene un trattamento onesto.
La mia conversazion finisce presto.
Avvilirvi cotanto è una vergogna.
Voi vi alzate assai più che non bisogna.
Ogniun pensi a sé stesso.
che facciate, signora, a modo vostro,
ma lasciatemi almeno andare a caccia.
in queste nostre amabili campagne
colle villane a pappolar castagne.
se a suo modo vuol fare, io faccio al mio.
unirci in opinione ed è tutt’uno.
e ostinati, a dir ver, siam tutti due.
venga il signor marchese; egli è padrone. (Grillo parte)
Onora la mia casa; e mio marito
prattica sol villani. In questa nostra
solo per cagion mia si fa figura.
Sempre bella e gentil, sempre garbata.
Sempre sua serva. (Inchinandosi)
(È sempre caricata). (Da sé)
meglio mi ha fatto riposare assai
quel che al gioco iersera io guadagnai.
pena di queste cose io non mi piglio.
è avvantaggio per me non sì leggiero,
guadagnando il favor d’un cavaliero.
Obbligato davver me le professo.
(Procurerò di favorirla spesso). (Da sé)
una grazia vorrei, signor marchese.
se disturbo sovverchio io non le reco,
che oggi restasse a desinar con meco.
(Per queste grazie non mi fo pregare).
che avete, inver, di principessa il vanto.
misurando col cuor la mia fortuna,
m’abbiano i genitor cambiato in cuna.
Lo dubito ancor io; chiaro si vede
in quella fronte ed in quel ciglio altero
che vostra madre non ha detto il vero.
un discreto consorte avessi almeno,
potrei far col mio spirto altra figura!
(Che bella original caricatura!)
in abbietto villaggio i giorni suoi.
Ci sto per voi. (Dolcemente)
la vostra nobiltade, il grado vostro,
il vostro spirto d’eroismi adorno
piacevole mi rende il mio soggiorno.
Troppo gentil, troppo obbligante.
lo scalco, il maggiordomo, il credenziere
che oggi abbiamo alla mensa un cavaliere.
se per poco da voi mi ho da dividere.
(Mi vuol fare costei crepar di ridere).
Bella, bella davvero, arcibellissima!
all’estremo del buon tanto s’accosta
che per farsi burlare è fatta apposta.
Vuol ch’io pranzi con lei? Si pranzerà.
non accettar sì bella cortesia,
non goderla sarebbe una pazzia.
di non voler trattar con i suoi pari;
e a forza ancora d’essere schernita
vuol essere servita da un marchese
ed io godo il buon tempo alle sue spese.
e non abbiate mica soggezione,
che, alfin, di questa casa io son padrone.
e so che non mi vede volontieri.
vuol dar questa mattina alle mie spese
Vuo’ che voi ci venghiate in compagnia
e anch’io voglio goder la parte mia.
che paura non ho de’ brutti musi.
ma sono al par di lei donna onorata.
E per tale vi tengo e più vi stimo
delle nostre superbe cittadine.
noi non sappiamo colorir la pelle,
e coperta tenghiam la robba nostra,
perché vendere vuol chi fa la mostra.
carne di qualche bestia poco sana.
Non come fan le vostre mogli belle
che a dispetto dell’uom commandan elle.
E voialtri babbei de maritati,
invece di dar loro delle botte,
tacete e state lì, come marmotte.
Dice bene la Sandra, dice bene,
ma se sola sen va per i dirupi,
un qualche dì non fugirà dai lupi.
Non la voglio trattar con villania,
stiamo in pace per oggi e in allegria.
Me ne consolo. (Al marchese)
Usategli un po’ più di civiltà. (A don Ippolito)
Voi l’avete invitato, io son contento.
Che? C’è bisogno d’altro complimento?
Dice bene il signore. (A donna Florida)
Ei della civiltà sa poco gli usi. (Al marchese)
Voi ne sapete assai. (Ironico a donna Florida)
d’insegnarvi a trattar sarei capace.
Dice ben la signora. (A don Ippolito)
Ciascheduno ha di voi le sue ragioni
Fra di voi ritornate in armonia,
pace, pace, signori, in grazia mia.
Oggi goder io spero i dolci effetti
(Almen per oggi che si mangi in pace). (Da sé)
mi lasciarete voi? (A don Ippolito)
Fin che volete in casa resterò.
Non potrebbe più far conversazione). (Da sé)
senza il marito e le sue grosse entrate
la figura e lo scialo che ora fate?
Dite bene, marchese, in verità;
non so come anderà. Ma certamente
non vuo’ mettermi a rischio un’altra volta
che quella testa originale e strana
mi conduca sugl’occhi una villana.
Vuo’ servirvi davvero come va.
Vostro marito affé si cangierà.
spero con un pochino di paura.
Ora vado a drittura a prepararmi.
Marchesino, pensate a vendicarmi.
Di questo cuor non vi mettete in pena.
(Bastami qualche pranzo e qualche cena). (Parte)
Mettermi a fianco una villana? A me
che posso stare a tavola d’un re?
farmi servir da un principe d’altezza?
di venire con me non è più degno.
di renderlo ben ben mortificato;
marito indecoroso! Omo malnato!
condur chi voglio! E mi ha da comandare
e i calzoni li voglio portar io;
e l’ho lasciata fare, in avvenire
dovrà starsene bassa ed obbedire.
e intendere mi fo, quando raggiono.
(Brutta fisonomia! Che mai vorrà).
Parli, che non son sordo.
parlar non vuo’. Venite a’ cenni miei.
Scomodar si potrebbe ancora lei.
se venir vi farò. (Minacciandolo)
Per due passi di più si potrà fare.
(Io non ho voglia di precipitare).
come ci vuol entrar vossignoria.
parente, amico e protettore io sono.
E a lei dovete domandar perdono.
ho ragione, signor, che me ne avvanza.
Men parole, vi dico, e men baldanza.
Voi chiedete perdono alla consorte
o questa spada vi darà la morte.
ora colle mie man vi ammazzerò.
Ho da chieder perdono a quell’ardita?
Non so che dir; preme salvar la vita).
per placarla, di cuore un complimento.
(Maledetta!... Costui mi fa spavento).
È lei che mi domanda? (Al marchese)
Son qui per vendicar le vostre offese.
Grazie alla sua bontà. (Bravo marchese).
A voi; chiedete (A don Ippolito)
alla sposa sdegnata umil perdono;
o che vi passo il cor, da quel ch’io sono.
di ricever da me simile offizio. (A donna Florida)
Imparate a trattar con più giudizio.
Presto, vi dico, o che vi passo il petto.
Adagio, per pietà; sì lo farò.
Ma che mai ho da dir? Mi proverò.
quando meco facesse il bell’umore,
il parente, l’amico, il protettore.
mi levo i baffi e lo straniero arnese.
Mi raccomando a voi, signor marchese.
Basta che comandiate. In ogni caso
Correrò se bisogna anche la posta.
Per le donne servir son fatto apposta.
se avessi per marito o per amante
un valoroso cavaliero errante.
come diceva don Chisciotte un dì:
mia sovrana, mia dea, mio sol, mio nume.
Ardo come farfalla intorno al lume.
Pende dagli occhi vostri il mio destino.
chi a voi non dà della bellezza il regno.
vi fanno la regina delle belle».
ma voi siete, davvero, un bel poltrone.
un certo protettore o sia parente.
Per quel che vedo non sapete niente.
che so tutta la cosa come andò.
Coi brutti baffi e con quel brutto arnese,
lo sapete chi è? Il signor marchese.
Che me l’ha confidato il suo fattore.
Farmi alla moglie mia chieder perdono,
se vendetta non fo, non son chi sono.
perché anch’io sono stata strappazzata.
A questa prosontuosa, superbaccia
voglio render, affé, pan per focaccia. (Parte)
che dicono di noi, per quel ch’io veggio,
con tutti i lor denar stanno anche peggio.
Non si contentan mai. Le genti basse
e vorrebbe ciascun nobilitarsi.
e prenderebbe dell’altezza ancora
fatto de’ capitali un bel consumo,
va l’arrosto perdendo e resta il fumo.
statevi ritirata in questo loco,
che all’occasion vi chiamerò fra poco.
che oggi mi ha fatto la soverchieria,
se mi riesce di far la parte mia.
che ci fosse con lei quel bel signore
che sa fare sì ben da protettore.
Ehi, dico. (A donna Florida alterando la voce)
(Se ci fosse il marchese!) (Da sé con timore)
Qua dovete venir, quando v’invito.
(Oh se almeno ci fosse mio marito!) (Da sé)
quel mio marito non si può soffrire.
Malcreato, villano, è un animale.
Non voglio che di lui si dica male.
e chieder gli dovete perdonanza.
e se non si farà quel che dirò,
cospetto, cospetton, v’ammazzerò.
Oh poverina me!... Signor marchese
(Venga, che anche per lui preparo il resto).
Che vuol dir, mia signora?
che faccia a modo mio; voglio che chieda
cospetto, cospetton, voglio ammazzarlo.
mostratevi compita e generosa.
Finalmente non è poi sì gran cosa.
pel vostro bene (e per il mio periglio).
Vi abbasserete voi? (Mostrando la spada)
Sì signor, lo farà, non dubitate.
(Voi avete paura). (A donna Florida)
(E voi tremate). (Al marchese)
voglio che desinate stamattina
Desinerete voi! (Mostrandogli la spada)
Sì signor, sì signor, non minacciate.
(Voi avete timor). (A donna Florida)
(Voi non burlate). (Al marchese)
Fate quel che commando, io qua mi celo;
voglio starvi a vedere e quando poi
non si faccia così poveri voi. (Li minaccia con la spada e parte)
ora mostrate tanta codardia?
Codesto bravo non si sa chi sia.
s’egli ha fatto con voi la stessa cosa.