che piglia questa china vuol star bene.
È vecchia, secca, dura indiavolata;
e pur si venderà per prilibata.
che non bada né a vasi né a ricette
e altro studio non ha che le gazette;
che so leggere appena un tantinino
dispenso ora da questo, or da quel vaso
le medicine agl’amalati a caso.
raccolte questa mane innanzi al sole.
date qui, date qui, ragazza mia.
Con buona grazia di vusignoria. (Ripone il cestello)
Prima pagate e poi ve le darò.
«Guardati figlia mia, non ti fidare.
Non ti lasciar dagli uomini gabbare».
e ancora non ho fatta collazione.
facciamo un’insalata presto, presto.
Andate via, non mi toccate il cesto.
mi ha detto: «Figlia mia guardati bene.
Se l’uomo vuol toccar, non esser sciocca,
l’uomo è focoso e bruccia dove tocca».
le tornerò a portare a casa mia
ma non voglio arrischiar la mercanzia.
e la sua mercanzia mi comprerei.
un’invenzion nell’isole Molucche
di far col fil di ferro le perruche.
gravido si è scoperto e ha partorito. (Leggendo)
oh se potessi partorire anch’io...
di pigliar centomilla genuine...
il mio caso medemo originale.
ed ei per carità se l’ha sposata.
Non l’ho sposata ma la sposerò.
han fatto vela e sono andate via. (Leggendo)
si sentirà questa gentil novella,
che vostra figlia l’avrà fatta bella.
Il soffà non vuol dire un seggiolone?
sarà, in virtù di qualche testa buona,
congiunto in matrimonio a una poltrona.
Padron mio. (Leggendo piano)
La peste ha fatto strage in la Turchia.
tra me e il padrone non vi è differenza.
che cerco e che sospiro è solo Albina).
Certo medicamento o sia pozione...
Eccola (già son qui sol per Grilletta).
siete voi dilettanti di novelle?
unito ad una donna fu trovato
e ’l pover galantuom l’hanno impiccato.
Preparatemi presto la pozione.
(Diavolo! Non intendo la ricetta).
non so se dica qui spirito o sale).
del signor speziale come sta. (A Mengone)
non so se siano oncie o se sian dramme).
Non l’intendo né mai l’intenderò.
Ma la pratica adesso adoprerò).
signori miei, voi l’intendete male;
io non faccio il mezzan, fo lo speziale.
Fateci la ricetta e perdonate.
Per uno che patisce indigestione.
Per uno che non può... se m’intendete.
ora presto vi servo tutti due.
ho finto di portare una ricetta,
Codesto scimunito di Sempronio
ha una figlia assai vaga.
E noi procurarem d’innamorarle
Io mi ritiro a far la guardia adesso,
poi farete per me voi pur lo stesso. (Parte)
questi al certo è Lucindo).
solamente potete e poi lasciarmi.
di tormento maggior. Vedervi appena,
né potervi spiegare il mio tormento,
è un dolore, ben mio, che val per cento.
È ver, s’aspetta a me; ma voi mia cara
Lo seguirò s’egli di me fia degno.
voi non mi avete chiesta.
aver per questa via la vostra mano
sagrifichi per lui la vita, il cuore.
rendendo il vostro cor lieto e beato.
che felice esser deggia a voi unita?
tutto vostro sarò. Voi disporrete
di me, de’ pensier miei...
degl’amanti è codesto. Ah poi si cangia
se tenero amator vi son adesso,
sarà, bell’idol mio, sempre lo stesso.
Poco non è che il genitor non m’abbia
e sorpresa e sgridata; oh son pur stanca
che potria risanarvi è un bel marito.
questo è il miglior cordial pel nostro sesso;
e patisco ancor io quel male istesso.
che farà cautamente i fatti suoi
perché non vuol il padre vostro udirvi,
ma fidatevi a me, saprò servirvi.
mi vorrebbe sposar ma non fa niente.
simulate con arte il vostro foco,
procuriam tutte due vincere il gioco.
voi con Lucindo ed io col mio Mengone,
noi vinceremo il dolce matrimonio
e quel che perderà sarà Sempronio.
voi mi rinvigorite; in grazia vostra
crescer la gioia e cedere il tormento.
quel che vorrei per me venisse fatto...
non vuol ch’io parli con nessuno al mondo.
Oh io son obbediente al mio tuttore.
dunque dai fatti miei cosa volete?
uno sciocco lasciar che non ha merto.
serva, signor eroe del Campidoglio.
Voi meritate assai ma non vi voglio.
Sprezzarmi? Dilegiarmi? Cospettone!
Io vo la vostra sorte procurando.
Maledetta fortuna? Ancor mi burla?
ah se trovo Mingone io me l’ammazzo.
e poi non ho trovato più nessuno,
prendean tai medicine ho ben paura
che andassero a guarire in sepoltura.
Zitto, che se il padron...
Ma so che amata sei dal mio padrone.
E temo le carezze del bastone.
si può soffrire qualche bastonata.
Non vorrei... Ho paura...
Andrebbe ben ma ho un poco di paura.
son tua sposa. (Si dan la mano con timore)
Tuo sono... Eccolo qui. (Vedendo Sempronio)
Si sente male. Io gli tastavo il polso.
Poverino! Ha il suo mal tutto di drento.
mondate la ciccoria e l’accetosa.
tra i signori che adesso sono in guerra
la division del mare e della terra. (Sempronio siede e scrive e Mengone si pone a stacciare e Grilletta a mondar l’erbe)
Me la fanno sugli occhi. Io mi lusingo
di sposar la pupilla e di pigliarmi
e lei fa la graziosa con Mingone.
Vorrei parlare con vusignoria.
Ho bisogno di lei, signor padrone.
Amico caro principiate voi. (A Volpino)
Ditelo voi, non posso andar avanti. (A Lucindo)
Noi siam due poverini innamorati.
E venite da me? Cosa ho da farvi.
dico di no, la mia ragione è questa. (Vuol partire)
Racontatella presto; oh sarà bella.
col propio amante se n’è andata via.
Sentite questa che sarà più bella.
ma con tutta la bella novelletta,
quel galantuom non averà Grilletta.
Una cosa dirò purtroppo vera.
io vi chiedo, signor, vostra figliuola.
dico che lei si può nettar i denti.
Così austero perché? Voi mi vedreste
cadere a’ vostri piè morto e svenato.
Mi fan ridere affé certi sguaiati,
fanno li spasimati per le dame
tra l’amor combattendo e tra la fame.
a dispetto d’ognun sarà mia sposa.
Eccolo; andiamo via. (Piano a Grilletta)
A riveder Volpino? (A Grilletta)
poverino! Per voi si disperava.
Se vi vedo parlar con quella gente,
mi venga l’anticor, se non vi batto.
io lo stesso farò col mio Mengone.
l’obbligo non avete come ho io
d’essere rispettosa al padre mio.
in maniera parlate ch’io v’intenda.
Ognun dal canto suo cura si prenda.
Mi avete pur promesso d’aiutarmi.
farem le cose nostre in compagnia.
se mi lasciate voi Grilleta io moro.
va facendo l’amor per eccellenza.
che il padron mi vedesse.
mi aspetto dal padron qualche bravata.
Ma concluder conviene, o dichiararsi
Convien che mi diciate o sì o no.
siete troppo di spirito meschino,
sarà meglio ch’io sposi il mio Volpino.
Brava! Il vostro Volpino! Ho inteso tutto,
sì, sposatelo pur, buon pro vi faccia
cagna, trista, assassina, crudelaccia.
sarà meglio per voi sposar Volpino.
che io sono un sciocco e no son degno
una donna sposar di tanto ingegno.
non merita toccar sì bella mano.
Dunque migliori il suo destino;
or che l’erbe ho vendute e il cestellino,
divertirmi con lui vuo’ un pocolino). (Da sé)
(Ecco a tempo Cecchina; in fede mia,
a Grilletta vogl’io dar gelosia). (Da sé)
Eccomi qui tornata dalla piazza. (A Mengone)
di darmi qui da voi la colazione.
e vi darò volendolo aggradire
da colazion, da cena e da dormire.
a tutte queste cose accommodarmi
Mi tradirai così? (Piano a Mengone)
Va’ da Volpino. (Piano a Grilletta)
ma io per ora non ne ho volontà.
altra da voi non voglio colazione.
Eh! Agli uomini non vuo’ servir di giuoco.
e m’ha fita la cosa nel pensiero,
che non voglia scherzar ma far davvero.
che gl’uomini tallor sono insolenti,
a chi vi vuol toccar, mostrate i denti.
io soglio far così coi giovinotti,
mi diffendo coi pugni e i pizzicotti.
Mi son ben vendicato. (Da sé)
che un’amante sua pari ha ritrovato.
una sposa sarà buona per lei.
(Basta, non le voi dar più gelosia). (Da sé)
scelerato, bricon, tristo, bastardo.
che ti sei con Cecchina divertito.
a quello che ho sentito e che ho veduto.
va’ che di te mi spoglio e d’ogni affetto
e mi strappo il tuo cor fuori del petto.
Bisogna procurare d’aggiustarla,
procurar di placarla e come mai?
Ma se in nulla mancai... Oh donne donne
a forza di lusinghe e di strapazzi
fatte che i poveruom diventin pazzi.
voglio al primo sposarmi che mi chiede.
Grilletta ho da parlarvi.
Qual è il vostro pensier?
non vorrete una frasca, un babbuino.
alla vostra fortuna, al vostro bene,
sciegliere un uom posato.
(Sì, lo voglio sposar per quell’indegno).
una figlia prudente. Ah non avete
(Io di rabbia morir farò Mengone).
che fra di noi si faccia la scrittura.
che avreste il mio pensiere secondato
e vedo che non m’ho niente ingannato.
(Basta, ci penserò prima di farla).
ingannare costui, l’avrei pur caro. (Da sé in distanza)
di matrimonio certa scritturetta.
(Colui mi disse il vero). Eccomi pronto.
presto portate carta e calamaro. (Servo porta l’occorrenze)
Scriva, signor notaro, io detterò.
(Il negozio va mal. Sono imbrogliato).
Ma se sono venuti a scomodarmi,
scriverò come vuol primo o secondo.
Avranno entrambi le mercedi sue,
Se si contenta lui, taccia ancor lei.
(Qualche scena graziosa ora mi aspetto).
D’accordo tutti due scrivino, io deto.
l’ha trovata Volpino e se riesce
e voi sarete mia sposa diletta.
che un tal nome di sposa a me convenga,
più lieto cor non vi sarà del mio.
che voi solo sospiro e che voi solo
fate la gioia mia, fate il mio duolo?
piacemi repplicar dai labri vostri.
amor gioia e contenti a noi prepara.
fui di goder; parmi che tutto aspiri
che sarò consolata il cor mi dice.
(Eccomi adesso un altro seccatore).
D’esser un galantuomo io mi protesto,
quel ch’io dico sostengo ed ecco il testo.
di cordiali e siroppi un capitale
e vuol al suo servizio uno speziale».
Leggete pure e sentirete il fine.
con introdurre dei medicamenti».
Per la peste ho un cordial che fa portenti.
carichi di casnà» vuol dir quattrini
un buon speziale ed una spezieria».
di queste spiaggie. Hanno mandato in terra
con un caichio questo foglio loro
e in questa terra chiedono licenza
di principiar la loro diligenza.
Vengano, son padroni; questa volta
a fare lo spezial vado in Turchia.
vi prometto una buona senseria.
e pur rassembra astuto ma toccando
della sua debolezza il tasto frale
fa vedere che in testa ha poco sale.
sarà doppio il diletto, aver io spero
con il mezzo gentil d’un lieto gioco.
Per voi si è disgustato l’amor mio.
m’è nato con Grilletta un brutto intrico.
Di voi, di lei non me n’importa un fico.
a dir a lei che a lei fedel io sono.
Voglio che le chiedete anche perdono.
Questa cosa tra femmine non s’usa,
prima vorrei morir che chieder scusa.
(Povero Mengoncin, pentita sono). (Da sé)
(Aggiustarla vorrei ma con decoro).
(Tornar in pace pagherei un tesoro).
(Volevo regalarle questo nastro;
almeno valerà quattro testoni.
Vale per dir il ver due ducatoni.
se nol posso donar vuo’ calpestarlo.
Poverino! (S’abbassa per prenderlo)
Si fermi. (S’abbassa anche lui)
Lasci. (Tutti due vogliono levar di terra, con lazzi, toccano la mano, poi resta a Grilletta)
Prenda. (Lo vuol dare a Mengone)
Questa non è più robba mia.
potiam partir. Porterò meco unguenti,
con oglio perfettissimo di zucca.
che aver figlia e pupilla a noi sposara.
Sposalo figlia e diverrai signora.
Noi scriverem le nuove di Turchia.
e in to presenza la voler...
mi farò ricco colla spezzieria). (Da sé)
che gente spiritosa e d’allegria!
Che paese gentile è la Turchia!
poiché vi contentiate ch’io mi sposi,
prendine quattro, se tu vuoi ancora.
Sì volentieri tutti due sposara,
tu questa, questa tu, padre e tuttore
in presenza di tanti testimoni
vi congiungo nei vostri matrimoni.
(Questa volta Sempronio ci è cascato).
Grilletta no trovara... Oh stara qua.
Stara qua, stara qua, star maritata.
Con quel bel turco si è sposata.
Pien di rabbia e di sdegno, io resto un cavolo
e tai baffi e vestiti mando al diavolo. (Levando li baffi si scopre)