Senza padre e senza madre
che ha paura di star sola,
mi potrebbe consolar. (Parte)
Cominciato ho a far l’amore
che non era lunga un dito,
se dicean: «Vuoi tu marito!»
rispondeva: «Tignortì. (Imita i bambini)
«Dello sposo che vuoi far?»
Palpitare il cor mi sento,
e se dura il crudo affanno
Può finire il mio tormento,
ma l’amor che vi si oppone
superare, oh dio! non so. (Parte)
Zitto zitto, non parlate,
tutt’intorno a lui s’aggira
al suo gallo umil s’inchina
Due e tre cinque e quattro nove.
Principiamo, uno, due, tre.
(Doveria toccare a me). (Da sé)
Non va bene, non va bene. (Tutti pensano)
Ritorniamo a principiar. (In questo escono Roccolina e Mariannina)
stiamo amica ad osservar.
una burla vorrei far. (Tornano a gettar le dita, Cecco getta quattro, Toniolo uno, Pierotto tre, principia da Toniolo, poi da Cecco, poi da lui)
Quattro e un cinque e tre fa otto.
Uno o due... Me n’ho avveduto,
sono accorto, sono astuto,
Ritorniamo a principiar. (Pensano come sopra)
Sin che sono attenti al gioco
vo’ appressarmi a poco a poco
Vengo anch’io; ma fate piano,
via passateli in mia mano,
io vi vengo ad aiutar. (Roccolina prende li cesti, due li passa in mano di Mariannina ed il terzo lo tiene per sé, poi si ritirano)
Uno e due. (Li tre gettano le dita)
Io non voglio principiar.
Tralasciamo di giocar. (S’alzano)
Voglio andar dalla mia bella
a recar quel che ho pigliato.
Chi l’ha preso? (Cercando il cesto)
Oh che gusto, oh che piacere
Questi frutti son per me. (Trova dei frutti nel cesto)
Ah che invece degli uccelli
questi fiori son pur belli. (Nel cesto trova dei fiori)
Ah le quaglie mi han levato
una calda polentina. (Trova nel cesto una polenta)
mi vogl’io raccomandar. (Alla contessa)
Vi ringrazio, non li accetto,
il buon cor mi riesce grato
ma nel venderli al mercato
vi potete approffittar. (Toniolo fa una riverenza e parte)
Mia signora io vi presento
quattro quaglie ed un quagliotto
e il buon cuore di Pierotto
Io non sdegno il dono vostro
ma di lui non so che far. (Pierotto parte con una riverenza)
Se non fosse troppo ardire
presentare anch’io vorrei
questi quattro uccelli miei
Ah Cecchino mio grazioso,
mi son cari, sì li accetto
Guarda guarda. (Gridando)
uno schioppo ha preparato
e vi vuole moschettar. (Parte)
Ho veduto che il briccone
preso ha in mano un cortellone
e vi vuole cortellar. (Parte)
il villan tra quelle fronde
che vi vuole trapolar. (Parte)
che vi vuol precipitar. (Parte)
Questo schioppo su pigliate.
Questa spada su impugnate.
Non vi state a spaventar.
Sti buletti, sti bravazzi, (Verso Pierotto)
sti cospetti, sti manazzi
Son le donne come i gatt,
se a ghe fé qualche strapazz
tiran fora quei unghiazz,
za le donn è natt al mond
L’error mio non mi spaventa
ma mi scotta e mi tormenta
perché mai da questa gente
Ah signor pietà, giustizia.
Quel ch’è giusto si ha da far.
Ah mi trema il core in sen.
In prigione avrai d’andar.
Io ti assolvo con un patto,
che la devi un dì sposar.
Anche adesso il posso far.
che il processo ed il notaro
Voi per ora non ci entrate.
La giustizia si ha da far.
La giustizia si ha da far.
Vada a monte il tribunale.
Ma Cecchino ha da esser mio.
ma s’ei sente un po’ di gente
egli il primo suol scappar.
pensan l’altre d’inalzarsi
Io vi parlo franco e sciolto,
Se mi rendi il primo amante,
che a me festi, o caro amor.
Se sprezzai le tue catene,
perché accesa d’altro oggetto,
tutto fede, tutt’affetto,
per far preda del tuo core
fatto ha preda del mio core
Vo’ lasciar ogn’altra caccia
Ma che vedo? Quant’uccelli? (Fingendo di vedere uccelli)
Zitto, zitto; voglio quelli
nella rete trapolar. (Guardando intorno e fingendo con li fischi di richiamo; e lascia Roccolina e va alla rete)
tu m’hai fatto giù cascar.
Dove sono? (Guardando come sopra)
Tutti, tutti! Oh questo no.