La fiera di Sinigaglia, Roma, Grossi, 1760

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza o sia centro della fiera con varie botteghe, fra le quali una bottega di caffè, una di chincaglie, una di panni e sete, eccetera. Da una parte locanda con fenestra dirimpetto alla bottega di caffè.
 
 Il conte ERNESTO sedendo al caffè, LISAURA per la fiera, LESBINA sulla porta della sua bottega, GIACINTA alla fenestra della sua locanda, ORAZIO alla sua bottega di panni, PROSPERO alla sua bottega di chincagliere, GRIFFO passeggiando
 
 tutti
 
    Dove sono i tempi andati?
 I negozi son spiantati
 e la fiera questa sera
 bene o mal terminerà.
 
 Lisaura
 
5   Poverina, son meschina,
 chi mi aiuta per pietà.
 Amorosi, generosi,
 fate a me la carità.
 
 Orazio, Prospero e Griffo
 
    Chi vuol comprare stringa il contratto.
10L’ultimo giorno chi ha fatto ha fatto,
 tutti procurino sollecitar.
 
 Lesbina
 
    Volete caffè?
 Venite da me;
 rosolio perfetto
15chi brama gustar?
 
 Giacinta
 
    In questa locanda
 chi brama alloggiar?
 Con pochi quattrini
 vi faccio scialar.
 
 Lesbina e Giacinta a due
 
20   È l’ultimo giorno,
 si dà a buon mercato
 e quel ch’è restato
 lo voglio donar.
 
 Griffo
 
    Venditori, compratori,
25del sensale principale
 vi potete approfittar.
 
 tutti
 
    Passa il tempo e se ne va
 e la fiera questa sera
 bene o mal terminerà.
 
 il Conte (Alzandosi da sedere)
30Ehi! Dite, quella giovane. (A Lesbina)
 Lisaura
                                                  Signore.
 il Conte
 Cercate un qualche aiuto?
 Lisaura
                                                  Veramente
 è grande il mio bisogno
 ma son nata civile e mi vergogno.
 il Conte
 Disponete di me; del conte Ernesto
35fate pur capitale,
 in ricchezze e in bon cor non vi è l’eguale.
 Per tutta la Romagna
 conosciuto è il mio nome e rispettato.
 Griffo
 (Sì, da tutti si sa ch’è uno spiantato). (Da sé)
 Lisaura
40A voi mi raccomando.
 Ho bisogno di tutto.
 il Conte
                                       Sì ho capito.
 Giacinta.
 Giacinta.
                    Che comanda?
 il Conte
                                                 A questa giovane
 date un appartamento
 e il suo mantenimento
45datele da par mio.
 Giacinta
 E chi paga, signor?
 il Conte
                                      Pagherò io.
 Giacinta
 Ma il danar che mi deve?
 il Conte
                                                 Eh ragazzate. (Voltandole le spalle)
 Lesbina. (Chiamandola)
 Lesbina
                    Comandate.
 il Conte
 A questa forastiera
50date mattina e sera
 e caffè e cioccolata.
 Lesbina
 Saldi prima il suo conto.
 il Conte
                                               Eh via, sguaiata. (Voltandole la schiena)
 Griffo. (Chiamandolo)
 Griffo
                 Sono a servirla.
 il Conte
                                               A quella donna
 voglio fare un vestito e regalarle
55voglio una tabbacchiera. Andate subito
 da Prospero e da Orazio,
 dite loro in mio nome
 che vi dian quel che occorre.
 Griffo
                                                      Favorisca;
 i debiti con essi ha ancor saldati?
 il Conte
60Non mi state a seccar, saran pagati.
 
    Se si desta al rumor delle schiere
 stringe il ferro il guerriero più ardito;
 e all’invito dell’armi già parmi
 che feroce sen corra a pugnar.
 
65   Io non sono mia bella così.
 perché ho il cor di pietade ripieno
 e vien meno se chiedegli aita
 la bellezza che sa lacrimar. (Parte)
 
 SCENA II
 
 I sudetti fuori del conte
 
 Griffo
 Povera disgraziata
70se si fida di lui. (Da sé)
 Lisaura
                                Son fortunata.
 Trovato ho finalmente
 un signor generoso,
 facile, di buon cor, ricco e pietoso.
 O voi di quest’albergo
75vaga gentil padrona (A Giacinta)
 permettete ch’io venga e l’uscio aprite.
 Giacinta
 Signora, compatite,
 da me non alloggiate,
 se un miglior pagator non vi trovate. (Entra)
 Lisaura
80Che maniera indiscreta! Voi, frattanto
 che torna il signor conte,
 permettete ch’io venga a ricovrarmi. (A Lesbina)
 Lesbina
 Dite al conte che venga a soddisfarmi. (Entra)
 Lisaura
 Si usa ad un cavaliere
85sì poco di rispetto?
 Fate voi quel che ha detto? (A Griffo)
 Griffo
                                                    I mercadanti
 aspettano i contanti,
 quand’egli pagherà
 vosignoria servita resterà.
 
90   Il signor conte, se nol sapete,
 è un protettore senza monete,
 di quei che si usano ai nostri dì.
 
    Ei si diletta giocare un poco;
 fa il generoso, se vince al gioco,
95ma quando perde ridotto al verde
 il suo bel spirito suole adoprar;
 e si diletta di stoccheggiar. (Parte)
 
 SCENA III
 
 LISAURA e PROSPERO ed ORAZIO nelle loro botteghe
 
 Lisaura
 Dunque per quel che io sento
 capitai molto male,
100trovato ho un prottetor che poco vale.
 La sorte mi è contraria,
 se chi ha di sollevarmi il bel desio
 non sa come si far; e io resto intanto
 esposta all’ira del destino mio.
 
105   Sta sul lido il passaggiero,
 vede il mar che sta in tempesta,
 vede il misero nocchiero
 coll’amato suo naviglio
 di sommerger in periglio
110e soccorrerlo non sa.
 
    Tal son io; ma spero ancora
 che pietosa amica stella
 a portar calma più bella
 forse un dì risplenderà. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ORAZIO solo dalla sua bottega
 
 Orazio
115Van pur male i negozi. In questa sera
 terminata è la fiera. Ho da pagare
 quattro o cinque cambiali
 e mi manca il danaro e i capitali.
 Griffo vorrei veder. Quell’animale
120so ch’è un bravo sensale,
 potria colla sua testa
 provvedere con arte al mio bisogno;
 ma scoprir le mie piaghe io mi vergogno.
 Eccolo qui davver.
 
 SCENA V
 
 GRIFFO e detto
 
 Griffo
                                    Signor Orazio,
125la raggione cantante
 Pandolfi e Malcontenti
 contro di voi esclama
 e, compatite, truffator vi chiama.
 Orazio
 Come! Non ho girato
130a suo favor la lettra
 sopra Isacco Valcerca in Inghilterra?
 Griffo
 Questo nome inventato
 non vi è, non è mai stato.
 Si sa che questo è l’uso
135di certi mercadanti
 che per tirar innanti
 e coglier tempo da saldare i conti
 lettere false ad inventar son pronti.
 Orazio
 Di voi mi meraviglio,
140il mio stil non è questo.
 Griffo
 La lettera è in protesto.
 Incognito è il traente,
 sognato è l’accettante; e il giratario,
 che a voi la mercanzia
145fidò del suo paese,
 vuol da voi la valuta e più le spese.
 Orazio
 Pagherò, mi dia tempo.
 Griffo
                                              È già passato
 il tempo concordato; egli sospetta
 di fraude e di malizia
150e ricorrere intende alla giustizia.
 Orazio
 Come! Contro un par mio?
 Non si sa chi son io?
 Griffo
                                        Nessun ci sente.
 Si sa signor Orazio
 che siete rifinito
155e che vi manca poco a andar fallito.
 Orazio
 Non è ver; non è vero,
 ho robba, ho capitali,
 ho crediti, ho quattrini,
 ho pieni i magazzini
160e in dogana vi son di mia ragione
 più di sedici balle di cotone.
 Griffo
 Bene, se voi volete
 farò che in pagamento
 le balle di coton siano accettate.
 Orazio
165Ehi! Sono ipotecate. (Piano a Griffo)
 Griffo
 Via dunque, d’altri generi
 fate l’assegnamento; non diceste
 che avete i magazzini
 pieni di mercanzia?
 Orazio
170Ehi! Non è robba mia. (Piano come sopra)
 Griffo
                                             Dunque in contanti
 il debito pagate.
 Orazio
 Ma voi mi tormentate.
 Griffo
                                            Sì, ho capito.
 Bondì a vosignoria,
 pensateci da voi, ch’io vado via.
 Orazio
175No, fermate, sentite.
 Griffo
                                        E che volete?
 Orazio
 Aiutatemi voi, se lo potete.
 Griffo
 Confidatemi il vero
 ed io vi assisterò.
 Orazio
 Sono un uomo d’onore e pagherò.
 Griffo
180Ma non basta.
 Orazio
                             Cospetto!
 Griffo
 Via parlatemi chiaro,
 non avete né robba né danaro?
 Orazio
 Per dir la verità
 or sono un poco scarso e se potessi
185trovar delle raggioni...
 Griffo
 Non potete dispor di quei cotoni?
 Orazio
 Li ho disposti una volta e ho da spedirli
 a un mio corrispondente
 e ho incassato il valsente.
 Griffo
                                                Vi dirò;
190in caso di bisogno
 ho veduto degl’altri in vita mia
 vendere a due la stessa mercanzia.
 Orazio
 Non dite mal ma temo
 che siano i miei cotoni
195un pochino patiti e non si possa
 col danaro esitarli.
 Griffo
 Cercherò d’impegnarli.
 Ritroverò qualcuno
 di quei che soglion dare
200al sei per cento ma col pegno in mano.
 Orazio
 Mi raccomando.
 Fatemi comparir. Presentemente
 di danari e di robba io non abbondo
 ma un mercante son io famoso al mondo.
 
205   Pochi san lo stato mio
 e un mercante qual son io
 in Italia non si dà.
 Ho negozi in quantità.
 
    Ho una casa in Barcellona,
210ho del traffico in Lisbona,
 ho commercio in Alemagna,
 Inghilterra, Francia e Spagna;
 e nell’Indie Occidentali
 sono avvezzo a trafficar.
 
215   Ma noialtri mercadanti
 ora abbiamo, or non abbiamo
 e conviene strolicar.
 Quelle balle di cotone
 procurate d’impegnar. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 GRIFFO, poi PROSPERO
 
 Griffo
220Ei far vorrebbe il grande
 ma si abbassa dopoi quando gli preme.
 Superbia e povertà stan male insieme.
 Converrà ch’io procuri
 quei cotoni impegnar; non che mi caglia
225di oprar per lui ma la premura mia
 solo è di guadagnar la sensaria.
 Io so che il signor Prospero
 è un uom che ha del danaro
 ma so che è un uomo avaro e spesse volte
230l’uccellator griffagno
 si lascia lusingar da un bel guadagno.
 Ehi dite al signor Prospero (Ad un giovane)
 che senta una parola. Con costui
 che finge l’uom da bene
235tutta l’arte più fina usar conviene.
 Prospero
 Chi mi vuol?
 Griffo
                           Compatite.
 Prospero
                                                  Vi saluto.
 Griffo
 Sono da voi venuto
 per proporvi un negozio.
 Prospero
                                                Amico caro
 se ho da sborzar denaro
240vel dico innanzi tratto,
 presentemente ne son senza affatto.
 Griffo
 Spiacemi in verità; volea parlarvi
 di un certo negozietto
 che potea profittarvi
245senza un menomo dubbio d’alcun danno
 un migliaio di scudi in men d’un anno.
 Prospero
 Dite davver?
 Griffo
                           Mi spiace
 che non siete nel caso.
 Prospero
                                           Vi dirò,
 sono senza denar ma il troverò.
 Griffo
250Se voi foste nel caso
 di prestar del contante...
 Prospero
                                               Ho da prestare?
 Il denar non saprei dove trovare.
 Griffo
 Ma col pegno alla mano.
 Prospero
                                              Ah! Qualche volta
 anche con pregiudizio
255scommodarsi conviene e far servizio.
 Cosa vorriano dar per ipoteca?
 Griffo
 Sedici o venti balle
 di coton di Levante.
 Prospero
 Di buona qualità?
 Griffo
                                    Robba perfetta.
 Prospero
260Aiutar chi ha bisogno a noi si aspetta.
 Griffo
 Ditemi francamente
 il vostro sentimento,
 che volete per cento?
 Prospero
                                         In tai negozi
 non pretendon che il giusto i pari miei;
265mi contento del sei.
 Griffo
                                       Siete onestissimo.
 Prospero
 Per il prossimo mio son pietosissimo.
 Il sei per cento è il frutto
 del denaro ch’io do; ma il due per cento
 vi vuol pel magazzino e il due per cento
270per la mia provigione,
 per vendere il cotone, e s’io lo fido
 con periglio di qualche fallimento
 mi vien anche per questo il due per cento.
 Griffo
 Ma tutti questi casi
275non potriano accader.
 Prospero
                                          No no, non voglio
 incontrar qualche imbroglio.
 Così siam cauti il proprietario ed io.
 E vuo’ che l’util mio mi sia pagato
 di un anno anticipato, onde ogni mille
280che saran numerati
 cento e venti per me siano levati.
 Griffo
 Bravo, così mi piace,
 quello che si ha da far che sia ben fatto.
 Prospero
 Quando faccio un contratto,
285vi parlo schiettamente,
 a me piace di farlo onestamente.
 
    Io non fo come gli avari
 che indiscreti, che usurari
 von la gente scorticar.
290Se di più di quel che ho detto
 mi vuol fare un regaletto
 non lo voglio ricusar.
 
    Il mio cor non è venale,
 son cortese e liberale,
295fo del bene a chi mi par.
 Dalle balle del cotone,
 con licenza del padrone
 per stoppino o per filar
 un pochino ne vo’ pigliar. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 GRIFFO solo
 
 Griffo
300Ma che uomo dabbene!
 Per scarso premio dei denari sui,
 il cotone vorria mezzo per lui.
 Ma Orazio è in caso tale
 da far per liberarsi ogni contratto
305ed io frattanto il mio negozio ho fatto. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 LESBINA sola
 
 Lesbina
 
    I mestieri van pur male,
 da far bene più non vi è.
 Consumato ho il capitale,
 cosa mai sarà di me?
 
310Ma son pur sfortunata. Io fo un mestiere
 che con pochi baiocchi
 tant’altri han principiato
 e veduti si sono a cangiar stato.
 Tanti su questa fiera
315arricchiti si sono ed io meschina
 sono quasi in rovina e pur mi pare
 non esser così brutta
 né tanto sgraziata
 per vedermi da tutti abbandonata.
320Prospero chincagliere
 mi vede volentier ma è un avaraccio.
 Viene alla mia bottega,
 mi fa l’innamorato;
 esser distinto nel mio cor pretende
325ma m’incomoda molto e poco spende.
 Affé, che mi ha veduto,
 eccolo il vecchio astuto. Vuo’ provare
 se in qualcosa costui mi può giovare.
 
 SCENA IX
 
 PROSPERO e la sudetta
 
 Prospero
 Che fate qui Lesbina?
 Lesbina
330Vado a cercar fortuna. (Inquieta)
 Prospero
 Cosa avete ben mio?
 Lesbina
                                         Batto la luna.
 Prospero
 Voglio allegra vedervi.
 Lesbina
                                           Eh signorsì,
 starò allegra davver, se va così.
 Prospero
 Che? Vi sentite mal?
 Lesbina
                                         No, sto benissimo.
 Prospero
335Quando voi state ben, son contentissimo.
 Lesbina
 Anch’io sarei contenta,
 se avessi come voi denari in tasca
 e penar non dovessi il pane e il vino.
 Sono senza un quattrino,
340non so come mi fare.
 Prospero
 Eh voi avete voglia di burlare.
 Lesbina
 Signor dico davvero.
 Fra le donne son io più sfortunate.
 Prospero
 Ma che belle giornate.
345Questo tempo consola.
 Lesbina
 Eh povera figliuola,
 da tutti abbandonata.
 Prospero
 Questa sera la fiera è terminata.
 Lesbina
 Voi anderete alla patria.
 Prospero
                                               E voi Lesbina
350restate a Sinigaglia?
 Lesbina
                                        Io non lo so;
 dove vuole il destin mi porterò.
 Prospero
 Quanto mi spiacerà, se non vi vedo.
 Lesbina
 Eh signor non vi credo.
 Prospero
                                             In verità,
 voi mi piacete assai.
 Lesbina
                                        Se fosse vero... (Con tenerezza)
 Prospero
355Io sono un uom sincero.
 Lesbina
                                              Veramente
 si vede apertamente
 che mi volete bene assai, assai;
 ma un regaluccio non mi fate mai.
 Prospero
 Zitto, che presto presto
360vi voglio regalar.
 Lesbina
                                 Davver?
 Prospero
                                                   Senz’altro.
 Lesbina
 Cosa volete darmi?
 Prospero
                                      Un regalone.
 Lesbina
 Ma che cosa?
 Prospero
                           Due libre di cotone.
 Lesbina
 Io non ne so che far. Perché non darmi
 della vostra bottega
365qualche galanteria?
 Prospero
 Oh non si può toccar la mercanzia.
 Lesbina
 Sì sì, vi compatisco,
 la raggion la capisco. Non volete
 che vedano i garzoni
370che una donna da voi sia regalata.
 Prospero
 Brava Lesbina mia, bella e onorata.
 Lesbina
 Fate bene signore; di queste cose
 niuno ha da saper niente.
 Fatel segretamente. Ho da pagare
375la pigion di bottega. Oh me felice
 se dal vostro buon cor la grazia ottengo,
 dieci scudi signore...
 Prospero
                                        Eh vengo, vengo. (Verso la bottega)
 Lesbina
 Non vi muove a pietà lo stato mio?
 Prospero
 Povera figlia... Ci vedremo... Addio. (Parte)
 
 SCENA X
 
 LESBINA sola
 
 Lesbina
380Oh avaro malorato,
 che tu sia bastonato; ma chi sa;
 se mi metto all’impegno
 sottigliare saprò l’arte e l’ingegno.
 Non son quella che sono,
385se nol fo delirar. Può darsi ancora
 mi riesca il vederlo,
 ad onta della perfida avarizia,
 non vil trofeo di feminil malizia.
 
    Se una donna si mette in puntiglio,
390chi è colui che non deggia cascar?
 Dagli strali di un tenero ciglio
 cor non vi è che si possa guardar.
 
    Due parole, due vezzi, un sospiro,
 un risetto, una bella smorfietta
395ogni core più crudo diletta
 ed un sasso potrebbe spezzar.
 
    Non vo’ disperar,
 mi voglio provar,
 quell’avaro vuo’ far disperar. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Camera della locanda.
 
 GIACINTA sola
 
 Giacinta
400Oh! La fiera quest’anno
 è andata male assai;
 profitto più meschin non ebbi mai.
 Se quel povero Orazio
 non mi avesse aiutato
405di me che saria stato! Egli meschino
 fa quel che può ma temo
 che poco ancora possa andare innanti,
 che stia male di robba e di contanti.
 In questa mia locanda
410non si vedono più quei soggettoni
 che spendeano i dobbloni... Sento gente.
 Chi è qui? Oh il conte Ernesto,
 che vuol quello spiantato?
 Affé, ch’è accompagnato
415da quella forastiera. Oh questa è vaga,
 non la voglio alloggiar, se non mi paga.
 
 SCENA XII
 
 Il conte ERNESTO, LISAURA e la sudetta
 
 il Conte
 Ehi, padrona, una stanza
 date alla forastiera.
 Giacinta
                                      Mi perdoni,
 ho le stanze impedite.
 il Conte
                                           Ad un mio pari
420non si fa un’insolenza.
 Giacinta
 Né si viene da me con prepotenza.
 il Conte
 Di voi mi meraviglio.
 So che il luogo l’avete.
 Giacinta
 Ella mi ha da pagar...
 il Conte
                                          Zitto, tacete.
425(Non vorrei mi facesse
 svergognar con quest’altra). Or or vedrete
 se le stanze trovar le faccio a un tratto.
 Lisaura
 Non fate maggior foco;
 mi potrete condurre in altro loco. (Piano al conte)
 il Conte
430No no, sono impuntato,
 esser voglio servito e rispettato. (Piano a Lisaura)
 Sentite. (Accostandosi a Giacinta)
 Giacinta
                   Che comanda?
 il Conte
 Quanto vi devo dar? (Piano a Giacinta)
 Giacinta
                                         Due scudi e mezzo. (Piano al conte)
 il Conte
 (Eccovi cinque scudi). (Glieli dà di nascosto)
435Alloggiate costei. (Piano a Giacinta)
 Giacinta
                                   Ella è padrone. (Forte)
 il Conte
 Più rispetto alle nobili persone. (Forte)
 Giacinta
 Tosto sarà servita.
 il Conte
 Quella donna insolente ho intimorita.
 Lisaura
 (Bravo, ho piacer davvero). (Al conte)
 il Conte
                                                     Andate tosto
440le stanze a preparar.
 Giacinta
                                        L’obligo mio
 non dubiti da me sia trascurato.
 Il signor conte è un cavalier garbato.
 
    Mi consolo con voi, signorina,
 di un sì grande e gentil protettor,
445di servirvi gradisco l’onor (A Lisaura)
 (fin che dura il danar che mi diè).
 
    Dite pur, che ho da fare per lei? (Al conte)
 Comandate, ch’io tutto farò. (A Lisaura)
 Vi conosco, lo vedo, lo so. (A tutti due)
450Voi vi amate, furbetti, di cor;
 vostra serva, vel giuro, sarò
 (quando sia generoso con me). (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 Il CONTE e LISAURA
 
 il Conte
 Io poi con questa gente
 mi faccio rispettar.
 Lisaura
                                      Ma che diceva?
455Il danaro voleva anticipato?
 il Conte
 A ciò non ho badato;
 se avessi udito simile insolenza,
 alla vostra presenza
 l’avrei mortificata.
460Basta, le stanze a preparare è andata.
 Qui per or resterete,
 qui servita sarete; or or verranno
 mercanti d’ogni sorte
 con panni e stoffe e tabbacchiere e astucci;
465tutto quel che vi piace
 prendete pur; valetevi di me.
 Ho ordinato il caffè,
 cioccolata, rosolio e zuccherini.
 Ad un par mio non mancano quattrini.
 Lisaura
470Signor, ben obligata.
 Vi protesto un sincero aggradimento.
 (Fin che la va così non mi scontento).
 
 SCENA XIV
 
 GIACINTA e detti
 
 Giacinta
 Signore, è qui venuto
 un sensal, due mercanti ed una donna
475con caffè e cioccolata.
 Tutta questa brigata
 di un forastier domanda
 ch’è nella mia locanda. Da lei forse
 fu mandata a chiamar cotesta gente?
 il Conte
480Sì da me fur chiamati.
 Sono a tempo arrivati,
 cara Lisaura a soddisfarci andiamo. (Parte)
 Lisaura
 Sono con voi. (Quel che si può pigliamo). (Parte)
 
 SCENA XV
 
 GIACINTA, poi GRIFFO, poi ORAZIO, poi PROSPERO, poi LESBINA
 
 Giacinta
 Costor probabilmente
485ancor non sanno niente
 chi sia che li ha chiamati,
 quando il vedranno resteran burlati.
 Orazio l’ho avvertito,
 Prospero è un uomo avaro,
490non dà senza il danaro; ed il sensale,
 che spera guadagnar la sensaria,
 coi mercanti scontento anderà via.
 Ecco Griffo primiero.
 Sentir vogl’io se quel che penso è vero.
 Griffo
 
495   Bel negozio che si è fatto!
 Bella cosa! Bel contratto!
 Cavalier senza contante
 far l’amante non potrà.
 
 Orazio
 
    Mi perdoni, vado via, (Verso la scena)
500io non do la mercanzia
 a chi soldi non mi dà.
 
 Prospero
 
    Sono un povero mercante
 che ha bisogno di contante (Come sopra)
 e credenza non si fa.
 
 Lesbina
 
505   Quel spiantato, quel sguaiato
 sempre vuol venir da me.
 Chi mi paga il cioccolato?
 Chi mi paga il mio caffè?
 
 Giacinta
 
    Poverini, sfortunati
510voi ci siete capitati.
 Io pagata sono stata
 ma denari più non ha.
 
 Griffo
 
    Compatite, miei signori,
 dell’incommodo vi ho dato,
515sono stato anch’io burlato,
 nol sapevo in verità.
 
 Orazio, Prospero a due
 
    Quel spiantato se ne vada,
 noi torniam per quella strada
 per cui siam venuti qua.
 
 Giacinta
 
520   Cos’avete voi portato? (Ad Orazio)
 
 Lesbina
 
 Cos’avete voi recato? (A Prospero)
 
 Giacinta
 
 Vuo’ vedere.
 
 Lesbina
 
                          Vuo’ sapere.
 
 Griffo
 
 Soddisfarle si dovrà.
 
 Orazio
 
    Questa stoffa di Parigi.
 
 Prospero
 
525Questa mostra d’Inghilterra.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
 Bella, bella in verità. (Prendono esse le cose sudette)
 
 Giacinta
 
    Avete altro?
 
 Orazio
 
 Questi galloni.
 
 Lesbina
 
 Qualch’altra cosa? (A Prospero)
 
 Prospero
 
530Questi bottoni.
 
 Giacinta, Lesbina a due
 
    Vuo’ vedere, date qua.
 
 Griffo
 
 Soddisfarle si dovrà.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
 Belli, belli, in verità.
 
 Giacinta
 
    Questa stoffetta la voglio per me.
 
 Lesbina
 
535Quest’orologio lo voglio per me.
 
 Orazio
 
    Servitevi pure.
 
 Prospero
 
 Rendetelo a me.
 
 Giacinta
 
 Vuo’ questi galloni.
 
 Lesbina
 
 Vuo’ questi bottoni.
 
 Orazio
 
540Per me ve li do.
 
 Prospero
 
 Io dico di no.
 
 Lesbina, Giacinta a due
 
 Li tengo per me.
 
 Griffo
 
 Va ben per mia fé.
 
 Prospero
 
    Rendetemi la mostra,
545rendetemi i bottoni.
 
 tutti quattro
 
    Con donne, perdoni,
 così non si fa.
 
 Prospero
 
    Io dico di no.
 
 tutti quattro
 
 Io dico di sì,
550va bene così.
 
 Prospero
 
    Oh povero me.
 
 tutti quattro
 
 Signor, che cos’è.
 
 Prospero
 
 Son tutto sudato.
 
 tutti quattro
 
 Rimedio non c’è.
 
555   E viva il signor Prospero
 che generoso è stato,
 la bella ha regalato
 e non vi pensa più.
 
 Prospero
 
 Oimè non posso più.
 
 Fine del primo atto