L’isola disabitata, Venezia, Fenzo, 1757

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Spiaggia maritima nel litorale dell’isola con navi in qualche distanza e varie feluchette vicine, dalle quali sbarcano
 
 ROBERTO, VALDIMONTE, GARAMONE, PANICO, CAROLINA, GIACINTA, MARINELLA, artefici, marinari e soldati
 
 coro pieno
 
    Che bel piacere dal mare infido
 scender contenti sul caro lido!
 Goder la pace, la libertà!
 
 parte del coro
 
    L’aria che spira nel bel contorno
5qua ci promette lieto soggiorno,
 vita felice sperar ci fa.
 
 coro pieno
 
    La grand’impresa dal ciel scortata
 nella bell’isola disabitata
 goder potremo felicità.
 
 parte del coro
 
10   Dolci sudori, dolce fatica,
 se con il tempo la terra amica
 i suoi tesori ci produrà.
 
 coro pieno
 
    Che bel piacere del mare infido
 scender contenti sul caro lido!
15Goder la pace, la libertà!
 
 Roberto
 Cari amici e compagni,
 eccoci giunti alfine,
 dopo lunghi perigli, al bel confine.
 Quest’isola, che a caso
20ho discoperta un giorno
 ancor disabitata,
 dal chinese signor ci fu accordata
 ed io grande ammiraglio
 della flotta olandese
25la conquista ne fo pel mio paese.
 Valdimonte
 Sì signore, il comando
 abbia la patria vostra
 ma nostro è il merto e la conquista è nostra.
 Lo sapete da voi, senza ch’io il dica,
30che merita il suo premio ogni fatica.
 Garamone
 Cento volte ho creduto
 in mar precipitare,
 i cavalli marini a pascolare;
 ed or che abbiam della paura il prezzo
35di quest’isola anch’io ne voglio un pezzo.
 Panico
 Ed io, povero diavolo,
 che ho servito finor da servitore
 vuo’ nell’isola anch’io far da signore.
 Carolina
 Lavorato ho abbastanza in vita mia,
40se il signor ammiraglio vi acconsente,
 vorrei vivere un po’ senza far niente.
 Giacinta
 Ed io, se vuol graziarmi,
 vorrei farmi la dote e maritarmi.
 Marinella
 Così dico ancor io ma è presto ancora.
45Viver mi basta in allegria per ora.
 Roberto
 Procurerò che ogniuno
 sia felice e contento;
 sarò di tutti alla letizia intento.
 L’isola ancor deserta
50coltivare si dee. Distribuiti
 esser denno fra noi gli onori e i pesi,
 tutti per ora ad operare intesi.
 Traggansi dalle navi
 gli opportuni istrumenti;
55si principiano a far gli alloggiamenti.
 Voi avete, Valmonte,
 di nostra economia la direzione,
 degli artefici capo è Garamone
 e il povero Panico,
60il qual ebbe finor sorte meschina,
 abbia la direzion della cucina.
 Voi donne, destinate
 alle incombenze usate
 siete del vostro sesso.
65Verrò cogli altri a faticare io stesso.
 coro pieno
 
    Dolci sudori, dolce fatica,
 se con il tempo la terra amica
 i suoi tesori ci produrrà!
 
    Che bel piacere dal mare infido
70scender contenti sul caro lido!
 Goder la pace, la libertà! (Tutti partono)
 
 SCENA II
 
 Boschetto delizioso.
 
 PANICO, CAROLINA, GIACINTA
 
 Panico
 Ragazzotte, su via, venite meco.
 Vuo’ che troviamo un loco
 per divertirci un poco.
75S’ha da far colazione in compagnia.
 Tra di noi s’ha da stare in allegria.
 Giacinta
 Senza di Garamone
 non vuo’ far colazione.
 Carolina
                                           Ed io per farla
 tutte le cose ho pronte
80ma non si ha da mangiar senza Valmonte.
 Panico
 L’una Valmonte aspetta;
 l’altra vuol Garamone
 ed il povero Panico è un bel minchione.
 Carolina
 Anzi il nostro Panico,
85amabile, giocondo,
 è il più vago e gentil che sia nel mondo.
 Non è vero Giacinta? (Burlandosi di lui)
 Giacinta
                                          Anch’io lo dico;
 il più bello di tutti egli è Panico. (Burlandosi di lui)
 Panico
 Son bello, son grazioso;
90ma con tutte però le mie bellezze,
 non mi volete mai far due carezze.
 Giacinta
 Sentite, Carolina?
 Il povero Panico
 vorria vedersi accarezzar da noi.
 Carolina
95Certo; ha ragione; principiate voi.
 Giacinta
 So anch’io la convenienza,
 a voi deggio lasciar la preminenza.
 Carolina
 Ho per voi tanta stima
 che lasciare vi voglio esser la prima.
 Giacinta
100No, certo.
 Carolina
                     No, sicuro.
 Giacinta
 Oh non lo farò mai.
 Carolina
 Tocca a lei. (Spingendolo verso Giacinta)
 Giacinta
                        Tocca a lei. (Spingendolo verso Carolina)
 Carolina
                                              Non voglio guai. (Respingendolo)
 Panico
 Troppe grazie, signore,
 alla di lor bontà sono obbligato.
105Mi hanno per cortesia mezzo stroppiato.
 Carolina
 Poverin, mi dispiace.
 Giacinta
 Pena ancor io ne sento.
 Panico
 Due carezzine per medicamento.
 Carolina
 Son pronta.
 Giacinta
                         Eccomi qua.
 Carolina
110Come abbiamo da far?
 Giacinta
                                             Come si fa?
 Panico
 Datemi una manina. (A Giacinta)
 Giacinta
 Sì signor, domattina. (Ritirandosi)
 Panico
 Datemi voi le mani. (A Carolina)
 Carolina
 Certo, ve le darò dopodomani.
 Panico
115Corpo di satanasso.
 Voi volete di me prendervi spasso?
 Giacinta
 Il mio caro Panico,
 siete grazioso e bello
 ma a dir la verità non siete quello.
 Carolina
120Siete bello e grazioso,
 il mio caro Panico,
 ma a dir il ver, non mi piacete un fico.
 Panico
 Donne senza giudizio,
 non conoscete il buono, a quel ch’io veggio,
125vi volete attaccare al vostro peggio.
 
    Vi protesto che non c’è
 un altr’uomo come me.
 Qualchedun vi sposerà
 che dirà: «Passa qua;
130va’ di là»,
 che il bastone addoprerà.
 
    Io son bonino,
 son tenerino,
 non so gridare,
135so ben trattare
 colle ragazze;
 povere pazze!
 Non mi volete?
 Voi non direte
140sempre così.
 Vi pentirete,
 signore sì. (Parte)
 
 SCENA III
 
 CAROLINA e GIACINTA
 
 Giacinta
 Anch’egli ha i grilli suoi,
 si vorebbe il meschin metter con noi.
 Carolina
145Per dir la verità
 che si metta con voi gran mal non è.
 Stupisco che si metta anche con me.
 Giacinta
 Con sua buona licenza,
 evvi da lei a me gran differenza?
 Carolina
150Mi par di sì.
 Giacinta
                          Davvero?
 Quali sono signora i pregi suoi?
 Carolina
 Io son più ricca e più civil di voi.
 Giacinta
 Ed io i natali miei
 e il mio stato con voi non cambierei.
 Carolina
155Di un marinar la figlia
 non potrà mai paragonar lo stato
 colla sorella di un signor soldato.
 Giacinta
 L’arte del marinaro è signorile.
 Carolina
 Il mestier del soldato è più civile.
 Giacinta
160E pur con tutto questo
 povera signorina
 destinata voi siete alla cucina.
 Carolina
 Un mestiere non è da vostra pari
 il lavar le camiscie ai marinari.
 Giacinta
165Di far questa fatica avrò finito
 quando avrò Garamon per mio marito.
 Carolina
 Quanto prima ancor io cangerò sorte,
 che Valmonte sarà di me consorte.
 Giacinta
 Non lo credo.
 Carolina
                           Il vedrete.
 Giacinta
                                                Alle sue nozze
170aspirare sapranno altre ragazze.
 Carolina
 Non perdo il tempo a taroccar con pazze. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 GIACINTA sola
 
 Giacinta
 Pazza a me? Se ti trovo...
 Mai più te la perdono;
 voglio farti veder se pazza io sono,
175sì, lo dico e il sostengo,
 son più civile assai.
 Ci rivedremo; e me la pagherai.
 
    Son buona buona
 fino a quel segno
180ma se mi accendo,
 ma se mi sdegno,
 quella pettegola
 farò tremar.
 
    La si vorrebbe
185metter con me?
 Eh mi fa ridere.
 Povera semplice!
 Questo gran merito
 in lei non c’è.
 
190   Se un’altra volta
 vuol provocarmi
 saprò riffarmi,
 saprò parlar.
 Quella pettegola
195farò tremar. (Parte)
 
 SCENA V
 
 Recinto di alberi che formano un boschetto con qualche vacuo nel mezzo.
 
 GIANGHIRA sola
 
 Gianghira
 Qual timor, qual speranza
 risvegliami nel petto
 degli ignoti stranieri il nuovo aspetto?
 Di mia patria non sono. Ai loro arnesi
200par che siano d’Europa e non chinesi.
 Il ciel li avrà mandati
 per sottrar dalla morte un’infelice.
 Ma che sperar mi lice,
 povera, sconosciuta, abbandonata?
205Ecco di gente armata
 una truppa veloce a questa volta.
 Aimè; mi trema il core.
 Mi costringe a celarmi il mio timore. (Si nasconde nel più folto degli alberi)
 
 SCENA VI
 
 GARAMONE con seguito di persone provedute di mannaie
 
 Garamone
 
    Presto, presto a lavorare;
210tutti abbiam da faticare.
 Via tagliate, via spianate,
 cicche ciacche qua e là. (Gli uomini principiano a tagliare gli alberi)
 
    Faticate, lavorate;
 di tagliar non vi stancate.
215Siate lesti, siate presti,
 cicche ciacche qua e là. (Gli uomini seguono a tagliare e s’internano nel bosco)
 
 In questo buon terreno,
 che è lontano dal mare,
 una casa per me vuo’ fabricare.
220Io che ho la direzione
 de’ fabbri, muratori e legnaiuoli
 farrò dispor l’abitazion per tutti
 ma insegna la natura
 che per sé, pria di tutto, ogniun procura.
 
 SCENA VII
 
 GIANGHIRA, condotta dagli operari suddetti, e GARAMONE
 
 Garamone
225Che cos’è quest’imbroglio?
 Una donna chinese han ritrovata?
 L’isola non è dunque innabitata.
 Gianghira
 Lasciatemi indiscreti,
 conducetemi innanzi a chi comanda.
 Garamone
230Via lasciatela stare.
 Presto; andate, canaglia, a lavorare. (Gli operai partono)
 Gianghira
 (Stelle? Che sarà mai?)
 Garamone
                                              (Se in questi boschi
 nascon di queste piante,
 si dovrian popolare in un istante).
235Favorite, signora,
 siete voi di quest’isola?
 Gianghira
                                             Lontana
 vivo dal suol natio.
 Raminga io sono e son straniera anch’io.
 Garamone
 Come qui vi trovate?
 Gianghira
240Pria che io vi narri il come,
 ditemi il grado vostro e il vostro nome.
 Garamone
 (Non le vuo’ dir chi sono,
 per tenermi un po’ più in riputazione).
 Io sono il capo della mia nazione,
245in quest’isola or sono il superiore,
 capitan comandante e direttore.
 Gianghira
 Ah son ben fortunata,
 se alle man di chi regge io capitai.
 Garamone
 (Questa donna davver mi piace assai).
 Gianghira
250Vi narrerò i miei casi.
 Garamone
 Tutto a me palesate;
 dite quel che vi occore e comandate.
 Gianghira
 Signore, il mio paese
 è Kamenitzkatà, patria chinese.
 Garamone
255Come come? Che diavol di città?
 Come si chiama?
 Gianghira
                                   Kamenitzkatà.
 Garamone
 Non ho sentito una città più strana.
 Voi siete dunque kamenitzkatana.
 Il nome è alquanto brutto
260ma se tutte son belle come voi
 per meglio consolarmi
 vorrei anch’io kakamenitzkatarmi.
 Gianghira
 Non può merito alcuno
 aver la mia beltà
265ma le sventure mie mertan pietà.
 Garamone
 Cara la mia chinese
 sarò grato per voi, sarò cortese;
 mi piacete davver, ve lo protesto. (Si accosta per prenderla per la mano)
 Gianghira
 Siate meco signor saggio ed onesto.
 Garamone
270Sono così ritrose
 le donne della China?
 Non vi posso toccare una manina?
 Gianghira
 Par che de’ casi miei
 gioco voi vi prendiate.
275Deggio dunque tacer?
 Garamone
                                           Su via parlate.
 Gianghira
 Figlia son io, signore,
 di crudel genitore, a cui non credo
 siavi mostro simile...
 Garamone
                                         (Oh cosa vedo?
 Vien Roberto a sturbarmi.
280Questa preda per me vorrei serbarmi).
 Gianghira
 Poco voi mi badate.
 Garamone
 Quel che colà mirate
 venire a noi bel bello
 in mar per la paura
285ha perduto il cervello,
 essere si figura un signorone.
 Per delirio talor comanda e impone.
 Gianghira
 Povero sventurato.
 In sì tenera età?
290Benché afflitta son io, mi fa pietà.
 Garamone
 Tiratevi in disparte,
 bella chinese mia,
 ch’ei non faccia con voi qualche pazzia.
 
 SCENA VIII
 
 ROBERTO e detti in disparte
 
 Roberto
 
    Care selve deliziose
295le bellezze in voi nascose
 vien quest’alma a rintracciar.
 
    Par che dica l’ombra amica:
 «Vieni in pace a riposar».
 
 Garamone
 Sentite il delirante?
300Va parlando coll’ombre e colle piante.
 Andiamo in altra parte
 e narratemi tutto a parte a parte. (A Gianghira)
 Roberto
 (E chi è colei vestita
 in abito chinese?)
305Garamone. (Chiamandolo)
 Garamone
                         Aspettate;
 ora sono da voi. (A Gianghira) Che comandate? (A Roberto)
 Roberto
 (Quella donna è straniera?)
 Garamone
                                                     (Oh non signore,
 sulle navi con noi venuta è anch’ella.
 Ma la povera donna è pazzarella.
310Trovato ha quel vestito
 da un marinar chinese
 e le par d’esser nata in quel paese).
 Roberto
 (Povera giovinetta.
 Degno di compassione è il suo difetto).
 Gianghira
315(Peccato ch’ei non abbia il suo intelletto).
 Roberto
 Accostatevi un poco.
 Gianghira
                                        (Non ardisco).
 Garamone
 (Egli mena le man, ve l’avvertisco). (Piano a Gianghira)
 Roberto
 Via sfogatevi meco,
 se a consolarvi io vaglio;
320lo sapete ch’io son grande ammiraglio.
 Garamone
 (Vi par poco impazzito?
 Egli non sa chi siate
 e pretende che voi lo conosciate). (Piano a Gianghira)
 Gianghira
 (Grande infelicità!)
 Roberto
                                       Dite. (A Garamone)
 Garamone
                                                   Signore.
 Roberto
325(Si sa perché è impazzita?)
 Garamone
 (Credo che qualchedun l’abbia tradita.
 Anzi per vostra regola
 disse nel rimirarvi
 che le venne il prorito di ammazarvi).
 Roberto
330(Fate che immantinente
 la giovane furente
 sia custodita bene.
 Itene a ritrovar ceppi e catene).
 Garamone
 Subito, sì signore.
 Gianghira
                                    Ehi. Cosa dice? (A Garamone)
 Garamone
335(Egli contro di voi
 la testa ha riscaldata
 e vorebbe vedervi incatenata;
 presto venite meco). (Piano a Gianghira)
 Roberto
                                         Amico udite.
 (La giovine qui resti, indi tornate
340a custodirla con persone armate). (A Garamone)
 Garamone
 Badate che il delirio non la prenda. (A Roberto)
 Non vorei si scoprisse la faccenda. (Da sé)
 
    Vi parlo per bene,
 lasciatela star.
345Signor non conviene
 coi pazzi trescar.
 Restate per ora,
 vi devo lasciar. (A Roberto)
 Col pazzo signora
350non state a parlar.
 
    Non dite chi siete, (A Gianghira)
 se parla, tacete. (A Roberto)
 (Se sanno l’inganno
 mi fanno tremar). (Da sé)
 
355   Per or vi consiglio
 di starle lontan. (A Roberto)
 Fugite il periglio
 ch’ei mena le man.
 (Con arte ed ingegno
360riuscir nell’impegno
 mi voglio provar). (Da sé indi parte)
 
 SCENA IX
 
 ROBERTO e GIANGHIRA
 
 Roberto
 (Benché fosse eccedente il suo furore,
 in un uomo viltà sarà il timore).
 Gianghira
 (Eppur voglio arrischiarmi.
365Se furente sarà, saprò sottrarmi).
 Roberto
 Giovine sventurata,
 narratemi chi siete.
 Meco parlare e confidar potete.
 Gianghira
 Naqui in patria chinese.
370Il mio nome è Gianghira.
 Roberto
 (Della China parlando ella delira).
 Gianghira
 Voi povero infelice,
 posso saper chi siate?
 Roberto
 Più non vel ramentate?
375Son delle navi e delle nostre schiere
 ammiraglio supremo e condottiere.
 Gianghira
 (La solita pazzia).
 Roberto
                                   Deh raccontatemi
 donde il vostro dolor sia derivato.
 Gianghira
 (Vuo’ veder se m’intende il forsennato).
380Il padre mio crudele
 violentarmi voleva a dar la mano
 a uno sposo, qual lui, fiero inumano.
 A un barbaro consorte
 volli antepor la morte e il genitore
385in quest’isola incolta e innabitata
 mi ha condotta egli stesso e abbandonata.
 Roberto
 (Non mi sembra il suo dir mentito o stolto).
 Gianghira
 Segni di compassion gli leggo in volto.
 Roberto
 Giovane, se fia vero
390quel che voi mi esponete,
 di soccorso e pietà certa voi siete.
 Gianghira
 Se fidar mi potessi...
 Roberto
 Vano è il vostro sospetto.
 Gianghira
 Il ciel vi torni il lucido intelletto.
 Roberto
395(Ecco, adesso delira). Voi temete
 quel diffetto in ogniun che regna in voi.
 Gianghira
 (Ecco, ei ricade ne’ deliri suoi).
 
 SCENA X
 
 VALDIMONTE con seguito e detti
 
 Valdimonte
 Signor, non è dovere
 che per l’isola solo errando andate.
400Queste guardie per voi son destinate. (A Roberto)
 E voi non lo dovete abbandonare. (Alle guardie)
 Gianghira
 (Misero, lo vorranno incatenare).
 Roberto
 Valmonte, a voi consegno
 questa donna gentil, sia custodita,
405sia da ogniun rispettata e sia servita.
 Valdimonte
 (E chi è colei di sì vezzoso aspetto?) (Piano a Roberto)
 Roberto
 (È una giovin che perso ha l’intelletto). (Piano a Valdimonte)
 Valdimonte
 (Povera disgraziata.
 Prego il ciel di cuor sia risanata).
 Roberto
410Donna, qualunque siate,
 voi pietà meritate.
 Provo per voi tormento
 e ai casi vostri intenerir mi sento.
 
    Deh serenate
415le luci belle,
 che alfin placate
 le crude stelle
 vi torneranno
 la pace al cor.
 
420   Le meste ciglia,
 quel dolce aspetto
 per voi consiglia
 tenero affetto.
 Vedervi io spero
425ridente ancor. (Parte con alcune guardie)
 
 SCENA XI
 
 GIANGHIRA, VALDIMONTE e guardie
 
 Gianghira
 Ditemi in cortesia,
 da che nacque di lui la frenesia?
 Valdimonte
 Giovin bella e compita,
 è egli vero che voi siete impazzita?
 Gianghira
430Io? Per grazia del cielo
 lucido ho l’intelletto.
 Valdimonte
 Quello che ora partì così mi ha detto.
 Gianghira
 Non è stolto il meschin?
 Valdimonte
                                              Stolto Roberto?
 Stolto il nostro ammiraglio?
 Gianghira
                                                     Oimè! Che sento?
435Son tradita, signor; creder mi han fatto,
 perfidi, ch’egli fosse un mentecatto.
 Valdimonte
 Egli crede di voi la stessa cosa;
 onde senza che fate altri lunari
 in tal supposizion siete del pari.
 Gianghira
440Rintracciarlo vogl’io...
 Valdimonte
                                          Restate un poco.
 Lo potrete vedere in altro loco.
 (Mi piace ma non so chi diavol sia).
 Dite, signora mia,
 quel vestito mi sembra alla chinese,
445come qui siete in forestier paese?
 Gianghira
 Ad altri che a Roberto
 non consento parlare, io lo protesto.
 Dissi il principio e vuo’ narrargli il resto.
 Valdimonte
 S’egli è il nostro ammiraglio
450io non sono un baggiano;
 sono vicegerente e capitano.
 Gianghira
 Non cerco quel che siate.
 Valdimonte
 Confidatevi in me.
 Gianghira
                                     Non lo sperate.
 Valdimonte
 Cospetto; un simil torto
455da un’incognita donna io non soporto.
 E se in vostro favor posso impegnarmi,
 anche il modo averò di vendicarmi.
 Gianghira
 Che vi feci, signor?
 Valdimonte
                                      Dite chi siete.
 Gianghira
 Siate meno indiscreto e lo saprete,
460povera sventurata
 da tutti abbandonata,
 che in paese stranier chiede pietà,
 insultar, minacciare, è crudeltà.
 
    Ora al monte ed ora al fonte
465dispiegando il mio tormento,
 cruda belva dalla selva
 non mi venne ad insultar.
 
    Deh non siate genti ingrate,
 che ragion nell’alma avete,
470delle fiere più severe,
 più crudeli a minacciar.
 
 SCENA XII
 
 VALDIMONTE solo
 
 Valdimonte
 Povera donna! Infatti
 siamo noi colle donne mezzi matti.
 Subito che si vede
475un volto che non sia d’amore indegno,
 l’uomo subito forma il suo dissegno;
 e tante volte e tante,
 brutta o bella che sia, talun si trova
 che non cerca di più se è cosa nuova.
 
480   A chi piace un bel labbro ridente,
 a chi piace severa beltà.
 Chi vorebbe la donna languente,
 chi furbetta cercando la va.
 
    A me piaccion le femmine tutte,
485non mi preme sian belle, sian brutte.
 Quel che al core piacere mi dà
 è in amore la mia libertà.
 
 SCENA XIII
 
 Boschetto delizioso.
 
 CAROLINA e PANICO
 
 Panico
 Carolina, ho veduto
 io stesso con questi occhi
490il vostro Valdimonte, il vostro amante,
 con un’altra beltà far il galante.
 Carolina
 Possibil che sia vero?
 Panico
 Certo, signora sì.
 Carolina
 Uomini senza fé, tutti così.
 Panico
495Tutti non son compagni; io per esempio,
 se una donna ha per me della bontà,
 non mi posso scordar la fedeltà.
 Carolina
 Valmonte disgraziato!
 Perfido scellerato!
500Ah non so chi mi tenga
 ch’io non sfoghi con voi l’ira e lo sdegno.
 Panico
 Con me?
 Carolina
                    Con voi vuo’ addoperare un legno.
 Panico
 Io che colpa ne ho?
 Carolina
                                      Se tutti siete
 di una razza maligna e menzognera,
505pur che il reo non si salvi, il giusto pera.
 Panico
 Eccolo qui Valmonte.
 Carolina
 Venga pur, ch’io l’aspetto.
 Panico
 Pregovi non gli dir quel che vi ho detto.
 Carolina
 Perché?
 Panico
                  Perché ho paura.
510Se gli dite qualcosa io me ne vo.
 Carolina
 Via per farvi un piacer non parlerò.
 
 SCENA XIV
 
 VALDIMONTE e detti
 
 Valdimonte
 Eccomi a voi tornato.
 Carolina
 Vada signor dove finora è stato.
 Valdimonte
 Perché siete sdegnata?
 Carolina
515Lo so che ha ritrovata
 una di me più bella.
 Si vada pure a divertir con quella.
 Valdimonte
 Panico?
 Panico
                  Non so niente.
 Valdimonte
 Cosa mai vi sognate? (A Carolina)
 Carolina
520Lo so che m’ingannate,
 che d’un’altra beltà voi siete amico.
 Valdimonte
 Chi ve l’ha detto?
 Carolina
                                   Eccolo qui, Panico.
 Panico
 Non so niente.
 Valdimonte
                              È un bugiardo.
 Panico
                                                            Sì signore.
 Valdimonte
 Voglio cavargli il cuore.
 Panico
                                             Aiuto, aiuto.
 Carolina
525Via lasciatelo stare. (Difende Panico)
 Valdimonte
 Aspetta pur, t’insegnerò a parlare.
 Carolina
 Se con lui vi sdegnate,
 perché il vero mi han detto i labbri suoi,
 ditemi, che dovrei far io con voi?
 Valdimonte
530A torto mi accusate.
 È ver, con una donna
 ho parlato; non dico una bugia.
 Ma non so chi ella sia.
 E se fosse ben anche una regina,
535non fa torto il mio cuore a Carolina.
 Carolina
 Eh bugiardo, lo vedo,
 mi vorreste ingannar ma non vi credo.
 
    Povere donne, che s’ha da far?
 Tutti non cercano che d’ingannar.
540Siam le vezzose, siamo le belle,
 siamo le care nei primi dì
 e poi ci trattano tutti così.
 
    Uomini ingrati, senza pietà.
 Che tradimento. Che crudeltà.
545Più non vi voglio, più non mi imbroglio,
 la cara pace solo mi piace.
 Perfidi mostri d’infedeltà. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 VALDIMONTE e PANICCO, poi GIACINTA
 
 Valdimonte
 Mi maltrata così per tua cagione.
 Ti vuo’ trarre il cervel con un bastone.
 Panico
550Aiuto, per pietà.
 Giacinta
                                 Che cosa è stato?
 Valdimonte
 Lasciatemi punir quel disgraziato.
 Panico
 A voi mi raccomando. (A Giacinta)
 Giacinta
 La sua vita per grazia io vi domando.
 Valdimonte
 Hai ragion, che con donne
555non soglio esser scortese.
 Panico
 Grazie della finezza.
 Giacinta
                                        E in che vi offese?
 Valdimonte
 Ha detto a Carolina
 che con altra mi vide in compagnia.
 Panico
 Non ho detto per questo una bugia.
 Valdimonte
560Perfido. (Minacciandolo)
 Panico
                   Difendetemi. (A Giacinta)
 Giacinta
 Via, lasciatelo stare. (Difende Panico)
 Panico
 Anche a voi qualche cosa ho da narrare. (A Giacinta)
 Giacinta
 Che sì che Garamone
 fatto ha anch’egli lo stesso?
 Panico
565L’avete indovinata.
 Giacinta
 Altri ancora di ciò mi hanno avvisata.
 Valdimonte
 Non credete alla gente menzognera.
 Giacinta
 Siete tutti bricconi a una maniera.
 
 SCENA XVI
 
 GARAMONE e detti, poi CAROLINA
 
 Garamone
 Cara la mia Giacinta,
570vi ricerco per tutto e non vi trovo.
 Vi è qualcosa di nuovo?
 Parmi veder quel ciglio rabuffato.
 Giacinta
 Pezzo di disgraziato.
 A me di questi torti?
 Garamone
575Io non so niente.
 Giacinta
                                  Il diavol che vi porti.
 
    Mi consolo con voi mio signore
 dell’acquisto di nuova beltà.
 Ma vendetta vuo’ far di quel core,
 ma mi voglio sfogar come va.
 
 Garamone
 
580   Non intendo che cosa mi dica,
 incantato restare mi fa.
 Questa cosa davvero m’intrica,
 chi sa dirmi Giacinta cos’ha?
 
 Valdimonte
 
    Tutti due quel bugiardo ci accusa
585colle belle di rea fedeltà.
 
 Panico
 
    Miei signori vi prego di scusa,
 quel che ho detto da tutti si sa.
 
 Valdimonte, Garamone a due
 
    Scelerato, disgraziato,
 la mia man ti punirà.
 
 Panico
 
590Ah Giacintina, per pietà.
 
 Giacinta
 
    Non bravate, nol toccate,
 niun di voi l’offenderà.
 
 Garamone
 
    Hai ragione.
 
 Valdimonte
 
                             Ci vedremo.
 
 a due
 
 Sempre lei non ci sarà.
 
 Panico
 
595Giacinta, per pietà.
 
 Giacinta
 
    Quest’è il mio caro,
 quest’è il mio bello
 e questo è quello (Mostra di accarezzare Panico)
 ch’io voglio amar.
 
 Panico
 
600   E voi morite,
 se ci patite. (A Garamone)
 
 Valdimonte
 
 Voi lo soffrite? (A Garamone)
 
 Garamone
 
 Lo vuo’ scannar. (Contro Panico)
 
 Carolina
 
    Nessuno ardisca
605toccar Panico,
 mio caro amico, (Mostrando di accarezzare Panico)
 mio dolce amor.
 
 Panico
 
    E voi crepate,
 se vi lagnate. (A Valdimonte)
 
 Garamone
 
610Lo sopportate? (A Valdimonte)
 
 Valdimonte
 
 Ti cavo il cor. (Contro Panico)
 
 Carolina, Giacinta a due
 
    Non minacciate,
 non lo toccate,
 caro Panico,
615mio dolce amor.
 
 Giacinta
 
    Voi non c’entrate.
 Questo è per me. (A Carolina)
 
 Carolina
 
    Voi la sbagliate,
 così non è.
 
 Giacinta
 
620   Pel suo gran merito
 non è bastante.
 
 Carolina
 
 Dal grado nobile
 è assai distante.
 
 Valdimonte, Garamone a due
 
 Fra lor si attaccano
625per nobiltà.
 
 Panico
 
    Vorrei dividermi
 di qua e di là.
 
 Giacinta
 
    Venite meco. (Lo tira a sé)
 
 Carolina
 
 Venite qua. (Lo tira a sé)
 
 Panico
 
630   Piano, vi supplico
 per carità.
 
 Carolina
 
    Quest’anellino
 vi vuo’ donare.
 
 Valdimonte
 
 Di un mio regalo
635si fa così?
 
 Giacinta
 
    Questo spillone
 vi voglio dare.
 
 Garamone
 
 È un mio presente,
 datelo qui.
 
 Carolina, Giacinta a due
 
640   Sì ve lo dico.
 Tutto a Panico
 voglio donar.
 
 Garamone, Valdimonte a due
 
    Quel disgraziato,
 quel scellerato
645voglio ammazzar. (Colle spade)
 
 Carolina, Giacinta a due
 
    Pria che ferire il petto
 del dolce mio diletto,
 mi passerete il cor.
 
 Valdimonte, Garamone a due
 
 Basta, v’adoro ancor.
 
 Carolina, Giacinta a due
 
650   Perfidi, barbari,
 senza pietà.
 
 Panico
 
    Ah difendetemi.
 Per carità.
 
 Carolina, Giacinta a due
 
    No non temete,
655meco verrete
 senza timor.
 
 Panico
 
    Sì che nel seno
 giubbila il cor.
 
 Valdimonte, Garamone a due
 
    Sì che son pieno
660d’ira e furor.
 
 BALLO PRIMO
 
 Campagna mista di pianura e colline, ingombrata da per tutto di utensili e batterie da cucina e tavole e fochi e ogni altra cosa necessaria per preparare i viveri alla compagnia che ha sbarcato nell’isola.
 
    Sparsi qua e là per la scena, al piano e al monte, veggonsi i ballerini tutti e le ballerine ancora in varie foggie vestiti, rappresentando uomini e donne di varie nazioni imbarcati coll’ammiraglio e destinati alla distribuzione dei viveri.
 
 Fine dell’atto primo