Il festino, Parma, Monti, 1757

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera in casa del conte.
 
 Il conte BELFIORE e BALESTRA
 
 il Conte
 Tant’è, tant’è Balestra
 per terminar l’orchestra
 vuo’ quei tre suonatori ad ogni costo.
 Benché siano impegnati
5li voglio a casa mia; non vi è riparo.
 Balestra
 Bene; mi favorisca del danaro.
 il Conte
 Danaro? Ci sarà.
 Prendi. (Si leva un anello dal dito)
 Balestra
                  Che vuol ch’io prenda?
 il Conte
                                                              Quest’anello.
 Trova zecchini trenta
10per otto giorni al più.
 Balestra
 Povero anel! Non lo riscuote più. (Da sé)
 il Conte
 Che hai? Che ti conturba?
 Perciò ti metti in duolo?
 Se danari non ho, non sarò solo.
 Balestra
15È ver, ma fa pietà,
 caro signor padrone,
 saper che in men d’un anno
 andò una possessione...
 il Conte
 Basta così, Balestra.
 Balestra
20Saper che alla consorte
 la dote consumata... (Mostra parlar da sé solo in partendo ma si fa sentire dal conte)
 il Conte
 Ehi, Balestra! A chi parli?
 Balestra
 Fra me la discorrea.
 E per cosa? Per una cicisbea. (Come sopra)
 il Conte
25Basta così, ti dico;
 ritrova i suonatori,
 ch’io bisogno non ho di seccatori.
 Balestra
 Eh, padroncin mio caro,
 non son io che vi secca;
30sarà, per quel ch’io vedo,
 madama Doralice
 del vostro borsellin la seccatrice.
 il Conte
 Taci.
 Balestra
             Non parlo più.
 (Ah che mi vien la rabbia,
35quando ci penso su).
 
    Vado. (Ma se non parlo
 sento gonfiar la gola).
 Taccio. Ma una parola,
 una parola sola,
40subito me ne vo.
 
    Giudizio, se ce n’è,
 giudizio, se si può.
 Taccio, non parlo più.
 Subito me ne vo. (Parte)
 
 SCENA II
 
 Il CONTE, poi la CONTESSA
 
 il Conte
45Costui, per dir il vero,
 è un servitore antico
 che ama la mia famiglia;
 e a ragion mi riprende e mi consiglia.
 Servo una dama stravagante, inquieta
50ma in impegno son io, non vi è rimedio.
 Ecco la moglie mia; povera dama!
 Questa merita bene
 essere amata ed essere servita;
 ma servitù di sposo
55spesso è dopo tre dì bella e finita.
 la Contessa
 Conte, un piacer vorrei.
 il Conte
                                              Sì, comandate.
 la Contessa
 Ditemi, è ver che date
 una festa, una cena?
 il Conte
 
                                        Sì, egli è vero;
 e di dirvelo tosto avea in pensiero.
 la Contessa
60Si può saper chi sieno
 almeno i convitati?
 il Conte
 Lascerò che da voi sieno invitati.
 la Contessa
 Bene; invitiamo dunque
 le dame che frequentano
65la mia conversazione,
 Aspasia mia cugina,
 mia germana Enrichetta
 e la mia genitrice.
 il Conte
 E fra le altre madama Doralice.
 la Contessa
70Bravo, signor consorte;
 stupire i’ mi volea
 non ci fosse la vostra cicisbea.
 il Conte
 Cara consorte mia
 codesta gelosia,
75lasciate ch’io vel dica,
 è passione ordinaria e troppo antica.
 la Contessa
 Io gelosa non son; servite pure,
 se non basta una dama, e quattro e sei
 ma non posso e non vuo’ soffrir colei.
 il Conte
80Perché?
 la Contessa
                  Perché purtroppo
 so che tentò quel labbro
 prosontuoso, ardito
 screditarmi nel cuor di mio marito.
 il Conte
 Ma no, cara contessa.
85Conosco il mio dovere
 ed unisco il marito al cavaliere.
 Vi potete doler de’ fatti miei?
 Il cuore a voi, qualche attenzione a lei.
 
    Il gran mondo d’oggidì,
90lo sapete, vuol così.
 Vi dovete persuader
 che ogni dama ha il cavalier.
 Mi direte: «Ed io non l’ho».
 La canzon vi canterò.
 
95   Voi siete come il can dell’ortolano,
 non mangia e non ne vuol lasciar mangiare.
 Vivete a modo vostro, io vivo al mio;
 e m’intenda chi può, che m’intend’io. (Parte)
 
 SCENA III
 
 La CONTESSA, poi BALESTRA
 
 la Contessa
 Caro signor consorte l’ho capito.
100Mi consiglia così? Che bel marito!
 Informerò di tutto
 il cavalier Ansaldo mio fratello.
 Ho fugito finora
 co’ miei lamenti di recargli un tedio;
105ma è necessario alfin porvi rimedio.
 Balestra
 La baronessa Oliva,
 la marchesa Dogliata
 mandan per riverirla l’imbasciata.
 la Contessa
 Vengano. Son padrone. (Balestra parte)
110Che vuol dir questa visita?
 Che sì che han penetrato
 del festin, della cena e son venute
 per essere invitate?
 Se ne andranno deluse e mal gustate.
 
 SCENA IV
 
 La marchesa DOGLIATA, la baronessa OLIVA e la suddetta
 
 la Baronessa
115Serva.
 la Marchesa
               Serva, contessa.
 la Contessa
                                              Divotissima.
 la Marchesa
 Come state?
 la Contessa
                          Servirla.
 la Marchesa
                                            Obligatissima.
 la Contessa
 Ehi, da seder. (Servitori portano le sedie)
 la Baronessa
                              (Marchesa,
 principio di festino
 qui non si vede ancora). (Piano alla marchesa)
 la Marchesa
120(Che volete veder? Siam di buonora). (Piano alla baronessa)
 la Contessa
 Baronessa, marchesa,
 qual fortuna mi ha resa
 degna di tanto onor?
 la Marchesa
                                         Vi ho sempre amato
 cara la mia contessa.
 la Baronessa
125Fummo insieme allevate; io son la stessa.
 la Contessa
 Onor che mi compartono
 queste dame compite.
 la Marchesa
 Come vi divertite,
 contessa, in questi dì?
 la Contessa
130Il mio divertimento eccolo qui.
 Sola a sedere o con un libro in mano.
 la Marchesa
 So pur che vi diletta
 il ballar qualche volta.
 la Baronessa
                                           Anch’io lo so.
 la Contessa
 Una volta, egli è vero; adesso no.
 la Baronessa
135(Non sarà ver che ballino). (Piano alla marchesa)
 la Marchesa
 (Son stata assicurata). (Piano alla baronessa)
 la Baronessa
 (Dunque non ci vorrà).
 la Marchesa
 (Stiamo a veder, chi sa?)
 
 SCENA V
 
 Il CONTE e le suddette
 
 il Conte
 Servo di queste dame.
 la Baronessa
140Serva.
 la Marchesa
               Serva, contino.
 il Conte
 Vi ha detto la contessa del festino?
 la Contessa
 (Ora son nell’impegno). (Da sé)
 la Marchesa
 Non siam privilegiate.
 il Conte
 Perché non le invitate? (Alla contessa)
 la Contessa
145Il festino si fa? (Al conte)
 il Conte
                               Si fa, signora. (Alla contessa sdegnoso ed ironico)
 la Contessa
 Ma i suonator voi non trovaste ancora.
 il Conte
 Li ho trovati alla fin. Signore mie,
 non era la contessa
 certa che si facesse e non ardiva
150d’invitarvi perciò.
 la Contessa
                                    Sì certamente,
 quando saputo avessi
 quel che sa mio marito,
 invitate vi avrei, come or v’invito. (Freddamente)
 la Marchesa
 Verrò a goder.
 la Baronessa
                             Le vostre grazie accetto.
155(Voglio che ci venghiamo a suo dispetto). (Piano alla marchesa)
 
    Sì, contessina amabile,
 grazie di tanto onor.
 Ah! Voi siete adorabile,
 conosco il vostro amor.
 
160   (Freme di sdegno.
 Siam nell’impegno;
 s’ha da ballar). (Alla marchesa)
 
    Cara, fo il dover mio. (Alla contessa)
 Conte, son serva, addio.
165(Di rabbia e gelosia
 la voglio far crepar). (Da sé, indi parte)
 
 SCENA VI
 
 La MARCHESA, la CONTESSA, il CONTE
 
 la Marchesa
 Serva, contessa mia.
 la Contessa
                                        Serva divota.
 la Marchesa
 Son tenuta davvero
 a tanta cortesia.
 il Conte
170Staremo in allegria,
 v’invita la contessa
 a parchissima cena.
 la Marchesa
                                       Anche di più?
 Il vostro cuor per uso
 la gentilezza apprese,
175siete, contessa mia, siete cortese.
 
    L’ho sempre detto
 cara contessa,
 siete la stessa
 sincerità.
 
180   Siete discreta,
 siete amorosa.
 Gente gelosa,
 questo si sa. (Da sé)
 
    Verrò alla cena,
185verrò al festino,
 caro contino
 troppa bontà.
 
 SCENA VII
 
 La CONTESSA ed il CONTE
 
 la Contessa
 (Non è picciolo sforzo
 quel che mi convien far).
 il Conte
                                                Su via, contessa,
190state allegra una volta.
 la Contessa
                                           Sì, ho ragione
 d’esserlo in grazia vostra. (Ironica)
 il Conte
                                                  Evvi un gran male
 divertirsi fra noi?
 la Contessa
                                    No, non è niente.
 Divertirsi, ballar, no, non disdice.
 Ma... vi sarà madama Doralice?
 il Conte
195Saria non invitarla
 scandalosa cagione
 di una qualche peggior mormorazione.
 la Contessa
 Sì, la virtude ammiro
 di un cavalier, ripieno
200di saper, di consiglio,
 che di far mormorar teme il periglio. (Ironicamente)
 Altro maggior motivo
 per l’amicizia vostra
 al mondo rio di mormorar si reca.
205Il cuor v’inganna e la passion v’accieca.
 
    Quel che vi scalda il petto
 non è virtude, il so.
 Barbaro! Il primo affetto
 dove sì presto andò?
 
210   Legge, costanza, onor,
 fede, pietade, amor
 d’un’infelice sposa
 deh vi favelli al cor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Il CONTE, poi il cavalier ANSALDO, poi BALESTRA
 
 il Conte
 È ver, talor confesso
215giustissimo il suo sdegno
 ma rimedio non c’è; son nell’impegno.
 Mi staccherò; ma intanto
 così vuol l’onor mio; soffrir conviene.
 E Balestra non viene;
220s’ei non porta il danar che mi abbisogna,
 affé son imbrogliato...
 Ecco quel seccator di mio cognato.
 il Cavaliere
 Conte, è ver che voi date
 una festa, una cena?
 il Conte
                                        In casa mia
225ciò mi sarà vietato?
 Voi favorite ancor.
 il Cavaliere
                                     Bene obligato.
 Divertitevi pur; buon pro vi faccia.
 Ma a una consorte in faccia
 non si conduce un odioso oggetto.
230A una dama si dee maggior rispetto.
 il Conte
 Credetemi, signore,
 ch’io bisogno non ho di precettore.
 il Cavaliere
 Né io pretendo farlo,
 vi son congiunto e per amor vi parlo.
235La contessa si lagna.
 Su questo io non rispondo;
 spiacemi che di voi si lagni il mondo.
 Quei stessi che al festino,
 che alla cena da voi, signor, verranno
240colle critiche lor vi pagheranno.
 Che bel piacere è il vostro
 danzar fra i suonatori
 e in folla i creditori
 la mattina vedere all’improviso
245che vi fan di rossor tingere il viso? (Si vede Balestra venir di lontano)
 il Conte
 Con licenza, signor, vedo il mio servo
 che bisogno ha di me.
 il Cavaliere
                                           Povero conte!
 Voi siete affascinato.
 il Conte
 Sono con voi. (Hai tu il denar portato?) (Piano a Balestra)
 Balestra
250Sì signor. (Al conte)
 il Conte
                      (Bravo, bravo). (Piano a Balestra)
 il Cavaliere
 Cognato e ben?...
 il Conte
                                  Cognato, io vi son schiavo. (Prende per mano Balestra e correndo parte)
 
 SCENA IX
 
 Il cavaliere ANSALDO solo
 
 il Cavaliere
 Il misero ha perduto
 il suo primier giudizio
 e lo veggo vicino al precipizio.
255Di lui poco mi cal; sol mi dà pena
 la misera germana ed è mio impegno
 l’afflitta solevar dal giogo indegno.
 Procurerò con arte
 lo scandalo evitar ma se persiste
260l’indiscreto consorte
 ad esser seco un inimico, un angue,
 son cavalier, vendicherò il mio sangue.
 
    Vi sovrasta, o donne belle,
 per destin del sesso imbelle
265la virile autorità.
 Ma ripugna l’onestà
 gl’infelici ad insultar.
 
    Si contenti l’uomo ingrato
 di sua forza, del suo stato
270ed impari l’uomo anch’esso
 il bel sesso a rispettar.
 
 SCENA X
 
 Camera di madama Doralice.
 
 Don ALESSIO, TARGA, poi madama DORALICE
 
 Alessio
 Che diavolo ha mia moglie
 che strepita, che grida? È una gran vita
 che mi fa far costei!
275Non ho un’ora di ben vicino a lei.
 Eccola qui che viene.
 Targa, voglio andar via.
 Presto, presto il cappel, la spada mia. (A Targa servitore il quale parte per ubbidire, poi torna)
 Doralice
 Vi è nota don Alessio
280la bella bricconata?
 Il sarto ha rovinata
 la guarnizione del vestito nuovo,
 ne mancan dieci braccia,
 si hanno da ricomprar. Non vi è riparo.
 Alessio
285Vi vorrà del danaro.
 Doralice
 Spropositi si sa.
 Alessio
 Ma ch’io non ne ho vosignoria non sa.
 Doralice
 Fra le maledizioni
 ci mancherebbe questa,
290ch’io per voi non potessi ire alla festa.
 Alessio
 Non avete quell’altro
 abito nuovo e bello?
 Doralice
 No, non ci voglio andar, se non ho quello.
 Alessio
 Bene.
 Doralice
              E voi ci dovete,
295don Alessio, pensar.
 Alessio
                                       Ci penserò. (Viene il servitore colla spada e con il capello)
 Doralice
 Quando ci penserete?
 Alessio
 Ci penserò, il vedrete. (Si pone la spada)
 Doralice
 Voglio il vestito nuovo.
 Alessio
                                            Sì. L’avrete. (Si pone in testa il capello)
 Se mi posso spicciar!
 Doralice
                                         (Non me ne fido). (Da sé)
300Date il danaro a me,
 sarà meglio così.
 Alessio
 Danaro! Eccolo qui.
 Vi do la borsa tutta,
 tale e quale com’è.
305Un soldo pel tabacco
 non mi tengo per me.
 Cara consorte mia,
 non so quel che ci sia. Non voglio lite.
 Fo quel ch’io posso e il mio buon cuor gradite.
 
310   Trovate un marito
 più buono di me,
 io lascio che dite,
 io lascio che fate,
 se state, se andate
315cercare non vuo’.
 
    E poi... signorsì.
 Lasciamola lì.
 Ma almeno la pace
 potessi sperar.
 
 SCENA XI
 
 Madama DORALICE, poi il CONTE
 
 madama Doralice
320Povero galantuomo!
 Qualche volta un po’ troppo io lo tormento.
 Ma sol lo faccio per temperamento. (Apre la borsa)
 Come! Olà. Don Alessio. (Chiamandolo)
 Di derider la moglie ebbe l’ardire?
325Una borsa mi dà con dieci lire?
 Parte e con dieci lire
 mi lascia nelle peste?
 No, non voglio tener né meno queste. (Getta la borsa e coglie nel petto al conte che sul momento arriva)
 il Conte
 Obbligato, madama.
 madama Doralice
                                        Vostro danno.
330Quando la dama è ancora ritirata,
 non si viene così senza imbasciata.
 il Conte
 Tal libertà concessa
 mi fu da voi; perché sdegnarvi adesso?
 madama Doralice
 L’abusarsene ognior non è concesso.
 il Conte
335Siete meco sdegnata?
 madama Doralice
                                          In cortesia
 dite quel che volete e andate via.
 il Conte
 Che novitade è questa?
 Che vi altera così?
 madama Doralice
                                    Mi duol la testa.
 il Conte
 Favorite, madama,
340una parola sola.
 A che ora volete
 che la gondola mandi,
 se l’onor di servirvi ancora ottengo?
 madama Doralice
 Questa sera alla festa io non ci vengo.
 il Conte
345Come? Perché? Se fatto
 è il festino per voi, se colle dame
 corso è l’invito. Oh sì per voi, madama,
 mi troverei nel più fatal imbroglio.
 madama Doralice
 Non ci vengo, non posso e poi non voglio.
 il Conte
350Deh vi prego, madama, in carità.
 madama Doralice
 È vano il faticar; non vuo’ venire,
 se credo di morire.
 il Conte
                                      (Ora sto fresco).
 Ma io che dovrò far?
 madama Doralice
                                        Lasciar che ballino
 e star meco a tenermi compagnia.
 il Conte
355Senza farmi vedere in casa mia?
 madama Doralice
 Bene; a ballare andate,
 divertitevi e più non mi seccate.
 il Conte
 Deh venite voi pure.
 madama Doralice
                                        Oh questo no.
 il Conte
 Può sapersi il perché?
 madama Doralice
                                           Ve lo dirò.
360Non ci vengo, signor, con vostra pace,
 perché vuo’ far quel che mi pare e piace.
 il Conte
 Non è ragion che basti.
 madama Doralice
                                             Così è.
 Se non basta per voi, basta per me.
 Son salda in opinione
365e sta nel mio voler la mia ragione.
 
    Ve l’ho detto e vel ridico.
 Non ci vengo, signor no.
 Eh lo so che non vi spiace.
 Vi godrete in buona pace
370colla vostra libertà;
 
    colle belle memoiselle,
 colla sposa spiritosa
 passerete l’ore liete,
 sì signore, già si sa.
375Ma da me più non tornate.
 Non vi vuo’, non mi seccate
 ma per sempre via di qua.
 E ballate e tripudiate
 colla vostra libertà. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Il CONTE solo
 
 il Conte
380Io resto affatto affatto
 immobile, confuso e stupefatto.
 Chi sa che non sia vero
 quel che Targa m’ha detto il servitore?
 Dissemi che il sartore avea perduto
385dieci braccia d’argento e non potea
 perciò avere il vestito.
 Vuol comparir magnifica all’invito.
 Si potrebbe veder di rimediarvi.
 Sì sì, così farò.
390L’argento comprerò.
 Lo porterò al sartore e si dirà
 che avevalo un garzone traffugato,
 e che s’è ritrovato. In cotal modo
 non si offende la dama ed ha il vestito
395e calmata verrà forse all’invito.
 
    Borsa mia che magra sei,
 chi vuol fare i cicisbei
 ci conviene astrolicar.
 Quando poi sarai finita
400borsa mia che avrò da far?
 In campagna a villeggiar.
 
    Finché si puole
 goder si suole,
 all’avvenire
405non vuo’ pensar.
 Non saran dame,
 saran pedine.
 Le contadine
 saprò trattar.
 
 SCENA XIII
 
 Altra camera in casa di madama Doralice.
 
 Madama DORALICE e TARGA servitore
 
 madama Doralice
410Che vuol da mio marito
 il cavaliere Ansaldo?
 Digli ch’è fuor di casa. (Il servitore vuol partire)
 Ma no; fermati. (In mente (Il servitore si ferma)
 un pensiere mi vien per vendicarmi).
415Digli che passi pur. Sì vuo’ provarmi. (Parte il servo)
 Senza di me la festa?
 Conte non la farai, te lo prometto,
 a costo ancor di rovinarti il tetto.
 
 SCENA XIV
 
 Il cavaliere ANSALDO e la suddetta ed il servo
 
 il Cavaliere
 Madama.
 madama Doralice
                     Vi son serva.
 il Cavaliere
420Don Alessio non c’è?
 madama Doralice
                                        No, mio signore.
 Ma dentro a queste porte
 è lo stesso la moglie ed il consorte.
 il Cavaliere
 Bella felicità! Pochi son quelli
 che la godano al mondo; e l’infelice
425mia germana lo sa.
 madama Doralice
                                      Per dire il vero
 il conte è un cavaliero
 che una sposa gentile ottenne in sorte;
 ma fa poca giustizia a sua consorte.
 Ella è una saggia dama,
430degna d’amor, degna di stima, il mondo
 giustamente l’apprezza e in venerarla,
 vel protesto, signore, altrui non cedo.
 il Cavaliere
 (Le credo o non le credo?) (Da sé)
 madama Doralice
 Ecco qui, questa sera
435il conte dà una festa; i suonatori
 a forza di danaro
 altrui carpì; succederà un impegno.
 Spiacemi per la moglie. Oh sventurata!
 il Cavaliere
 Ma voi pure a ballar foste invitata.
 madama Doralice
440Non signor, perdonate; dacché io seppi
 che la contessa apprese
 qualche ombra di me per suo consorte,
 più venir non si vide a queste porte.
 Il mio dover lo so,
445quando il conte m’inviti, io non ci vo.
 il Cavaliere
 Lo promettete voi?
 madama Doralice
                                      Sì, lo prometto.
 Troppo ho per voi rispetto,
 troppo per la contessa.
 Ma la sera si appressa
450e se il ballo si fa, signor, badate,
 nasceran delle scene inaspettate.
 il Cavaliere
 Mio pensiero sarà porvi riparo.
 Vuo’ rintracciare il conte.
 madama Doralice
 Vada la cena ed il festino a monte.
 il Cavaliere
455Ciò sarà pensier mio.
 madama Doralice
                                          (S’egli mi crede,
 se il festin non si fa, son vendicata).
 il Cavaliere
 Vi prego perdonar.
 madama Doralice
                                      Bene obbligata.
 il Cavaliere
 
    Riverente a voi m’inchino.
 
 madama Doralice
 
 Vi son serva, o mio signor.
 
 il Cavaliere
 
460No, restate.
 
 madama Doralice
 
                        Perdonate.
 
 il Cavaliere
 
 No, non voglio.
 
 madama Doralice
 
                              Obbedirò.
 
    (Ma lo crede, già lo vedo). (Da sé)
 
 il Cavaliere
 
 (A costei tutto non credo). (Da sé)
 
 a due
 
 (Chi sa finger tutto può). (Ognuno da sé)
 
 il Cavaliere
 
465   Riverente.
 
 madama Doralice
 
                          Vi son serva.
 
 il Cavaliere
 
 No, restate.
 
 madama Doralice
 
                        Obbedirò. (Parte il cavaliere)
 
 SCENA XV
 
 Madama DORALICE, poi don ALESSIO
 
 madama Doralice
 Se non si fa la festa
 son lieta e son contenta
 perfettissimamente.
 don Alessio
470Madama, allegramente.
 madama Doralice
 Che? Siete qui sguaiato?
 don Alessio
 L’argento è ritrovato.
 madama Doralice
 Come! (Agitata)
 don Alessio
                 L’avea un garzone
 traffugato, il briccone.
 madama Doralice
                                           Ed il vestito?
 don Alessio
475Questa sera sarà bello e finito.
 madama Doralice
 Povera me!
 don Alessio
                        La gioia
 dovrebbe in voi rivivere.
 madama Doralice
 Povera me! Da scrivere.
 don Alessio
 A chi volete scrivere a quest’ora?
 madama Doralice
480Una lettera al conte.
 don Alessio
                                       È qui di fuora.
 madama Doralice
 Fatel venir innanzi.
 don Alessio
 Si può saper perché?
 madama Doralice
 Fatel venir innanzi in cortesia. (In modo burlevole)
 don Alessio
 Subito. Oh gran pazienza ch’è la mia! (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 Madama DORALICE, poi don ALESSIO ed il CONTE
 
 madama Doralice
485Affé, l’ho fatta bella!
 Che dirà don Ansaldo,
 se mi vede all’invito?...
 Dirò che mi ha obbligata mio marito.
 E se il ballo impedisce?... Cosa importa?
490Questo almen mi consola,
 che se in casa starò, non sarò sola.
 don Alessio
 Ecco il conte, signora.
 il Conte
 Eccomi qui. Vuol strapazzarmi ancora?
 don Alessio
 Compatitela, amico,
495ella suol far così.
 Meco almeno lo fa tre volte al dì.
 madama Doralice
 Voi non avete grazia
 per meritar finezze. (A don Alessio)
 Il conte è gentilissimo.
 il Conte
500(L’abito l’ha cangiata). Obligatissimo.
 Favorite al festino?
 madama Doralice
                                      E perché no?
 il Conte
 La gondola a pigliarvi io manderò.
 don Alessio
 Eh non occor... (Al conte)
 madama Doralice
                               Tacete. (A don Alessio)
 Sì, mandatela pur, mi obbligherete. (Al conte)
 il Conte
505Vi è passato, madama,
 il dolore di capo?
 madama Doralice
                                  Un poco ancora
 pare che mi molesti.
 don Alessio
                                        Eh non è niente.
 madama Doralice
 Cosa sapete voi?
 Che vi caschi la testa un qualche dì.
 don Alessio
510Ecco le grazie sue. Sempre così.
 
    Son quattr’anni che l’ho presa;
 una volta non l’ho intesa
 a parlar con buon amor.
 
 il Conte
 
    Via, madama, collo sposo
515sia quel labbro più amoroso,
 più discreto il vostro cor.
 
 madama Doralice
 
    Caro sposo! Bel marito! (Burlescamente)
 Conte mio, verrò all’invito
 obbligata dell’onor. (Al conte)
 
 don Alessio
 
520   Son per lei tenuto anch’io. (Al conte)
 
 madama Doralice
 
 Eh non serve, padron mio,
 ch’io so fare il mio dover. (Ad Alessio)
 
 don Alessio
 
    Oh cospetto. Più rispetto.
 Son marito e cavalier. (Alterato)
 
 madama Doralice
 
525   Non gridate, non bravate.
 Mi vien caldo.
 
 il Conte
 
                             Voi sudate.
 
 madama Doralice
 
 Il velen mi fa sudar.
 
 il Conte
 
 Vi potete accomodar. (Offre il fazzoletto a madama per asciugarsi la fronte)
 
 madama Doralice
 
    Farò io. (Vuol egli asciugarle la fronte)
 
 don Alessio
 
530Quest’è troppo, padron mio,
 non si può più sopportar. (Al conte)
 
 madama Doralice
 
    Indiscreto! (Ad Alessio)
 
 don Alessio
 
                            Gnora sì. (Burlando)
 
 madama Doralice
 
 Incivile! (A don Alessio)
 
 don Alessio
 
                    Va così. (Come sopra)
 
 il Conte
 
    Ah per me non vi sdegnate, (Passa nel mezzo caricando di finezze don Alessio)
535perdonate, amico vero,
 son per voi di cor sincero;
 quest’abbraccio v’assicura.
 Questo bacio a voi lo giura.
 Sono amico e servitor
540a madama di buon cor. (Si volta a madama)
 
 don Alessio
 
    Mi confonde.
 
 madama Doralice
 
                              Che vi par?
 Imparate a conversar. (A don Alessio)
 
 don Alessio
 
    Ma il marito, mia signora,
 non si deve strapazzar. (A madama Doralice)
 
 madama Doralice
 
545   Non si deve? Che maniera
 è la vostra di parlar?
 
 don Alessio
 
    Prosontuosa!
 
 madama Doralice
 
                              Signorsì.
 
 don Alessio
 
 Tormentosa!
 
 madama Doralice
 
                           Va così.
 
 il Conte
 
    Ah signora in cortesia
550tralasciate in grazia mia.
 Fate ch’io non preghi invano
 per virtù di questa mano
 ch’io vi bacio di buon cor. (Le bacia la mano)
 Sono amico e servitor. (Voltandosi a don Alessio)
 
 madama Doralice
 
555   Imparate. (A don Alessio)
 
 don Alessio
 
                          Ho già imparato. (Accostandosi a lui passando in mezzo)
 
 il Conte
 
 Sarei pure fortunato,
 se vedessi fra di voi
 pace vera scintillar!
 
 madama Doralice
 
    Pace pur.
 
 don Alessio
 
                        Pace di core.
 
 il Conte
 
560Amicizia e buon amore
 s’ha fra noi da coltivar.
 
 a tre
 
    Viva pure l’allegria
 e la buona compagnia
 che ci faccia giubilar.
 
 Fine dell’atto primo