Aristide, Venezia, Valvasense, 1735

Vignetta Frontespizio
 SCENA PRIMA
 
 Cortile reale con fontana.
 
 ARISTIDE e CARINO che dorme
 
 Aristide
 Sei amor, sei timor tu che mi guidi
 nell’empia reggia a riveder la sposa?
 Mille della sua fede
 prove mi diè. Ma prigioniera oppressa,
5temo che la sua fé non sia la stessa.
 Scoprasi dunque... Ma che miro! Al suolo
 prosteso il servo mio riposa in pace!
 Ehi Carino, Carino.
 Carino
 Chi mi sveglia? Il demonio! O me meschino!
 Aristide
10Perché fuggi così?
 Carino
                                    Ahi che mi sento
 l’anima distillar per lo spavento.
 Aristide
 Non mi conosci ancor? Son io pur quello...
 Carino
 Vatene per pietà demonio fello.
 Aristide
 Son pur quel tuo padron...
 Carino
                                                  Il mio padrone
15è Aristide di Grecia e non Plutone.
 Aristide
 Aristide son io.
 Carino
                               Lasciate un poco
 che meglio vi contempli. Agl’occhi, al naso,
 alle spalle, alla vita, ai piedi, al tergo,
 alla voce senz’altro io vi discerno.
20Adunque morto siete
 e lo spirito vostro andò all’inferno.
 Aristide
 No, che vivo son io.
 Questi neri colori
 son da me finti ad arte.
 Carino
25Per qual cagion?
 Aristide
                                 Per iscoprir la fede
 della consorte mia.
 Carino
                                     Male, malissimo.
 Vi ponete padrone a un gran cimento.
 Chi sapere e veder troppo desia
 spesso discopre quel che non vorria.
 Aristide
30Dimmi, sei noto al re?
 Carino
                                            Sì mi conosce
 per un servo d’Arsinoe.
 Aristide
                                             Eccolo appunto.
 Guarda non mi scoprir, con la tua morte
 pagaresti il delitto. (Si ritira)
 Carino
 Non temete signor, ch’io starò zitto.