Vittorina, Venezia, Zatta, 1794

 ROBERTO, poi donna ISABELLA
 
 Roberto
 Qual turbine! Qual tuono! Qual tempesta!
 Megli’è ch’io me ne vada,
1135prima che sul mio capo il fulmin cada. (Apre l’uscio per sortire e nel medesimo momento entra furiosamente donna Isabella che lo fa retrocedere)
 Isabella
 Siete voi l’arrogante,
 siete voi il villanaccio
 che mi ha fitta la porta nel mostaccio?
 Roberto
 Perdon, cara Isabella... (In aria di confidenza)
 Isabella
1140Come! Qual insolenza?
 Con me tal confidenza?
 A me: «Cara Isabella»?... Ma che vedo?
 Non vi avea ravvisato.
 Siete lo sciagurato
1145che rapire volea la mia figliuola.
 Roberto
 Rapirla! Anzi salvarla
 e da onorato galantuom sposarla.
 Isabella
 Voi mia figlia sposar? Voi la cugina
 sposar della marchesa?
 Roberto
                                             (Oh che mai sento?
1150Vittorina, per dirla,
 mostrava nell’aspetto...)
 Isabella
 Marchesa, a tuo dispetto, (Verso la porta per dove la marchesa è sortita)
 ti troverò, ti parlerò.
 Roberto
                                        Guardate, (Verso la porta medesima)
 che ingiustizia! Che torto! Una cugina!
1155D’una dama la figlia! (Accennando donna Isabella)
 La collera mi piglia.
 No, signora marchesa, (Verso la detta porta)
 soffrir non so l’orgoglio.
 Qui restar più non voglio. Se bisogno (A donna Isabella)
1160avete di un agente o di un fattore,
 eccomi, di servirvi io avrò l’onore.
 
    Quest’è una buona dama (Accennando donna Isabella)
 che merita rispetto,
 che di servir prometto
1165con zelo e fedeltà.
 
    Non basta un marchesato, (Verso la porta)
 da un morto ereditato.
 Bisogna trattar bene,
 giustizia usar conviene;
1170e questa è quella dama (Verso donna Isabella)
 che ve l’insegnerà. (Parte)