Vittorina, Venezia, Zatta, 1794

 La MARCHESA, poi il CONTE
 
 Marchesa
 Come! Che sento? Il cavalier ritrova
 in Vittorina un merito?
 Un merito eccedente?
610E la man di un agente
 ben provveduto e negli affari esperto
 crede troppo inferiore al suo gran merto?
 O l’audace ha svelato
 il suo nome, il suo stato, o il bel sembiante
615reso ha con arte il cavaliere amante. (Ironica)
 L’uno o l’altro che sia,
 degno è dell’ira mia quel core ardito
 ed il merito suo sarà punito.
 Conte
 Deh, marchesa, scusate,
620le porte abbandonate
 son dalle genti vostre.
 Al cenno che mi onora,
 sollecito mi rendo
 e il mio destino impaziente attendo.
 Marchesa
625Vi son grata. Sedete.
 (Qual merto è in lei? Che fe’ per lei natura?
 Pregio di gioventù passa e non dura). (Da sé)
 Conte
 Marchesa, a quel ch’i’ vedo,
 siete nel cor da gravi cure oppressa.
 Marchesa
630Sì, lo confesso io stessa,
 qualche cosa ho nel sen che mi molesta.
 Conte
 E indovinar io credo
 la cagion dell’affanno.
 Marchesa
 Ingannarvi potreste.
 Conte
                                        Ah non m’inganno.
635Voi il cavaliere amate.
 Marchesa
                                           E s’io l’amassi,
 perché credere amor la pena mia?
 Conte
 Pena è amor, se congiunto è a gelosia.
 Marchesa
 Io gelosa? Di chi?
 Conte
                                   Di una rivale
 che più a ragion vi sdegna,
640quant’è più abietta e del confronto indegna.
 Marchesa
 Di chi parlate voi?
 Conte
                                     Vano è il nascondere
 quel che meglio d’altrui saper dovete.
 Al cavaliere avete
 un cuor sagrificato
645che vi ama, che vi stima e che vi onora,
 e il cavaliere Vittorina adora.
 Marchesa
 (Ecco l’arcano. Ah indegna!
 Ah perfido!) (Da sé)
 Conte
                           Non merta
 l’ira vostra chi puote
650a bellezza vulgar volgere il ciglio.
 Marchesa
 Conte, mi maraviglio
 che parliate in tal guisa; un cuore, a cui
 donata ho la mia stima,
 che svegliò nel mio sen d’amor la face,
655di bassa inclinazion non è capace.
 Conosco il cavaliere
 e conosco me stessa e chi pretende
 altrimenti pensar m’insulta e offende.
 Conte
 Invano, invan, marchesa,
660vi offendete per ciò. Se l’abbandono
 duro vi sembra e se l’oggetto è indegno
 d’esservi preferito
 per grado, per beltà, fortuna e onore,
 colpa vostra non è, colpa è d’amore.
 
665   Se giustizia altrui rendesse,
 non sarebbe Amor fanciullo.
 Fa de’ cuori il suo trastullo,
 gioco è in lui la crudeltà.
 
    Se del merto cura avesse,
670non andrebbe Amor bendato;
 se con noi si mostra ingrato,
 colpa è sol di cecità. (Parte)