Vittorina, London, Cadell, 1777

Vignetta Frontespizio
 SCENA II
 
 La MARCHESA ed il CONTE
 
 Conte
 Scusate, mia signora;
 al cenno che mi onora
 sollecito mi rendo
 e impaziente il mio destino attendo.
 Marchesa
485Vi son grata. Sedete.
 (Perché non porla in un ritiro allora
 che venne a me?... Ma sono a tempo ancora).
 Conte
 Marchesa, a quel ch’io vedo
 siete nel cor, siete nell’alma oppressa.
490Il cavaliere amate...
 Marchesa
 Perché credere amor la pena mia?
 Conte
 Pena è amor, se congiunto è a gelosia.
 Marchesa
 Io gelosia? Di chi?
 Conte
                                     Vano è il nascondere
 quel che meglio d’altrui saper dovete.
495Al cavaliere avete
 un cor sagrificato
 che vi ama, che vi stima e che vi onora,
 e il cavaliere Vittorina adora.
 Marchesa
 (Ecco l’arcano. Ah indegna!
500Ah perfido!)
 Conte
                          Non merta
 l’ira vostra chi puote
 a bellezza volgar volgere il ciglio.
 Marchesa
 Conte, mi maraviglio
 che parliate in tal guisa.
505Io conosco me stessa; e chi pretende
 altrimenti pensar m’insulta e offende.
 Conte
 E perché v’offendete?
 Se voi non possedete
 del cavaliere il core,
510colpa vostra non è, colpa è d’amore.
 
    Se giustizia altrui rendesse,
 non sarebbe Amor fanciullo.
 Fa de’ cuori il suo trastullo,
 gioco è in lui la crudeltà.
 
515   Se del merto cura avesse,
 non andrebbe Amor bendato.
 Se con noi si mostra ingrato,
 colpa è sol di cecità. (Parte)