Germondo, Venezia, Zatta, 1794

 SCENA V
 
 ALARICO, poi ROSMONDA
 
 Alarico
 Ah da’ ritegni istessi
340di Cratero dubbioso è il reo svelato.
 Perfido figlio ingrato!
 Rosmonda
                                          Deh permetti
 che al giubbilo comune...
 Alarico
                                                Olà. (Chiama le guardie senza badare a Rosmonda)
 Rosmonda
                                                           Qual ira
 contro me? In che t’offesi?
 Alarico
                                                   Al duol perdona
 che mi toglie a me stesso. Olà, si cerchi
345e s’arresti Germondo e a me sia scorto. (Alle guardie)
 Rosmonda
 Come, signore? Il figlio tuo?
 Alarico
                                                      L’indegno
 tentò d’Alvida soggiogar gli affetti.
 Rosmonda
 Ah giusto re, permetti
 ch’io dica e ch’io sostenga
350che ingannato tu sei.
 Alarico
                                         Qual prova adurre
 puoi della sua innocenza?
 Rosmonda
                                                 Una ne vanto
 che può farti tranquillo e che mi onora.
 Sai che non arde un cuore
 di due fiamme ad un tempo. Oh cieli! Arrischio
355forse i tuoi sdegni meritar ma salvo
 l’onor suo, la tua pace. Ah per Alvida
 non arde il figlio tuo d’amore in petto,
 per me l’accese un innocente affetto.
 Alarico
 E questa, audace, onde i miei sdegni aumenti,
360parti ragion bastante
 per escluder la colpa? Un nuovo fallo
 in lui mi scopri e nol difendi. Ardito
 chi contro al mio divieto
 la mia schiava sedur presume ed osa,
365può l’audacia arrischiar sino alla sposa.
 Proverà il mio rigor.
 Rosmonda
                                        Signor...
 Alarico
                                                          T’accheta.
 Vattene. Io più non soffro
 chi mi parla di lui.
 Rosmonda
                                     Di lui ti parlo,
 perché meglio di te quel cor conosco.
370Parlo a un tenero padre, a un re clemente.
 Guardati di punirlo, egli è innocente.
 
    Sono amante e l’ardor ch’ho nel petto
 palpitare e tremare mi fa.
 Tu sei padre e un più tenero affetto
375ti dovrebbe destare a pietà.
 
    Ah quel volto, quel labbro, quel ciglio,
 la virtù che conosci nel figlio
 ti assicuri ch’ei colpa non ha. (Parte)