Germondo, Venezia, Zatta, 1794

 SCENA III
 
 ALVIDA, poi CRATERO
 
 Alvida
 Stelle! Che intesi mai? Qual nuova speme
 m’anima, mi conforta?
 Germondo, idolo mio, d’amor capace
55è il tuo bel cor?... Ma che ragiono audace?
 Come, ah come sperar del figlio in petto,
 sposa del genitor, destare affetto?
 Cratero
 Perché sempre sì mesta,
 perché afflitta, o regina?
 Alvida
                                               Ah del mio cuore
60mio malgrado, Cratero,
 penetrasti l’orror. Piucch’io non dico,
 dagli occhi miei, da’ miei sospir tu vedi
 e la cagion del mio dolor mi chiedi?
 Cratero
 Alarico vivente, un novel foco
65potea farti arrossir; ma poiché il padre
 chiuso per sempre ha il ciglio,
 contrastarti chi può d’amare il figlio?
 Alvida
 Ah quest’amor, che nacque
 in seno della colpa,
70di rendere innocente invan presumo.
 Eppur... Fato inumano!
 Tento vincer me stessa e il tento invano.
 
    Qual destin, qual astro, oh dio!
 mi fe’ schiava al nume arciero?
75Ah cuor mio, confessa il vero;
 tu sei l’astro e il seduttor.
 
    Colpa fu del ciglio mio
 rimirar il bel sembiante;
 ma l’amarlo, in quell’istante,
80fu tua colpa e mio rossor. (Parte)