Germondo, London, Cadell, 1776

Vignetta Frontespizio
 SCENA V
 
 ALARICO, guardie e poi GERMONDO
 
 Alarico
 Ah! I rimproveri intendo.
 M’accusa Alvida di lentezza e teme
 nel giudice trovar padre indulgente.
505Olà, Germondo a me! Stelle! Qual punto!
 Qual dover! Qual orrore!
 Oh padre! Oh figlio! Oh debolezza! Oh amore!
 Germondo
 Padre...
 Alarico
                  Più non chiamarmi
 con sì tenero nome. Il tuo sovrano
510col genitor confondi.
 Il tuo giudice parla; a lui rispondi.
 Germondo
 Di qual colpa son reo?
 Alarico
                                           Chiedilo, indegno,
 al perverso tuo cor. T’accusa Alvida,
 Cratero inorridisce. Il tuo silenzio,
515il tuo pallor, l’acciaro
 della regina nelle stanze in pugno,
 tutto reo ti convince.
 Germondo
                                        Eppure... Ah padre!
 Se men t’amassi e rispettassi meno
 l’onor tuo, la tua pace...
520Deh lasciami tacer.
 Alarico
                                      T’intendo, audace.
 D’una sposa reale osi la fede
 render sospetta ed oltraggiar la fama.
 Perfido, nuove colpe
 mediti per salvarti!
525Basterebbe assai men per condannarti.
 Germondo
 Ma... forzato dirò...
 Alarico
                                     Basta. Soffersi
 troppo l’audacia tua. Vendetta chiede
 un trono offeso, una real consorte.
 Certa è la colpa tua. Sei reo di morte.
530Guardie, in carcere oscuro
 chiuso sia il contumace.
 Germondo
 Tenero padre mio.
 Alarico
                                     T’accheta audace.
 
    Quell’ardir, quell’intrepido ciglio
 son gli effetti d’un’alma perversa.
535Colle colpe chi vive e conversa
 a mentire gran pena non ha.
 
    Di giustizia m’arrendo al consiglio
 nel punir d’un ingrato l’eccesso;
 ma ad un padre sentire è permesso
540qualche moto d’interna pietà. (Parte)