La cameriera spiritosa, Venezia, Fenzo, 1767 (L’astuzia felice)

 SCENA IX
 
 Appartamenti.
 
 LUCREZIA, poi il CAVALIERE
 
 Lucrezia
 Sempre più la mattassa
 intricando si va; ma non dispero
780il bandolo trovar. Tempo e mi basta.
 Esser può che mi riesca
 a forza di ragiri
 far che ognun mi ringrazi e ognun respiri.
 il Cavaliere
 Sposa mia, per pietà.
 Lucrezia
                                          Che v’è accaduto?
 il Cavaliere
785Oh ciel! Non vi ho veduto
 saran più di tre ore,
 voi principiate a tormentarmi il core.
 Lucrezia
 Ma signor perdonate,
 le donne non von essere assediate.
 il Cavaliere
790Assediate? Ah crudele,
 la sollecita cura
 d’un tenero amator vi reca tedio?
 Voi la sfuggite e la chiamate assedio?
 Lucrezia
 (Oh riderei di core).
 il Cavaliere
                                        Deh permettete
795ch’abbia l’onor di dirvi,
 senza offender l’amor che a voi mi lega,
 che la donzella vostra
 parmi più compiacente e men severa.
 Lucrezia
 Chi!... Lucrezia!
 il Cavaliere
                                Ella stessa.
 Lucrezia
                                                      Oh bene adunque,
800s’ella vi piace più, se la trovate
 conforme al genio vostro...
 il Cavaliere
                                                  No, mia vita,
 offendervi non credo...
 Lucrezia
 Se volete Lucrezia, io ve la cedo.
 il Cavaliere
 Ma no...
 Lucrezia
                  Ma sì...
 il Cavaliere
                                  Ma se di voi soltanto
805adoratore io sono.
 Lucrezia
 Ma se non voglio più...
 il Cavaliere
                                            Pietà, perdono. (S’inginocchia a’ di lei piedi)
 Lucrezia
 Che perdon! Che pietà!... Donne meschine!...
 Fate un povero core
 vittima dell’amore... Ite... Vegliate
810le intiere notti in pianti...
 E per chi mai?... Per degli ingrati amanti!
 Ah mostri di perfidia!... E tu... peggiore
 degli orsi tutti... orso crudel... leone...
 tigre... pantera... a’ piedi miei prostrato
815pregali, per pietà, d’esser sbranato...
 Già n’hai cento d’intorno...
 L’uno ti squarcia il petto...
 Ti rode l’altro il cuore...
 Quanto sangue!... Che orrore!...
820Ah meschino!... Ah crudel!... Non so che dica...
 Ma sprezzata e nemica
 qual tu mi vuoi... così pietosa io sono
 che d’alzarti t’accordo e ti perdono.
 
    Poverine, innamorate;
825troppo ahimè! lo sa chi ’l prova
 e pur barbare ed ingrate
 si sentiam sempre chiamar.
 
    No signori, non siam noi
 né tiranne né indiscrete;
830troppo ingordi siete voi;
 in un dì troppo volete
 né si può tutto accordar. (Parte)