La notte critica, Venezia, Fenzo, 1766

Vignetta Frontespizio
 SCENA V
 
 DORINA e detti
 
 Dorina
 Ah ah signore mie,
 gli influssi della luna
 han prodotto per voi buona fortuna.
 Cecilia
 (Ardita impertinente!)
 Leandro
                                             (Provedete). (Piano a Marinetta)
 Marinetta
640(Secondatemi pure e non temete). (Piano a Cecilia ed a Leandro)
 Dorina
 E chi è questo signor?
 Marinetta
                                           Mi maraviglio
 che abbiate tanto ardire
 di venire a mentire. Domandate
 chi è quel signore a noi?
645Nol conoscete ed egli è qui per voi?
 Dorina
 Per me?
 Marinetta
                   Dite, parlate,
 il vero confessate,
 non siete innamorato
 di questa signorina?
650Di sposare Dorina,
 dite, non spasimate?
 (Da bravo secondate). (Piano a Leandro)
 Dite la verità, non è così?
 Leandro
 (Qual imbroglio?)
 Dorina
                                    Davver? (A Leandro)
 Leandro
                                                      Signora sì. (A Dorina)
 Cecilia
655Ma bisogna veder...
 Marinetta
                                       Sì veramente
 so quel che vi va a cuore,
 voi siete la maggiore
 e dovrete a ragione esser la prima
 ma s’egli ha della stima
660per la minor sorella
 e s’a lei vuol donar la prefferenza,
 scusatemi, conviene aver pazienza.
 Non è vero, signor?
 Leandro
                                      Non so che dire.
 Cecilia
 Chi sa, potrebbe darsi...
 Dorina
                                              A voi non tocca
665di parlar, di fiatar. Se quel signore
 ha dell’inclinazion per me o per voi
 a lui tocca a spiegare i pensier suoi.
 Marinetta
 E i pensier suoi son questi,
 la signora Dorina egli ama e spera
670e per lei è venuto qui stassera.
 Dorina
 È ver?
 Marinetta
                Via confirmate.
 Leandro
 Certo per verità... (Voi m’imbrogliate). (Piano a Marinetta)
 
    Qui mi condusse amor...
 Parto e qui lascio il cor.
675Ah se sperar dovessi...
 Ah se parlar potessi...
 Ma taccio per rispetto,
 perché una son costretto,
 s’io parlo, ad alterar.
 
680   Dunque mia bella, addio,
 si accresce il foco mio...
 M’avveggio che vaneggio,
 non deggio più restar.