La bella verità, Bologna, Sassi, 1762

Vignetta Frontespizio
 SCENA VIII
 
 LORANO, TOLOMEO e CLAUDIO
 
 Lorano
 Cospetto! In verità
 sono mortificato. Un certo effetto
250nell’interno mi fa donna che prega
 che a ressister patisco.
 Tolomeo
                                            E bene adunque
 si lasci persuader.
 Lorano
                                    Non vi è rimedio.
 Claudio
 Quand’è così, gli leverem l’assedio.
 Tolomeo
 Ma non avrebbe almeno
255qualche cosa di fatto?
 Lorano
                                          Oibò; non soglio
 scriver giammai senz’essere spronato.
 Anzi i’ aveva fissato
 di mai più voler fare un dramma buffo,
 tant’io ne sono stomaccato e stuffo.
 Tolomeo
260Ma so pur che in Venezia
 ogn’anno di tai libri
 vossignoria soleva
 comporne due o tre per ordinario.
 Lorano
 È ver, ma l’impresario
265andò in collera meco ed ha ragione.
 Io ho la presunzione
 d’esser da chi mi vuol pagato bene
 e alla sua ecconomia ciò non conviene.
 Claudio
 Ehi signor impresario
270sentite il gergo?
 Tolomeo
                                Come?
 Claudio
                                                Se bramate
 ch’egli scriva per voi, non risparmiate.
 Tolomeo
 Come?
 Lorano
                 Non sono in caso
 in veruna maniera. Ho da partire.
 E poi, per vero dire,
275a un tal componimento
 ho preso abborrimento. Il libro buffo
 è una noia, è un imbroglio,
 non si finisce mai;
 è un seminario di fastidi e guai.
 
280   Quando il libretto è fatto
 forse si è fatto il men;
 s’han da cambiare ogn’atto
 cinque o sei cose almen.
 
    Vien via la canterina:
285«Quest’aria non va bene».
 E grida la mammina:
 «La parte non convien».
 
    Son dieci che comandano,
 comandano e non pagano.
290Io mando i libri al diavolo,
 non me n’importa un cavolo.
 No no, non ne vo’ far.
 Non voglio più impazzar. (Parte)