L’amore artigiano, Venezia, Fenzo, 1761

Vignetta Frontespizio
 SCENA XVII
 
 Piazzetta come nelle scene antecedenti, colle botteghe aperte del fabro e del calzolaio e di più in mezzo la bottega aperta di legnaiuolo col banco fuori e varie tavole ed instrumenti di cotal arte. Fuori della bottega del fabro una picciola incudine e fuori di quella del calzolaio una pietra, su cui tali artisti sogliono battere il cuoio; di qua e di là le case come prima.
 
 BERNARDO al picciolo banchetto di fuori a sedere, lavorando nelle sue scarpe. TITA presso l’incudine assottigliando un ferro prima colla lima, poi col martello. GIANNINO al suo banco preparando tavole per i suoi lavori, segnando e battendo a misura del suo bisogno, poi ANGIOLINA colla sua scolara, poi ROSINA colla sua
 
 Tita
 Mastro Bernardo. (Lavorando)
 Bernardo
                                    Che hai di nuovo, Tita? (Lavorando)
 Tita
 Novità non ne mancano. I mosconi
515s’accostano alla carne.
 Bernardo
                                          In questa piazza
 non ci sono carogne.
 Tita
                                        Non ce n’erano.
 Dite come va detto.
 Bernardo
                                      Sì, hai ragione.
 Si sente il puzzo.
 Giannino
                                  (Intendo il loro gergo
 ma fingo non capir).
 Bernardo
520Tita?
 Tita
             Che dite?
 Bernardo
                                 Voi conoscerete
 qualche buon murator.
 Tita
                                             Sì ne conosco.
 Bernardo
 Trovatemene uno.
 Tita
                                    Perché fare?
 Bernardo
 Perché vo’ far murare
 la finestra qui sopra.
 Tita
                                         Vi spaventano
525i guffi e i barbaggiani?
 Bernardo
 Ho paura dei venti tramontani.
 Tita
 Oh si stava pur bene!
 Questa nostra piazzetta è divenuta
 una stalla, un porcile, un letamaio.
 Giannino
530(Quest’insolente stuzzica il vespaio).
 Bernardo
 Siam pieni di sozzure.
 Tita
 Pieni di piallature e segature.
 Giannino
 Non serve il taroccare. (Avanzandosi)
 Pago la mia pigione e ci vo’ stare. (A Bernardo e Tita)
 Bernardo
535E chi parla con voi? (A Giannino)
 Tita
                                        Con chi l’avete? (A Giannino)
 Giannino
 Se sciocco mi credete
 voi l’avete sbagliata in verità.
 Io vi risponderò come che va. (Come sopra)
 Tita
 Mastro Bernardo aiuto. (Lavorando)
 Bernardo
                                              Tita Tita,
540io tremo di paura. (Lavorando)
 Giannino
 (Andrò dove s’aspetta a dirittura). (Torna al suo lavoro)
 Bernardo
 
    Questo cuoio è duro duro,
 non va ben se non si pesta.
 Oh vi fosse qui una testa!
545La vorrei assottigliar. (Battendo il cuoio sulla pietra)
 
 Tita
 
    Questo ferro è ancora grosso,
 ha bisogno del martello.
 Oh vi fosse qui un cervello
 da picchiare e da schizzar! (Battendo il ferro sull’incudine)
 
 Giannino
 
550   Per quest’asse, così toste,
 questi chiodi non son buoni,
 due corate, due polmoni
 serviriano a conficar. (Battendo sopra d’un chiodo per conficarlo in una tavola)
 
 Bernardo, Giannino, Tita a tre
 
    Insolente, maladetto.
555Per dispetto vo’ picchiar. (Ciascheduno fa il suo lavoro picchiando)
 
 Angiolina
 
    Mi consolo Giannino garbato.
 La fortuna propizia ti sia. (Passando)
 (La Rosina mi dà gelosia.
 Ma col tempo mi giova sperar). (Entra in casa colla scolara)
 
 Giannino
 
560   Non le bado, lascio dire,
 vo’ seguire a lavorar. (Battendo)
 
 Bernardo, Tita a due
 
    L’amorino graziosino (Seguono tutti a battere come sopra)
 fa le belle innamorar.
 
 Rosina
 
    Quant’è vaga la bella piazzetta! (Passando)
565Sta pur bene fornita così!
 E la notte non meno che il dì
 il mio bene potrò vagheggiar. (Entra in casa colla sua scolara)
 
 Giannino
 
    Ho veduto il mio tesoro.
 Al lavoro vo’ tornar. (Torna a lavorare battendo)
 
 Tita, Bernardo a due
 
570   Il moscone a quel boccone
 non vedrassi ad attaccar. (Lavorando come sopra)
 
 Tita
 
    Mastro Bernardo
 a vostra figlia
 ch’è da marito
575un buon partito
 convien trovar.
 
 Bernardo
 
    A uno spiantato
 non la vo’ dar.
 
 Tita
 
    A un calzolaro
580l’accordereste?
 
 Bernardo
 
 L’accorderò.
 
 Tita
 
 Se fosse un fabro?
 
 Bernardo
 
 Ci penserò.
 
 Tita
 
 E a un falegname?
 
 Bernardo
 
585Questo poi no.
 
 Giannino
 
    Oh cospettone!
 Sono un briccone? (Avvanzandosi)
 
 Bernardo
 
 Chi t’ha chiamato?
 
 Tita
 
 Chi t’ha cercato? (Alzandosi)
 
 Giannino
 
590Son poveruomo
 ma galantuomo.
 
 Bernardo, Tita a due
 
 Ma la Rosina
 non è per te.
 
 Rosina (Alla finestra)
 
    Padre mio caro
595siate bonino,
 il mio Giannino
 lo vo’ per me.
 
 Bernardo
 
    Insolentissima
 dentro di là.
 
 Tita
 
600Quest’è bellissima.
 
 Giannino
 
 Per carità. (A Bernardo)
 
 Angiolina (Alla finestra)
 
    Quella pettegola
 che vuol Giannino
 quel bocconcino
605non averà.
 
 Rosina
 
    Voi non c’entrate.
 
 Angiolina
 
 Non mi seccate.
 
 Rosina
 
 Che prepotenza!
 
 Angiolina
 
 Che impertinenza!
 
 Bernardo, Tita a due
 
610Garbate giovani
 quest’è un mal termine
 d’inciviltà.
 
 Rosina, Angiolina a due
 
    Mi sento rodere,
 mi sento fremere,
615quella pettegola
 mi sentirà. (Entrano)
 
 Bernardo
 
    Per tua cagione. (A Giannino)
 
 Tita
 
 Per te, birbone. (A Giannino)
 
 Giannino
 
 Che modo è questo?
620Mi maraviglio.
 
 Tita, Bernardo a due
 
 Io ti consiglio
 va’ via di qua.
 
 Giannino
 
    Mi maraviglio,
 vo’ restar qua.
 
 Bernardo
 
625   Se la mi salta... (Alza il martello)
 
 Tita
 
 Se la mi monta... (Alza il martello)
 
 Giannino
 
 Risposta pronta
 vi si darà. (Alza il martello)
 
 Rosina, Angiolina (Dalle loro case correndo)
 
    Ah no, non fate
630bestialità. (Si frappongono)
 
 Rosina
 
    Per l’Angiolina...
 
 Angiolina
 
 Per la Rosina...
 
 Rosina
 
 Vo’ vendicarmi.
 
 Angiolina
 
 Vo’ soddisfarmi.
 
 Rosina, Angiolina a due
 
635Non provocarmi,
 va’ via di qua. (S’attaccano fra di loro)
 
 Bernardo, Giannino, Tita a tre
 
    Ah no non fate
 bestialità.
 
 tutti
 
    C’è entrato il diavolo,
640non si può vivere,
 convien risolvere,
 s’ha da finir.
 
    Mi sento rodere,
 mi sento fremere,
645convien risolvere,
 s’ha da finir.
 
 Fine dell’atto primo