Amor contadino, Venezia, Fenzo, 1760

Vignetta Frontespizio
 SCENA III
 
 ERMINIA e detti
 
 Erminia
 Fermati, disumano e traditore. (A Clorideo arrestandolo)
 Clorideo
 Ahimè.
 Ghitta
                 Che imbroglio è questo?
 Clorideo
 A che mi vieni o Erminia
 importuna a insultar? Sai che mi spiaci,
650sai che ti sfuggo e che il cuor mio non ti ama.
 Ghitta
 (Parlar schietto davver questo si chiama).
 Erminia
 Dimmi almeno il perché. Di’ s’io ti sembro
 sì abborrevole oggetto e qual ti spiaccia
 diffetto in me, qual di natura ingrata
655infelice cagion rendami odiosa
 ai tuoi lumi, al tuo cor. Priva qual sono
 di beltà, di virtù, non arser pochi
 finora al sguardo mio. Cruda e severa
 fui con mille amatori, io tel protesto;
660amai te solo e il mio delitto è questo.
 Ghitta
 (Non saria il primo caso che da cento
 fosse una donna amata
 e da quel che vorria fosse sprezzata).
 Clorideo
 Io non insulto, o Erminia,
665i pregi tuoi. Quello che in te mi spiace
 è il tuo grado e il tuo stato; amante io sono
 di lieta libertà, sfuggo, abborrisco
 di pomposa città la gara, il fasto,
 l’alterigia, il rumor. Sin dall’infanzia
670avvezzo i’ fui fra solitari alberghi,
 fra innocenti pastor goder la pace.
 Torno alle selve e tu lo soffri in pace.
 
    Lasciami in pace, o bella,
 non domandarmi amor.
675Pena risento al cor.
 Barbara cruda stella
 regge gli affetti miei.
 Veggo che amabil sei
 ma non ti posso amar.
 
680   No, non chiamarmi ingrato.
 Lagnati sol del fato.
 Credimi; son costretto
 affetto a te negar. (Entra in casa di Timone)