La fiera di Sinigaglia, Venezia Zatta, 1794

 SCENA VI
 
 ORAZIO, poi il conte ERNESTO
 
 Orazio
790Questi son quei mezzani
 che per dritto o per torto
 fanno trovar contanti
 e pricipitan spesso i mercadanti.
 Ma io, per dir il vero,
795per far di più di quello
 comportava il mio stato,
 da me stesso mi son precipitato.
 Conte
 Galantuom, vi saluto.
 Orazio
                                          Signor conte,
 per dir la verità,
800mi potria favorir con più bontà.
 Conte
 Noialtri cavalieri
 il grado nostro sostener dobbiamo
 e non è poco se vi salutiamo.
 Orazio
 Grazie di tanto onor. (Con ironia)
 Conte
                                          Voi specialmente
805da me non meritate
 trattamento civil.
 Orazio
                                   Chiedo perdono.
 Nello stato in cui sono,
 creda vosignoria,
 fidar non posso la mia mercanzia.
 Conte
810Basta, vi compatisco e nonostante
 che mi abbiate trattato un poco male,
 di voi fo capitale.
 Orazio
                                  In quel che posso
 son qui per ubbidirla.
 Conte
                                           Ho di bisogno
 di un abito per me,
815di uno per la mia dama e le livree
 voglio per li staffieri.
 Orazio
 Ed io la servirò ben volentieri.
 Ma signor...
 Conte
                         Vi capisco
 povero galantuomo!
820Bisogno avete di denar. Sentite,
 denar per or non vi darò alla mano,
 vi darò, se volete, tanto grano.
 Orazio
 Ed io lo prenderò.
 Ed io la servirò senza il denaro.
825Ma mi assegni porzion del suo granaro.
 Conte
 Il granar di quest’anno
 per altri è già disposto
 ma vi farò sicuro,
 promettendovi il gran l’anno venturo.
 Orazio
830E se vien la tempesta?
 Conte
                                            In questo caso
 vi pagherò col vino.
 Orazio
                                      E se l’inverno
 fa le viti seccar?
 Conte
                                Son cavaliere.
 Pagherò ad ogni patto
 e si farà il contratto,
835id est un istrumento
 di pagar l’interesse al sei per cento.
 Orazio
 Co’ mercanti del loco
 si può fare il contratto in tal maniera
 ma non con quei che vengono alla fiera.
 Conte
840Ma questa è un’insolenza.
 Voglio essere servito
 e se il negate vi farò pentito.
 Orazio
 Pian, pian, la non si scaldi padron mio,
 che so scaldarmi anch’io.
 Conte
                                                Maggior rispetto
845mertano i pari miei.
 Orazio
 Son servitor di lei;
 la venero e la stimo;
 ma se non ha denari,
 signor conte padron, noi siam del pari.
 
850   Cosa val la nobiltà
 senza il lustro del contante?
 Il signore ed il mercante
 non si stima, se non ha.
 
    Non ho il capo cincinnato,
855non vo liscio né stuccato
 ma mi faccio rispettar,
 se la quaglia fo cantar.
 
    Mi fanno ridere
 questi zerbini,
860senza quattrini,
 quando pretendono
 farsi stimar.
 
    Non se n’avvedono,
 si fan burlar. (Parte)