Le donne redicole, Roma, Grossi, 1759

 SCENA VI
 
 MACROBIO, indi VESPETTA
 
 MACROBIO
 Alla mia bella andato sono appresso.
 L’ho fatto ancor la caccia infin adesso
 né l’ho potuta ritrovar; vediamo
200se ella tornasse qua; son risoluto,
 la voglio innamorar; zitto, mi pare
 ch’ella già se ne venga,
 andiamo ad incontrarla.
 Padrona mia dolcissima.
 VESPETTA
205Serva sua distintissima.
 MACROBIO
 E ben signorina...
 VESPETTA
 Cosa vuole?
 MACROBIO
                         M’intenda... Per ragione...
 Ma non s’infastidisca. Lei mi dica...
 VESPETTA
 Su, sbrigatevi presto...
 MACROBIO
                                            Adesso adesso...
 VESPETTA
210Oh che pazienza.
 MACROBIO
                                  Ascolti...
 VESPETTA
                                                    Ma che vuole.
 MACROBIO
 Mi dica, insomma lei m’ama o non m’ama?
 VESPETTA
 Inver mi vien da ridere.
 MACROBIO
                                               Lei ride?
 Ma pure, che mi manca?
 VESPETTA
                                                Che vi manca?
 Adesso lo dirò; vi manca il brio,
215l’aspetto, il portamento,
 la grazia, l’allegria; e quel ch’è peggio,
 manca la gentilezza
 cioè, capisca ben, la splendidezza.
 MACROBIO
 Oh cospetto. Che sento!
220Pur non mi par così. Deh! Via carina,
 ti faccia almen pietà questo mio viso
 sdruscito e consumato,
 il mio cor lacerato;
 ah! se non m’ami, oh dio!
225tu mi vedrai morire, idolo mio.
 
    Aprimi il core, oh dio!
 Vedilo per pietà.
 Caro bell’idol mio,
 riposo più non ha.
 
230   Lo pizzica amore,
 lo strugge  l’ardore
 e in mezzo del foco
 sfavilla, tintilla,
 non può respirar. (Parte)