L’isola disabitata, Venezia, Zatta, 1795

 SCENA VIII
 
 ROBERTO e detti in disparte
 
 Roberto
 
245   Care selve deliziose,
 le bellezze in voi nascose
 vien quest’alma a rintracciar.
 
    Par che dica l’ombra amica:
 «Vieni in pace a riposar».
 
 Garamone
250Sentite il delirante?
 Va parlando con l’ombre e con le piante.
 Andiamo in altra parte
 e narratemi tutto a parte a parte. (A Gianghira)
 Roberto
 (E chi è colei vestita
255in abito chinese?) Garamone. (Chiamandolo)
 Garamone
 Aspettate; son a voi. (A Gianghira) Che comandate? (A Roberto)
 Roberto
 Quella donna è straniera?
 Garamone
                                                  Oh non signore,
 sulle navi con noi venuta è anch’ella;
 ma la povera donna è pazzarella.
260Trovato ha quel vestito
 da un marinar chinese
 e le par d’esser nata in quel paese.
 Roberto
 Povera giovinetta!
 Degno di compassione è il suo difetto.
 Gianghira
265(Peccato ch’ei non abbia il suo intelletto!)
 Roberto
 Accostatevi un poco.
 Gianghira
                                        (Non ardisco).
 Garamone
 (Egli mena le man, ve l’avvertisco). (Piano a Gianghira)
 Roberto
 Via, sfogatevi meco.
 Se a consolarvi io vaglio,
270lo sapete ch’io son grande ammiraglio.
 Garamone
 (Vi par poco impazzito?
 Egli non sa chi siate
 e pretende che voi lo conosciate). (Piano a Gianghira)
 Gianghira
 (Grande infelicità!)
 Roberto
                                       Dite. (A Garamone)
 Garamone
                                                   Signore.
 Roberto
275Si sa perché è impazzita?
 Garamone
 Credo che qualchedun l’abbia tradita.
 Anzi per vostra regola
 disse nel rimirarvi
 che le venne il prurito di ammazzarvi.
 Roberto
280Fate che immantinente
 la giovine furente
 sia custodita bene.
 Itene a ritrovar ceppi e catene.
 Garamone
 Subito, sì signore.
 Gianghira
                                    Ehi, cosa dice? (A Garamone)
 Garamone
285Egli contro di voi
 la testa ha riscaldata
 e vorebbe vedervi incatenata.
 Presto, venite meco). (Piano a Gianghira)
 Roberto
                                          Amico, udite.
 La giovine qui resti, indi tornate
290a custodirla con persone armate. (A Garamone)
 Garamone
 Badate che il delirio non la prenda. (A Roberto)
 (Non vorrei si scoprisse la faccenda). (Da sé)
 
    Voi che ammirate (A Roberto)
 quegli occhi languidi,
295padron mio caro,
 non vi fidate.
 Sol che parlare
 voi le vorrete,
 con le sue mani,
300a me credete,
 vi fatà in brani
 senza pietà.
 
    È pazzo affatto (A Gianghira)
 quel poverello,
305il meschinello
 cervel non ha.
 
    Sì sì fuggite (A Roberto)
 la sua favella,
 già vi corbella,
310già ve la fa.
 
    Quella sirena,
 se vi dà pena,
 fate che vada
 lontan di qua. (Parte)