La cascina, Venezia, Geremia, 1756

Vignetta Frontespizio
 SCENA III
 
 LAVINIA, poi COSTANZO
 
 Lavinia
 Veramente è un piacere
 lieti mirar questi pastori miei.
620Certo un soggiorno tal non cambierei.
 Costanzo
 Ecco, se a me pur lice
 offrirvi un segno del rispetto mio,
 frutti dell’opra mia vi reco anch’io.
 Lavinia
 Perché cogli altri unito
625non venisti tu ancor, gentil pastore?
 Costanzo
 Perché lieto non ho com’essi il cuore.
 Lavinia
 Che ti afflige?
 Costanzo
                             Non so.
 Lavinia
                                             Parla.
 Costanzo
                                                          Direi...
 Ma già de’ mali miei pietà non spero.
 Lavinia
 Sei amante, meschino. È vero?
 Costanzo
                                                           È vero.
 Lavinia
630Amar non è gran male.
 Hai svelato l’amor?
 Costanzo
                                      Temo un rivale.
 Lavinia
 Questo rival chi è?
 Costanzo
 Un che può più di me.
 Lavinia
 Se innamorato sei,
635posso saper di chi?
 Costanzo
 La mia bella non è lontan di qui.
 Lavinia
 Sa che l’ami?
 Costanzo
                            Nol dissi.
 Lavinia
                                                Il nome suo
 svelami, Silvio.
 Costanzo
                               Ah no,
 che se invano lo svelo io morirò.
 Lavinia
640(Ama! Teme un rival! Sì, l’ho capito.
 Della Lena è invaghito;
 teme un rival nel conte,
 non vuol parlar, ritroso.
 Ma di Lena sarà Silvio lo sposo). (Da sé)
 Costanzo
645(Volessero gli dei
 ch’ella gli affetti miei
 giungesse a penetrar). (Da sé)
 Lavinia
                                             Senti, pastore;
 già ti leggo nel cuore;
 e l’amore e il timor già penetrai;
650fidati pur di me, lieto sarai.
 
    Sarò più che non credi
 pietosa al tuo dolore;
 so che tormenta il core,
 so ch’è tiranno amor.
 
655   In me, Silvio, tu vedi
 amante che delira,
 un’alma che sospira
 d’amore e di timor. (Parte)