La diavolessa, Venezia, Geremia, 1755

Vignetta Frontespizio
 SCENA V
 
 FALCO, poi DORINA
 
 Dorina
800Eh ehm un passo in là. (Affettando gravità)
 Un po’ più di rispetto e civiltà.
 Falco
 Che vuol dire?
 Dorina
                              Vuol dir ch’io son chi sono.
 Falco
 Oh questa sì è bellissima.
 Dorina
 E mi viene un pochin dell’illustrissima.
 Falco
805Buono! Da quanto in qua
 questa gran nobiltà?
 Dorina
                                        Dall’ora istessa
 che mi facesti diventar contessa.
 Falco
 Io?
 Dorina
          Chi dunque ha piantato
 a don Poppone con astuzie pronte
810ch’io son contessa e che Giannino è conte?
 Falco
 E per tali vi crede?
 Dorina
                                      Avrebbe forse
 d’aver difficoltà?
 Vi par che nobiltà non abbia in volto?
 So favellare anch’io con labbro sciolto.
815So dire e comandare
 e volere e mandare
 e passeggiare altera
 e minacciar severa,
 difendere, proteggere,
820decidere, correggere
 e so come si fa
 e so anch’io sostener la gravità.
 Falco
 Adagio, adagio un poco.
 Dorina
 Si può saper com’è?
 Falco
                                        Qui v’è un imbroglio.
825Don Poppone senz’altro ha equivocato;
 vi crede il conte e la contessa Nastri.
 Dorina
 Egli mi creda nastro
 o fettuccia o cordella o stringa o spago,
 quest’accidente è vago; e fin che dura
830da dama voglio far la mia figura.
 Falco
 Ci perderete poi.
 Dorina
                                  Perché?
 Falco
                                                   So io
 che per consiglio mio
 regalarvi doveva;
 ora non lo farà
835per soggezione della nobiltà.
 Dorina
 Per un regalo poi,
 se avesse tal idea,
 gli rinunzio il damato e la contea.
 Falco
 Procurate d’averlo
840con la vostra prudenza e con bell’arte.
 Dorina
 A voi la vostra parte
 riserbata sarà.
 Falco
                              Da voi non voglio
 altro, Dorina amata,
 per parte mia che una benigna occhiata.
 
845   Se con quell’occhio moro
 voi mi guardate un po’,
 sarà per me un tesoro
 che più bramar non so.
 
    Se poi quel labbro dice:
850«Di te pietade avrò»,
 sarò, mio ben, felice,
 di gioia morirò.
 
    Ma non crediate già...
 Mi piace l’onestà.
855Son uom che si contenta
 di quel che aver si può. (Parte)