La diavolessa, Venezia, Geremia, 1755

Vignetta Frontespizio
 SCENA VII
 
 DORINA, GIANNINO e il suddetto
 
 Dorina
 Serva di don Poppone.
 Giannino
                                            Riverisco.
 don Poppone
 M’inchino al signor conte, (A Giannino)
 alla nobil contessa umil m’inchino. (A Dorina)
 Dorina
 (Contessa a me?)
 Giannino
                                   (Che non son io Giannino?)
 don Poppone
255Alloggiar in mia casa
 mi chiamo fortunato
 la dama illustre, il cavalier garbato.
 Giannino
 Ci conoscete voi?
 don Poppone
                                  Certo; l’amico,
 che li ha diretti a me, di lor signori
260m’accenna il grado ed i sublimi onori.
 Giannino
 Falco ci ha posti in qualche brutto impegno. (Piano a Dorina)
 Dorina
 Ei ci nobilitò, vi vuole ingegno. (Piano a Giannino)
 don Poppone
 Saran stanchi dal viaggio;
 che vadano al riposo;
265già sono sposa e sposo,
 onde compatiranno
 se un solo letto ed una stanza avranno.
 Giannino
 Questo non è gran mal.
 Dorina
                                             No no, signore,
 vi prego per favore,
270sono avvezza così fin da figliuola,
 piacemi nella stanza di star sola.
 don Poppone
 Ma io non ho gran comodo.
 Dorina
 Codesto poco importa,
 anderò sola.
 don Poppone
                         E lui fuor della porta? (Accenando Giannino)
 Giannino
275Io fuori signorsì.
 La signora comanda e vuol così.
 don Poppone
 Oh, signora contessa,
 perché così crudel con suo marito?
 Dorina
 Voi non siete istruito,
280per quel ch’io sento, dell’usanza nuova.
 (Seguitar la finzion per or mi giova).
 don Poppone
 So ch’io, se avessi moglie,
 notte e giorno vorrei
 starmene in buon amor vicino a lei.
 Giannino
285Anch’io davver son del parere istesso,
 notte e giorno vorrei starle dappresso.
 Dorina
 Quelli che così fanno,
 sappiano lor signori
 che si chiaman mariti seccatori.
290Libertà, libertà.
 Giannino
                                Basta... Per ora
 taccio... Ma quando poi... (A Dorina)
 Dorina
 Quando poi, quando poi. Già vi capisco.
 Quando verrà quel dì,
 averete di grazia a far così. (A Giannino)
 Giannino
295Sentite? (A don Poppone)
 don Poppone
                    Non intendo. (A Dorina)
 Dorina
                                              Eh, che l’amore
 più candido, più puro
 vuole il suo chiaroscuro.
 E poi convien distinguere
 della plebe l’amor, come si sa,
300da quello della nostra nobiltà.
 Voglio che civilmente ci trattiamo.
 O che siamo, cospetto! o che non siamo.
 
    Si distingue dal nobile il vile
 anch’in questo, mio caro signor.
305Una donna ch’è nata civile
 non si lascia avvilir dall’amor.
 Il villano, che sempre sta lì,
 alla moglie suol dire così:
 «Vieni qua, passa là, non ti vo’.
310Vien di su, va’ di giù, ti darò».
 
    Ma alla donna che sempre non va
 il marito gentile dirà:
 «Perdonate... Vorrei... Compatite...
 Fate grazia... Venir... favorite...».
315E la donna fa il proprio dovere
 con piacere ma con nobiltà. (Parte)