Lo speziale, Venezia, Fenzo, 1754

Vignetta Frontespizio
 SCENA VIII
 
 LUCINDO, poi ALBINA
 
 Lucindo
 Amor dammi corraggio.
 Albina
                                               (Non m’inganno,
 questi al certo è Lucindo).
 Lucindo
                                                  Oh bella Albina
220qual fortuna è la mia.
 Albina
                                          Poca fortuna
 se di furto mirarmi
 solamente potete e poi lasciarmi.
 Lucindo
 Eppure ad un amante
 serve ciò di ristoro.
 Albina
                                      Ed a me serve
225di tormento maggior. Vedervi appena,
 né potervi spiegare il mio tormento,
 è un dolore, ben mio, che val per cento.
 Lucindo
 Rimediarci conviene.
 Albina
                                          A me non tocca.
 Lucindo
 È ver, s’aspetta a me; ma voi mia cara
230saprete di chi v’ama
 secondare il dissegno?
 Albina
 Lo seguirò s’egli di me fia degno.
 Lucindo
 Vostro padre protesta
 non voler maritarvi.
 Albina
                                        A lui per anche
235voi non mi avete chiesta.
 Lucindo
                                                E ben, si tenti
 aver per questa via la vostra mano
 ma se il pregar fia vano,
 di far quel ch’io dirò
 Albina avrete cor?
 Albina
                                    Ci penserò.
 Lucindo
240Padre crudel non merta
 che una innocente figlia
 sagrifichi per lui la vita, il cuore.
 Se casto, onesto amore
 a voi riscalda il petto,
245non perdette il rispetto
 rendendo il vostro cor lieto e beato.
 Albina
 Ah Lucindo...
 Lucindo
                            Che fia?
 Albina
                                              Chi m’assicura
 che felice esser deggia a voi unita?
 Lucindo
 Non temete mia vita,
250tutto vostro sarò. Voi disporrete
 di me, de’ pensier miei...
 Albina
                                                 Dolce linguaggio
 degl’amanti è codesto. Ah poi si cangia
 dagli sposi talor.
 Lucindo
                                 Deh non temete,
 se tenero amator vi son adesso,
255sarà, bell’idol mio, sempre lo stesso.
 
    Da quei vaghi amati rai
 ho imparato a sospirar,
 nel mio cor non potrà mai
 altra fiamma scintillar.
 
260   La mia fede, l’amor mio
 sol nell’onde dell’oblio
 nel mio sen potrà mancar.