Li matti per amore, Venezia, Fenzo, 1754

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA V
 
 EUGENIA, LELIO
 
 Eugenia
 Lelio mio, sì turbato.
95Che ti avvenne? Che fu?
 Lelio
                                               Son sventurato.
 Eugenia
 Di’ più tosto che sei
 mecco crudel cottanto,
 che al sol vederti ho già sugl’occhi il pianto.
 Lelio
 Siamo alle smanie usate,
100a’ soliti trasporti, io lo sapea,
 di geloso furor.
 Eugenia
                               Anima rea,
 tutto poc’anzi intesi,
 viddi Camilla in pria
 e lo chiami furor di gelosia?
 Lelio
105Sia che si vuol, son stanco
 che m’affanni così.
 Eugenia
                                     Son stanca anch’io
 che tal mercé tu renda all’amor mio.
 Spergiuro, traditore,
 in Livorno, mia patria,
110fé mi giurasti pure, or cieco e sordo
 al pianto mio...
 Lelio
                               Da ver non mel ricordo.
 Eugenia
 Non ti ricordi, indegno,
 che la patria, i parenti in abbandono
 per seguirti io lasciai?
 Lelio
                                           Chieggo perdono.
 Eugenia
115Non ti ricordi, ingrato,
 che per starti dappresso,
 col tuo buon zio per serva
 venni poc’anzi ed or servo te stesso?
 Lelio
 Questa fu una viltà che troppo indegna
120dell’amor mio ti rende.
 Eugenia
 La viltade in amor mai non offende.
 Dimmi perfido...
 Lelio
                                  Eugenia, le querele
 non giovano. Mi ascolta
 e se saggia e stimata esser tu vuoi
125alla tua patria fa’ ritorno e ai tuoi.
 
    Riedi al caro genitore,
 prendi il mio fedel consiglio,
 fuggi amor, fuggi il periglio
 che sovrasta al tuo candor.
 
130   Lascia in pace un mesto core,
 che infedele è sol per forza,
 la mia face in seno ammorza,
 cedi all’impeto d’amor.