La contessina, Venezia, Fenzo, 1743

Vignetta Frontespizio
 SCENA VIII
 
 Il CONTE e servi, poi PANCRAZIO finto marchese, con seguito
 
 il Conte
 Olà servi, venite,
 ite incontro al marchese,
490fatele riverenza ed a lui dite
 che essendo titolato
 io lo faccio introdur senz’anticamera.
 Ora in questo paese
 si vedrà chi son io
495e qual si tratti un cavaglier par mio.
 Pancrazio
 Al conte Baccellon Parabolano
 or s’inchina il marchese Cavromano.
 il Conte
 O degno sol, cui d’umiliarsi or degni
 il conte Baccellon Parabolano,
500a voi m’inchino e datemi la mano.
 Pancrazio
 Mano degna di stringere uno scettro.
 il Conte
 Dite marchese mio, come si parla
 in Milano di noi?
 Pancrazio
                                   Non passa giorno
 che per quella città
505non si esalti la vostra nobiltà.
 Ciascun parla di voi; tutto il paese
 conoscervi sospira
 ed ogni dama ad obbedirvi aspira.
 il Conte
 Converrà poi ch’io dia piacere al mondo,
510ch’io mi faccia veder.
 Pancrazio
                                          Son io venuto
 già sapete perché. Grazie vi rendo
 dell’onor che voi fate al figlio mio.
 Se sapeste quant’io
 ho faticato a superar gl’impegni
515che tenevo in Milano, oh se sapeste
 conte, ve lo so dir che stupireste.
 Ognun voleva parentarsi meco.
 Il marchese Busecca,
 il duca Cervellato,
520il principe Strachino,
 il cavalier Tortione,
 sino il governator di Mezzomiglio,
 per genero volean tutti mio figlio.
 il Conte
 E voi scieglieste me? Si vede bene
525nel vostro rubicondo almo sembiante
 che della nobiltà voi siete amante.
 Pancrazio
 Amo li pari miei. So che voi siete
 di più titoli adorno.
 Io per un anno intero
530un titolo mostrar posso ogni giorno.
 il Conte
 Poffarbacco baccon, quest’è ben molto.
 Pancrazio
 Vi dico il ver, non son mendace o stolto.
 Olà, prendi salame,
 apprimi quel baullo e qua mi recca
535li privileggi miei.
 il Conte
 Non s’incomodi no, lo credo a lei.
 Pancrazio
 Non sono un impostor. Mirate qua,
 l’arbore è questo di mia nobiltà.
 Ecco l’autor del ceppo mio: Dindione
540re de’ Galli e Galline,
 da cui per linea retta anch’io discendo.
 Sovra il regno degl’Ovi anch’io pretendo.
 il Conte
 E con ragion.
 Pancrazio
                           Ecco il mio marchesato
 fra cavoli e verzotti situato.
545Questa qui è una contea
 ereditata da una dama ebrea.
 E questo è un prencipato,
 il di cui feudatario fu appiccato.
 Mirate quattro titoli in un foglio,
550conte, duca, marchese e cavaliero.
 Ecco li quattro stemmi,
 un cane, un mulo, un gatto ed un braghiero.
 il Conte
 Anche un braghiero?
 Pancrazio
                                         Sì, vi pare strano?
 Mirate qui quest’altro marchesato
555ch’ha per arma le corna d’un castrato;
 e poi volete in corto
 veder ciò ch’io possiedo? Ecco raccolto
 in questa breve carta il poco e il molto.
 Trecentomila campi
560che rendon cadaun anno
 trenta e più mila scudi sol di paglia,
 settecento villaggi all’Ombelico,
 quattro provincie intere
 in luogo che si chiama il Precipizio
565e ventisei contadi all’Orificio.
 il Conte
 Non voglio sentir altro. Son contento,
 vado a chiamar la contessina; io voglio
 recare ancora a voi
 l’onor di rimirar i lumi suoi.
 Pancrazio
570S’è bella come voi, sarà bellissima
 e se serena in volto
 come voi siete, sarà serenissima.
 il Conte
 Bella, bella non è ma può passare.
 È vezzosa e gallante e sa ben fare.
 
575   Ha un certo brio
 che so ben io;
 la vederete,
 vi piacerà.
 
    Ma quando poi
580non piaccia a voi,
 al figlio vostro
 piacer dovrà.