Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XII
 
 ARTASERSE, TIMAGENE, ASPASIA e detti
 
 ARTASERSE
                Al seno mio
 vieni, o figlio diletto; in me perdona
 quella rea cecità che la tua vita
 non men che l’onor tuo pose in periglio.
 ARIARATE
1160Sì umil non parli il genitor col figlio.
 Bastami l’amor tuo.
 ARTASERSE
                                       Signor, ti rendo (Ad Oronte)
 e sposa e libertà. Meno non merta
 chi seppe ricusar sì grandi offerte
 di un tradimento a prezzo.
 ORONTE
                                                   Anima grande,
1165dono sì bello ogni gran merto eccede.
 Sposa, sei mia.
 ASPASIA
                               Son tua.
 TIMAGENE
                                                 Che bella fede! (A parte)
 ARTASERSE
 Olà, venga Statira; amato figlio,
 vuo’ vederti felice
 cogl’imenei di quella
1170che tu adori fedel.
 ARIARATE
                                    Ma se ricusa
 di placar il suo sdegno,
 di vederla cangiata oggi m’impegno.