Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA V
 
 DARIO, poi ASPASIA
 
 DARIO
 Dario, non è più tempo
940d’importune cautele.
 ASPASIA
                                         Ah sire, Oronte...
 DARIO
 Gran pensiero mi sveglia
 il destino nel cuor. Aspasia senti,
 vivo non solo io rendo
 Oronte all’amor tuo
945ma rendo ad esso e libertade e regno,
 la germana Statira e te sua sposa.
 ASPASIA
 Ah generoso, ah invitto,
 ah magnanimo re. Di quanta gioia
 ora m’inondi il sen?
 DARIO
                                        Sol che tu il voglia
950e il voglia Oronte ed una sola impresa
 degna dell’odio suo non mi ricusi.
 ASPASIA
 Qual impresa a tal prezzo
 può spaventarlo?
 DARIO
                                  Ascolta.
 Non è del padre mio
955fiero nemico Oronte?
 ASPASIA
                                          Ah sì, purtroppo.
 DARIO
 Questa vittima espongo
 dunque allo sdegno suo. Per la sua destra
 cada l’empio Artaserse.
 ASPASIA
                                             Ahimè che sento!
 DARIO
 Io renderò sicuro
960al suo colpo il bersaglio.
 ASPASIA
                                              Inorridisco.
 DARIO
 Vanne al tempio ed i suoi sdegni
 contro il tiranno irrita.
 ASPASIA
 Ma qual fede a’ miei detti
 fia ch’egli presti?
 DARIO
                                   Un grande amor non mente.
 ASPASIA
965E de’ promessi doni
 chi lo assicura?
 DARIO
                               La real mia fede.
 ASPASIA
 No, no, signor, devesi a tanta impresa
 maggior certezza. Un foglio
 vergato di tua man rechi l’inchiesta
970ed il premio assicuri alla grand’opra.
 DARIO
 Da me vergato foglio?
 ASPASIA
 Ad Aspasia lo affidi.
 Giuro a’ numi del cielo
 che i gelosi caratteri non fia,
975toltone Oronte sol, ch’altri mai vegga.
 E se la sua virtù, siccome io temo,
 le grandi offerte all’amor mio ricusa,
 nella sola tua destra
 riporre il foglio.
 DARIO
                                Avrai fra breve istante
980del tempio al primo ingresso
 delle note fatali il foglio impresso.
 
    Vanne, o bella, al tuo diletto
 e favelli nel suo petto
 il tuo amor, la tua pietà.
 
985   Lo consigli amore o sdegno;
 o gli rendo vita e regno
 o infelice perirà.