Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XII
 
 STATIRA, DARIO, ASPASIA, ORONTE
 
 ORONTE
815Perdonami, idol mio...
 ASPASIA
                                            Deh che facesti?
 ORONTE
 Il mio amor non soffria...
 DARIO
                                                Ministri, in parte
 sia scortato costui del sacro tempio,
 sicché del nume il simulacro puro
 co’ sguardi scelerati ei non profani.
 ORONTE
820Di te più scelerato
 il nume non vedrà. Del tuo nel tempio
 core non v’è più contumace ed empio. (Parte colli ministri)
 STATIRA
 Fremi, Dario, veggendo
 illeso dal tuo sdegno
825un nemico che temi.
 DARIO
                                        In lui riguardo
 il bel core d’Aspasia. Io so che l’ama
 questa ch’è l’idol mio. Ma di tal tempra
 è l’amor che m’accende
 che in mio danno piacerle anco pretende.
830Sì, bellissima Aspasia, in me ritrovi
 d’Oronte il difensor. Ma non negarmi
 la pietà che promessa oggi tu m’hai.
 Non negarm’il favor de’ tuoi bei rai.
 
    Se per te placo il mio sdegno,
835se disarmo il mio furore,
 di mercé non son indegno,
 merto ben la tua pietà.
 
    Sai qual fiamma io chiudo in petto,
 a te noto è il mio dolore;
840non gradir sì puro affetto
 saria troppa crudeltà.