Statira, Venezia, Rossetti, 1742

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 SCENA XI
 
 STATIRA e detti
 
 STATIRA
                                          Due re crudeli
770non conoscon ragion; la patria, il cielo
 amano calpestar; su via, Artaserse,
 un nemico trafiggi; il sacro tempio
 nol difenda da te. Dario, su via,
 rendi Oronte infelice;
775a due barbari re già tutto lice.
 ARTASERSE
 No, perfida, no, ingrata, io non calpesto
 le sacre leggi e non profano i dei. (Scende dal trono)
 DARIO
 Ah signor, donde credi
 che proceda l’ardir de’ scelerati?
780Ariarate il fomenta. Egli è il maggiore
 de’ traditori tuoi.
 STATIRA
                                   Menti; Ariarate
 no, non è traditor.
 ARTASERSE
                                    Barbara donna,
 dimmi, nelle tue stanze
 il tuo Oronte non fu?
 STATIRA
785Vi fu.
 ARTASERSE
              Fu seco Ariarate?
 STATIRA
                                                È vero.
 ARTASERSE
 Non impugnò Ariarate
 contro Dario l’acciar?
 STATIRA
                                          Egli difese
 l’immunità del mio real soggiorno.
 ARTASERSE
 E non è traditor? Ah scelerata
790tu le furie destasti
 nel cor d’Ariarate. Egli ti piacque
 empio, fellon e parricida, or vanne;
 qual ti piacque l’hai già. Piacciati ancora
 qual mel chiedesti; egli quel sangue sparga
795ch’ebbe dalle mie vene.
 Disarmato s’esponga
 al più fiero leon ch’Asia spaventi.
 Tale il vegga Statira e tal le piaccia;
 né più il dolor che i sensi tuoi governa
800il figlio d’Artaserse in lui discerna.
 
    Perfido mostro
 di crudeltà
 tu l’hai sedotto,
 sì perirà.
 
805   Anime ingrate,
 no, non sperate
 da me pietà.
 
    Vuo’ vendicarmi
 d’un empio cor.
810No, non son padre
 d’un traditor.
 
    Il giusto scempio
 altrui d’esempio
 servir potrà.