Statira, Venezia, Rossetti, 1741

Vignetta Frontespizio
 SCENA II
 
 ROSANE, poi STATIRA
 
 Rosane
 Vedrò pur una volta
 quest’altera tremar. Sì, di Learco
 già m’è noto il valor. Ma se Learco
 superar non valesse
775di Statira gl’amici? Oh dei! S’estinto
 ei cadesse per me? Qual ria sventura,
 qual tormento al mio cor! Eh lungi ormai
 di funesto pressaggio... Oh dei! Qual odo
 strepito d’armi! E chi son quei che arditi
780scendon le regie scale? Oh ciel! Statira?
 Ah dallo stuol d’armati
 fugge inseguita o a vendicar sen viene
 le deluse mie trame? Io non discerno
 in qual stato mi trovi. Ora comincio
785di Learco a temer. Ora del fato
 comincio a dubitar. Nel sen mi desta
 mille effetti il rimorso.
 Statira
                                            Olà, t’aresta.
 Circondatela, amici.
 Rosane
                                        Inique stelle!
 Prigioniera son io?
 Statira
                                      Sì, quest’è il frutto
790del tuo soverchio ardir. Fur prevenuti
 di Learco i dissegni. Ad iscoprirli
 venne in tempo un mio fido. Ora assaliti
 fuggon gl’assalitori e forse giace,
 spento per tua cagion, Learco audace.
 Rosane
795Misera me!
 Statira
                         Tu piangi? Io non ardisco
 quel pianto interpretar. So quanto sia
 difficile gl’arcani
 del tuo core scoprir. Ma pur quel pianto
 parmi verace segno
800d’amor deluso e d’infelice sdegno.
 Rosane
 Via scherniscimi pur. Già tel concede
 il mio crudo destin; deridi audace,
 deridi il mio dolor.