Statira, Venezia, Rossetti, 1741

Vignetta Frontespizio
 SCENA PRIMA
 
 Sala terrena.
 
 ROSANE, poi LEARCO
 
 Rosane
 E Learco non veggo? Il nuovo sole
 a gran passi s’avanza
 verso il meriggio e ancor non odo intorno
 lo strepito dell’armi.
735Una sì lunga notte
 non bastò al gran dissegno? O pur Learco,
 dell’impresa pentito,
 su morbido origlier giace avvilito?
 Per poco ch’ei ritardi
740più l’induggio non soffro. In me il desio
 cresce ognor di vendetta. Ognor dinanzi
 l’orgoglioso sembiante ho di Statira
 né si pasce il mio cuor che d’odio e d’ira.
 Learco
 Ah Rosane...
 Rosane
                          Che rechi? Occupa ancora
745questo soglio Statira?
 Learco
                                          È d’ogn’intorno
 circondata la reggia. I miei seguaci
 non attendon che un cenno...
 Rosane
                                                       E questo cenno
 perché mai si ritarda? Il tempo vola.
 Un sol punto tradisce
750talora un gran dissegno. Ah vanne; al trono
 tolgasi una tiranna; al mondo tutto
 vaglia a giustificarti
 l’onta mia, l’amor suo, l’arbitrio ingiusto
 che si usurpa l’audace.
 Learco
                                            E poi...
 Rosane
                                                            Paventi
755ancor della mia fé? Prendi; la destra
 ora in pegno ti do. Torna felice
 e mio sposo sarai. Con quest’amplesso
 si avvalori il tuo cor.
 Learco
                                        Destra soave,
 tenerissimo amplesso,
760vinto sono, il confesso. A farmi cieco
 basta un tuo sguardo solo.
 Rosane
 E ancor t’aresti?
 Learco
                                 Ad obbedirti io volo.
 
    Ma ti rammenta poi,
 non mi chiamar crudele,
765se de’ consigli tuoi
 seguace amor mi fa.
 
    E se di sangue ancora
 asperso mi vedrai,
 non m’imputar allora
770l’eccesso a crudeltà.