Statira, Venezia, Rossetti, 1741

Vignetta Frontespizio
 SCENA VI
 
 STATIRA, poi ROSANE
 
 Statira
605Numi! Respiro alfin; sedar il cuore
 sento i palpiti suoi. Qual strano effetto
 è mai questo d’amor? Suol recar pace
 del suo bene l’aspetto e a me l’aspetto
 del mio ben mi dà pena. Oh dio! Sarebbe
610il rimorso cotesto
 d’un colpevole amor? Sola Rosane
 inocente può farmi. Eccola. Oh dio!
 Come sperar poss’io pietà da un cuore
 che mai provò la tirannia d’amore.
615Guardie, alla principessa
 non si vieti l’ingresso.
 Rosane
                                           A che, regina,
 questi nuovi riguardi? Ha di bisogno
 d’un tuo cenno Rosane
 per penetrar nelle tue stanze?
 Statira
                                                         Eh vieni,
620vieni, figlia, al mio sen. Vuo’ nel cuor mio
 guidarti a penetrar.
 Rosane
                                       Senz’altra scorta
 di già vi penetrai. Comprendo l’arte
 con cui il nome di figlia a me concedi.
 E conosco il tuo cor più che non credi.
 Statira
625Tal favelli a Statira?
 Rosane
                                       Io tal favello
 alla sposa d’Arbace.
 Statira
                                       (Oh dei!)
 Rosane
                                                           Qual drito
 hai tu sul di lui cor? Qual legge ingiusta
 ti concede alle spose
 il consorte rapir? Così tradisci
630d’un monarca la figlia? È questi il zelo
 onde procuri del mio cor la pace?
 Mi schernisci così?
 Statira
                                      T’acheta, audace.
 Per tuo danno scopristi
 del mio cuore l’arcano. Adoro Arbace
635e mio sposo sarà. Chiederlo in dono,
 superba, a te pensai ma, poiché ardisci
 rimproverarmi il contumace affetto,
 sarà Arbace mio sposo a tuo dispetto.
 Rosane
 Forse tal non sarà. Forse tu stessa
640finirai di regnar. Persia non soffre
 d’una destra tiranna
 il giogo tolerar.
 Statira
                               Su via fa’ prova
 dunque del tuo poter. Solleva, irita
 i miei fidi vassalli. Audace, invano
645tenti di spaventarmi. Io regno, io sono
 l’arbitra de’ tuoi giorni. Ah se mi sdegna
 il tuo furore insano
 ti pentirai d’avermi offesa invano.
 
    Pria di parlar sì audace
650pensa chi sei, chi sono.
 Chi siede nel trono
 può farti tremar.
 
    Odi, se alla mia pace
 qualche disastro apporti,
655superba, i miei torti
 saprò vendicar.