Statira, Venezia, Rossetti, 1741

Vignetta Frontespizio
 SCENA VII
 
 ROSANE, poi STATIRA
 
 Rosane
 Infelice Learco, io di te meno
235tormentata non son. T’amo, t’adoro
 ma il dover, ma il decoro
 mi costringe a soffrire,
 a penare e tacere e poi morire.
 Odio il volto di Arbace,
240sol Learco mi piace e pur io deggio,
 poiché la gloria mia serbar io bramo,
 strigner chi abborro e abbandonar chi amo.
 Statira
 Rosane, io di te prima
 nacqui alla luce e di te prima amai.
245Perciò comprendo assai
 più di quel che tu vedi
 e conosco il tuo cor più che non credi.
 Rosane
 Che vuoi dirmi perciò?
 Statira
                                             Che te d’Arbace
 non alletta il sembiante
250e che serbi nel sen segreto amante.
 Rosane
 Stelle! (Da sé)
 Statira
                Non ti smarir. Tutto confida
 a Statira il tuo cor. T’amo qual figlia,
 compatisco il tuo stato; e quella legge
 che del nostro voler si fa tiranna
255abborrisco e detesto. Io son la prima
 a renderti ragione; è vero, Arbace
 non è per te; principe avvezzo all’armi
 d’inesperta donzella
 mal compagno saria. Scelta avrai forse
260qualche beltà novella
 che gl’affetti primieri
 abbia tutti donati al sol tuo core;
 felice te! Questo può dirsi amore.
 Rosane
 No, regina, non serbo
265il cor sì poco dell’onor geloso
 che scegliere lo sposo
 col consiglio vogl’io del proprio affetto;
 quel ch’il padre mi scelse io quello accetto.
 Statira
 Lodo la tua virtù ma, estinto il padre,
270rimani in libertà. Se mai Learco,
 ch’io testé vidi sospirando e solo
 dal tuo fianco partir, se mai foss’egli
 la tua fiamma, Rosane, amalo; è degno
 il prence del tuo amor. T’assolvo io stessa
275dal debito di figlia.
 Colei che ti consiglia
 sposa fu di tuo padre ed è regina.
 Rosane
 Ma quel che mi destina
 lo sposo è il genitore
280ch’io serbo ognor presente,
 vivo nella mia mente e nel mio core.
 Statira
 Dunque Arbace tu brami.
 Rosane
                                                  Io nol ricchiesi
 ma non dee ricusarlo il mio rispetto.
 Statira
 Non comprendo se in petto
285vanità ti seduca o pur amore.
 Rosane
 Non conosci tu ben dunque il mio core.
 Statira
 Ad onta del tuo orgoglio
 voglio usarti pietà. Pensaci; ancora
 tempo rimane a stabilir tua sorte.
290Di più grato consorte
 se ti brama compagna il fato amico,
 rissolvi a tuo piacer; più non ti dico.
 Rosane
 Ho rissolto, regina; io dal volere
 del padre mio non partirò giammai.
295(Gl’arcani del mio cuor tu non saprai). (Parte)